L’artista Giovanni Gaggia ritira la propria opera da Privata, terza tappa del progetto nazionale di mostra itinerante sul tema del femminicidio e della violeza di genere curato da Federica Mariani. La mostra, inaugurata lo scorso 14 giugno 2014 all’interno della chiesa di San Giovanni Evangelista di Penne (PE), ha visto il coinvolgimento degli artisti Federica Amichetti, Alessandra Baldoni, Mirko Canesi, Mandra Cerrone, Francesca Romana Pinzari, Rita Soccio e inizialmente anche di Giovanni Gaggia, il quale ha successivamente preferito ritirare la sua opera Miratus sum ritenendola non più consona a rappresentare la drammaticità del contenuto della mostra. Una scelta inusuale e di cui non si ha scarsa memoria nell’ambiente dell’arte contemporanea, quantomeno e soprattutto per le motivazioni che sottendono questo gesto, tutt’altro che un capriccio, al contrario una manifestazione che il mestiere dell’artista è cosa seria e non banale. Giovanni Gaggia, che non ha presenziato neanche durante l’inaugurazione, ha invece spiegato le motivazioni di questo suo ripensamento seguìto al suo incontro con Regina Josè Galindo durante la residenza della perfomer guatemalteca presso il RAVE East Village Artist Residency di Trivignano Udinese, diretto da Isabella e Tiziana Pers. Spiegazioni fornite nel corso del talk svoltosi lo stesso giorno presso Palazzo Giannini a Pergola, dove ha avuto luogo il secondo appuntamento del progetto Effetto Farfalla, ciclo di incontri e dibattiti fra il pubblico e gli artisti, durante il quale Giovanni Gaggia ha narrato la sua esperienza del divenire ed essere artista. Per la prima volta egli ha condiviso i propri sentimenti ed emozioni con i suoi concittadini, dando vita ad un serrato dialogo con Loretta Di Tuccio e Gilda Lavia della Galleria Rossmut di Roma che di recente lo ha ospitato con la mostra Et Curis, e Giovanna Giannini Guazzugli, storica dell’arte e curatrice, dove senza riserve ha ampiamente spiegato che in talune occasioni è necessario e dovuto comprendere i limiti del proprio lavoro, soprattutto quando il rischio è quello di offrire al pubblico un lavoro non più rispondende al significato iniziale che aveva mosso quell’idea. Il racconto della sua carriera si è ulteriormente impreziosito grazie alla testimonianza di Giorgio Donini, artista e docente dell’Istituto Statale d’Arte di Pesaro; il quale in merito a Gaggia non ha esitato ad affermare, con parole intense e toccanti: <<[…] Giovanni il predestinato, già dai primi giorni di scuola s’intravvedeva la sua tensione emotiva al mondo, che già era marcio. Per lungo tempo in quella corriera dal paesello, lasciava nei chilometri le sue ansie. Io giovane insegnante alla famosa “scuola del libro” che mi aveva visto protagonista di stranezze e ritardi, mi resi conto che il lavoro non era meccanico, ma una sorta di attraversamento delle anime dei miei allievi. Dopo una serie di provocazioni, uscirono dai loro zaini alcuni ragazzi che avevano il cuore scoperto, alla mercé di qualcuno che gli ascoltasse. Con quel che sapevo, ho accolto il loro urlo profondo. Quello di Giovanni era supportato da delle chiare e precise visioni estetiche, pur essendo così giovane. Forse ho solo contribuito ad allargare i suoi orizzonti, abbiamo costruito senza saperlo un palcoscenico, dove assieme abbiamo rappresentato uno spettacolo che non finirà mai, era incentrato sul bisogno dell’altro, come motivo esistenziale, come motore, come argano>>. Infine Giovanni Gaggia, durante il talk ha toccato anche il tema della cultura della bellezza e della cura del territorio, argomento a lui caro che da anni intensamente promuove attraverso l’attività svolta con l’associazione Sponge ArteContemporanea di cui è direttore, in tal senso un vero e proprio omaggio a Pergola, sua città natale e punto di riferimento del suo fare arte. Dunque, il ritiro dell’opera da parte di Giovanni Gaggia alla mostra Privata, diventa il segno e il gesto concreto della consapevolezza dell’artista. Tuttavia, l’operazione di mostra non è del tutto priva della sua presenza, avendo lasciato a Penne il diario redatto in quei giorni, dunque una traccia, una testimonianza vera e onesta del suo ‘io’ che idealmente crea un flusso senza interruzioni fra i territori di Marche e l’Abruzzo.