Laura Bulian Gallery è lieta di presentare Red Mantra, la seconda mostra personale di Vyacheslav Akhunov (classe 1948) a cura di Marco Scotini. Tra gli artisti più carismatici e riconosciuti del Centro Asia, Akhunov ritorna a Milano con un’ampia esposizione, interamente dedicata al ciclo dei suoi mantra calligrafici e ripetitivi (a partire dal 1975). Si tratta di un altro capitolo fondamentale che si aggiunge alla sua indagine sui rapporti tra discorso, verità e potere.
Riconosciuto come “il classico dell’underground sovietico”, Akhunov è emerso a notorietà internazionale solo negli ultimi decenni, quando parti del mondo ritenute fino allora remote hanno acquisito una nuova centralità geopolitica e culturale. Ma soprattutto quando questa produzione artistica ha smesso di esistere nella latitanza della Cortina di Ferro per diventare visibile e entrare a far parte, di diritto, della scena dell’arte contemporanea globale. Non per questo – nella fase post-sovietica – Akhunov ha cessato di esercitare la sua critica al nuovo regime, divenendo il bersaglio dei servizi di sicurezza nazionali e della censura, fino alla sottrazione per anni del visto per l’uscita dall’Uzbekistan. Possibilità che solo ora gli viene concessa.
L’impulso archeologico (così come quello archivistico) che sottende l’intero lavoro di Akhunov, fin dagli anni ’70, non è solo in perfetta lunghezza d’onda con l’arte concettuale occidentale coeva, ma è anche un’eredità diretta delle spedizioni archeologiche dell’Accademia di Scienze del CCCP kirghiso di cui faceva parte il padre dell’artista. Di fatto la tecnica dell’accumulo di foto e giornali, le collezioni di immaginari della propaganda sovietica, gli alfabeti e le serie infinite di taccuini sono alcuni degli strumenti privilegiati della pratica artistica di Akhunov. Una pratica che elegge la parola e la scrittura a proprio oggetto così come i principi di ordinamento e classificazione che ogni discorso comporta.
Il rapporto tra immagini e parole, la conversione del linguaggio dalla dimensione fonetica a quella simbolica, le enormi lettere in carattere cirillico che spuntano dal paesaggio del deserto o riempiono il vuoto delle sale con slogan disciplinari, l’esibizione della scrittura come tessuto ornamentale, gli acronimi come URSS o KGB in versione monumentale, sono tutte declinazioni della stessa volontà di smascherare l’ideologia rispetto alla realtà. In questo scarto, dove Akhunov si trova a operare, sta la differenza con l’arte concettuale occidentale. Non è tanto, la sua, una speculazione sul linguaggio o sul significante, quanto una continua lotta con il senso e il potere con cui tale significato è imposto. Per questo il lavoro di Akhunov risulta ironico e drammatico, allo stesso tempo.
Un’ulteriore tecnica artistica, a cui è dedicata l’intera esposizione milanese, è quella del mantra. Nella tradizione sufi, vicina alla cultura orientale di Akhunov, l’obiettivo finale è l’inscrizione del nome della divinità nel proprio pensiero. Per questo l’infinita riscrittura del suo nome sulla carta, così come la sua continua enunciazione verbale, sono tali da garantire l’avvicinamento al sacro. Ripetere è, essenzialmente, ricordare. In quest’occasione Akhunov presenta una sorta di museo dell’era comunista, in cui le immagini di opere iconiche del realismo socialista (tanto pittoriche che scultoree) vengono ricoperte di segni rossi in cui si ripetono all’infinito gli stessi slogan.
Opere famosissime come “Lenin sulla tribuna” di Alexandr Gerasimov del 1930 oppure “Lenin che parla agli operai della fabbrica Putilov” di Isaak Brodsky del 1917, o ancora la scultura “L’operaio e la kolkhoziana” di Vera Mukhina del 1937, risultano ricoperte da una fitta maglia di scrittura corsiva in cui si recita: “Tutte le strade portano al comunismo” o “La vittoria del comunismo è inevitabile”. In questo suo ridurre una scrittura senza inizio né fine in una massa cromatica, così come nel tradurre una missione politica in un rituale mistico rimane in sospeso se Akhunov intenda mostrare la perdita di senso di quelle immagini o, al contrario, restituire potere e significato ad una possibilità ideale, mai realizzata.
Data e Ora
12/04/2018 / 20:00 - 22:00
Luogo
Laura Bulian Gallery