La Collezione Maramotti di Reggio Emilia ha appena inaugurato due mostre che accompagneranno i visitatori fino all’autunno. Ospiti due artisti all’apparenza estremamente diversi: il fotografo Esko Männikö, al quale è dedicata un’ampia retrospettiva, e il pittore e scultore Enrico David, presente con poche, ma rappresentative opere. Li accomuna tuttavia un senso di sospensione del tempo, una presenza- assenza ritmata dalla luce, dalla composizione e da un forte senso della natura per Männikö, e che in David si materializza in forme che appaiono e scompaiono, sempre di forte matericità. Entrambi raccontano delle storie ed entrambi sono, sebbene in modi differenti, legati alla realtà.
Finlandese, annidato a Oulu, non lontano dal Circolo Polare Artico, Esko Männikö sfoggia una nordica riservatezza. Di se stesso dice “Sono un fotografo di pesci, cani e vecchi uomini. Andavo a caccia con mio padre… Sono ancora un cacciatore. Un collezionista di immagini”. Le cornici che accolgono le sue foto sono recuperate da mercatini o realizzate su misura con legni di recupero con il preciso intento di legare il suo lavoro alla tradizione pittorica. I soggetti? ” Uomini, paesaggi, interni fatiscenti, still life, racchiusi in serie scattate dal 1991 al 2013 (Female Pike, Organized Freedom, Flora & Fauna, Harmony Sisters, Blue Brothers), iniziate in tempi diversi, ma “aperte” all’infinito: “tutte le mie serie fotografiche possono crescere in immagini”. In generale le foto che ritraggono personaggi, quasi sempre lavoratori con i quali Esko ha trascorso lunghi periodi dividendone le semplici abitazioni, sono antecedenti alle altre. L’artista è troppo introverso per resistere a una compagnia prolungata e così la alterna a soggetti come luoghi abbandonati e rovine metafisiche. “Mi ispirano, mi emozionano. La mia anima è sempre presente quando scatto”. Si tratti di persone, oggetti o interni, frammenti di vita quotidiana o lande sperdute, tutto è ammantato dall’uso sapiente della luce, che ricorda i lunghi crepuscoli scandinavi dai riflessi dorati.
Pittura, scultura e installazioni sono invece il linguaggio espressivo di David. Le opere in mostra sono in stretta connessione tra loro. Così un grande dipinto costituisce quasi il fondale per le Unfinished figures, la parte scultorea dell’allestimento. L’inquietante figura sospesa al soffitto, con la testa rovesciata, mentre dal pavimento sembra emergere una figura imprigionata in un reticolo. “Dispersioni erranti di un fluire inconscio”, come le definisce il loro autore. Figure che collassano e si trasformano, simboli di caduta e rinascita nello stesso tempo, espressione di stati emozionali, profondamente umani. Tema quanto mai “sottile”, ma sorretto sia da tecniche sperimentali sia artigianali, in materiali disparati. Le sculture sono, per esempio, rivestite di gesmonite, materiale più duro del gesso, che può essere levigato, dipinto e trattato con grande flessibilità. Tra le fonti di ispirazione dell’artista: l’arte popolare, il design del XIX secolo, la pubblicità , la moda e la storia dell’arte. “Trovo che l’incontro tra queste diverse materie e queste diverse forme di espressione sia una sorta di traduzione della nostra natura frammentaria e contraddittoria”.
Time Flies, fino al 27 settembre. Catalogo Silvana Editoriale con un testo di Maija Koskinen, curatrice della mostra e profonda conoscitrice di Esko Männikö.
Enrico “La Caduta” David, fino al 18 ottobre. Catalogo Silvana Editoriale, con una conversazione tra Jonathan Miles ed Enrico David. Testo Mario Diacono.