Scherzetto è la personale del pittore altamurano Domenico Ventura allestita nelle sale del Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna di Palazzo Lanfranchi a Matera. La mostra, curata dalla direttrice del Polo Museale Marta Ragozzino e inaugurata in estate dal direttore della Fondazione Matera-Basilicata 2019 Paolo Verri, presenta nelle sale del museo impressioni divergenti e stranianti in virtù dei dialoghi che si vengono a creare tra le tele del pittore e gli affreschi, le sculture lignee, le antiche tavole del Polo. Un filo ironico, sottile ma incisivo, caratterizza il percorso espositivo che parte dalle collezioni permanenti e arriva tra le pieghe della collezione d’Errico, dopo aver sfiorato, per alcuni mesi, anche i capolavori provenienti dal MUZA di Malta della mostra Mediterraneo in chiaroscuro. Gli spazi vuoti dell’allestimento, o i riquadri neri che segnalano l’assenza di un’opera, hanno accolto la pittura di Ventura, una pittura al contempo icastica e onirica, fortemente ironica e sfuggevole, capace di turbare attraverso un intelligente e mai banale ricorso al perturbante ma mai di disturbare, puntando invece maggiormente sulla dissimulazione, la beffa, la farsa con un atteggiamento di bonario e divertito distacco dalle cose. Una tecnica ad olio di grande qualità formale, rigorosamente figurativa, capace di creare un cortocircuito visivo giocato sull’assurdo e il surreale, e che ci costringe a “trovare l’intruso” ovvero a svelare quel filo metaforico che lega le situazioni e ce le presenta come divertissement. Le opere dell’artista, figura storica dell’ambiente pugliese, sono eccentriche e corrosive nel mostrarci la quotidianità non come dramma bensì come (mal)costume dagli esiti spesse volte tragicomici. Il verismo analitico che lega ingenuità e perversione, la forza grafica del segno, l’individuazione di archetipi e “modi” che derivano dal mondo culturale della provincia contadina, accentuano gli esiti drammatici e ridicoli della pittura ma soprattutto comunicano, attraverso la satira sottile, un immaginario ambiguo e profondamente autentico, un ricorso al realismo espressivo che si può valutare anche in relazione al capolavoro di Carlo Levi, Lucania ’61, allestito al piano terra. Gli ultimi della terra, di Levi, nella pittura di Ventura divengono cinici e sprezzanti, ironici e grotteschi, ma sempre con il sorriso (ebete o troppo umano) sulla bocca: ci ricorda Catone il Censore quale monito “Quelli che sono seri in questioni ridicole saranno ridicoli in questioni serie”.