RizzutoGallery ospita Beirut, mostra personale di Hale Tenger. Da sempre Hale Tenger coniuga abilmente eterogenei media e concreta – usufruendo di un utilizzo non convenzionale dei materiali audio e video – un personalissimo ductus che è un onirico impasto di immagine e suono, presenza e assenza, levità e struggimento. Tesa ad un coraggioso approfondimento di tematiche relative all’attività del governo nella società, alla soppressione politica, all’immigrazione, alla femminilità, all’identità culturale, la Tenger analizza le dinamiche del potere e le tensioni esistenti tra Stato ed individuo, in una costante e sfumata critica alla difficile condizione sociale della sua Turchia, stretta in un potere sempre più autoritario.
Con Beirut Hale Tenger è protagonista della sua prima mostra personale in una galleria italiana: e ciò accade dopo il fondamentale passaggio dalla Biennale di Venezia 2017 dove, con le fluttuanti apparizioni di palloncini colorati nel Bosforo di Ballons on the sea, l’artista turca costituiva di certo una delle presenze più pregevoli in Laguna.
Per RizzutoGallery, Hale Tenger costruisce con fermezza un ponte che unisce Beirut e Palermo ed è folgorante l’impulso ad annodare i destini di due città antiche, assolute, dolorosamente piegate. Il vero focus della mostra è difatti, insieme a fotografie e sculture in edizioni rarissime, il video Beirut (2005-2007) dove campeggia la facciata dell’Hotel St. George in prossimità del quale il 14 febbraio 2005 avvenne l’attentato in cui rimase ucciso l’ex primo ministro libanese Rafiq al-Hariri e altre ventidue persone, in un’esplosione che aveva la forza di una tonnellata di TNT. Il giorno e la notte s’inseguono in uno sconcertante corto-circuito narrativo, l’impalpabile danza di tende bianche presto spalanca un orrore d’inferno urlante, il lirico preludio fatalmente si deflagra in una confessione di dannazione. Beirut si esistenzia quale topos della contraddizione e palesa la propria vocazione alla consapevolezza.
In occasione di Beirut abbiamo intervistato Hale Tenger.
Serena Ribaudo Quanto la nativa Turchia ha plasmato la tua sensibilità?
Hale Tenger Certamente la mia terra d’origine esercita un forte impatto su di me, ma sono anche molto vicina alle diverse culture, e faccio del mio meglio per aggiornarmi continuamente su quanto accade nel mondo.Ingiustizie di ogni sorta – politiche, economiche, sociali, questioni di genere o problemi ecologici – vengono perpetrate in tutto il mondo allo stesso modo. Si manifestano con caratteristiche solo apparentemente diverse, in realtà sono radicate nelle stesse problematiche.
SR Dopo la 57. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, torni in Italia. Come nasce l’amore con Palermo?
HT È stato Giovanni Rizzuto a contattarmi e a invitarmi a Palermo l’anno scorso. La sua accoglienza calorosa mi ha emozionato profondamente.
SR Qual è il fil rouge che lega Beirut e Palermo?
HT Il video su Beirut segnala incoerenze politiche e sociali che non sono esclusive del Libano o del Medio Oriente. Viviamo in un mondo fragile ma le persone non si rassegnano ad accettarlo. Dobbiamo riconciliarci con le nostre fragilità: siamo esseri umani che abitano un pianeta prezioso e non possiamo fare altro che condividerlo.
SR Spazio e Tempo sono le coordinate fondamentali della tua arte. Video, scultura, installazione: come ti rapporti ai vari linguaggi artistici?
HT Mi ha sempre attratto l’idea di creare una narrazione a tre dimensioni, nella forma di installazione, video o scultura. La narrazione è il mio principale obiettivo, ma ho sempre inteso costruirla attraverso l’esperienza dell’osservatore. Punto a creare atmosfere immersive in cui la presenza e l’esperienza dell’osservatore siano al primo posto.
SR Nel fascinoso slittamento percettivo della tua opera, che funzione riveste il suono?
HT Dal 1993 ho cominciato ad introdurre nelle mie opere il suono, che può essere musica, narrazione o arrangiamento di registrazioni d’archivio. Talvolta anche la sola presenza di uno o più ventilatori diventa una forma di suono all’interno dell’installazione, e la mette in movimento. Il suono contribuisce enormemente alle atmosfere immersive che aspiro a creare, perché queste si attivano con le diverse qualità dei suoi toni. C’è da dire comunque che in alcune delle mie installazioni anche il silenzio gioca un ruolo significativo.
SR Qual è il ruolo dell’artista nella società di oggi?
HT Credo che trasparenza, responsabilità e coerenza siano i prerequisiti dell’artista ma mi rendo conto che non è così che oggi funziona il mondo dell’arte.
La mostra Beirut è inserita nel programma ufficiale di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018, con il patrocinio del Comune di Palermo e con il supporto dell’Ersu.
Hale Tenger – Beirut
Fino al 1 settembre 2018
RizzutoGallery
Traduzione dell’intervista di Cristina Rosati