Nell’ambito della nuova programmazione espositiva della Galleria Adalberto Catanzaro e in continuità con l’attuale serie di mostre personali, sarà aperta al pubblico, Sabato 08 Ottobre 2016, alle ore 17.30, la mostra personale “ISNTIT” di Vittorio Messina, curata da Bruno Corà.
L’artista, noto per le sue grandi installazioni multimediali, in questa circostanza misura il proprio intervento nella prospettiva di una relazione vitale con le molteplici dimensioni del luogo. In questo senso, la “Galleria”, che per tradizione novecentista condivide una qualche funzione pubblica, diviene per questo artista una sorta di nuovo Site Specific, il quale nella forma e nella sostanza assume una identità imprevista e complessa, che va molto al di là delle sue solite determinazioni fisiche.
Nel solco di alcune delle sue recenti mostre – tra le più importanti si ricordi quella al MACRO di Roma (2014), alla Kunsthalle di Goeppingen (2015), e al Reale Albergo delle Povere, Museo Riso di Palermo (2016) – Vittorio Messina ha affrontato, con la profondità che gli è riconosciuta, alcuni temi cruciali per la nostra inattesa e inquietante nuova modernità. Essi sono da un lato il tema centrale del linguaggio e della sua disgregazione nel rapporto con la sua mitica originaria costruzione, e dall’altro quello della sua messa in scena nel panorama di una non più rinnovabile postmodernità.
“ ISNTIT ” è il titolo apparentemente enigmatico della mostra, che riflette, nella sua scala concreta, sul sito che la ospita, su Bagheria, città nata dal nucleo visionario di alcune celebri Ville settecentesche.
Con la sua ironia e la sua difficile pronuncia, esso propone ciascuna opera come una domanda, un interrogarsi che si protrae nel percorso che l’artista ha stabilito nel passare dell’osservatore da una suggestione all’altra. Il motivo dominante di questo andare è la permanenza del frammento, il quale si pone come cellula originaria e insieme collante di un organismo improbabile, sostanza di un modo precario di essere al mondo.
Breve biografia ragionata.
Vittorio Messina compie gli studi all’Accademia di Belle Arti e alla Facoltà di Architettura di Roma, città nella quale vive e lavora e dove, alla fine degli anni Settanta, esordisce nello spazio di Sant’Agata dei Goti – punto di incontro e luogo di sperimentazione della giovane arte di quegli anni, con “La Muraglia Cinese”, una mostra articolata intorno all’omonimo testo kafkiano. Già con la “Muraglia” e con le mostre alla galleria ‘La Salita’ di Roma (1982), e alla galleria Locus Solus di Genova (1983), il lavoro di Messina è orientato verso una forma di scultura ambientale dove scompare progressivamente l’uso di materiali organici e naturali. Così, passando per le mostre alla galleria Minini di Brescia (con Garutti nel 1985), al PAC di Milano, alla mostra ‘Il Cangiante’ curata da Corrado Levi (1986), Messina espone le prime “celle” nel 1986 alla Moltkerei Werkstatt di Colonia e alla galleria Shimada di Yamaguchi (Giappone) , veri e propri edifici costruiti con materiali seriali di uso edilizio, di solito autoilluminati con lampade industriali. Nella sua ricerca l’artista ha elaborato ripetutamente questa iconografia come unità di riferimento, sinonimo della “stanza”, elemento base dell’architettura e in specie dell’edilizia urbana. Dalla metà degli anni Ottanta Messina, utilizzandone i materiali e i modi, ne ha messo in evidenza l’”abuso” consumato dall’arte in rapporto al degrado e alle tematiche ambientali e sociali in atto nelle periferie metropolitane. Nel 1987, a Palazzo Taverna in Roma (Incontri Internazionali d’Arte), all’interno di un ciclo dove si succedono gli interventi di Maria Nordman, Bruce Naumann e Luca Patella, Messina costruisce una ‘cella’ e pubblica un testo, ‘Paesaggio con luce lontana’, dove affiora la tematica heisenberghiana dell’indeterminazione, già presente peraltro nella mostra ‘Spostamenti sulla banda del rosso’ di Villa Romana (Firenze 1985). Da questo momento il lavoro di Messina si svolge con stringente continuità visionaria nel grande ‘Krater’ esposto alla mostra ‘Europa Oggi’ del Museo Pecci di Prato (1988), nell’installazione totale alla galleria Oddi Baglioni di Roma dello stesso anno, fino alla mostra ‘Aetatis suae’ alla galleria Tucci Russo di Torino (1990), dove uno schermo televisivo fuori sintonia fa da contrappunto ad una serie di cinque grandi nicchie, che svolgono con una sorta di ‘scrittura plastica’ il tema della nominazione. Successivamente, dalla ‘cella’ della galleria Minini, Brescia (1991), a quella del Kunstverein di Kassel (1991) e della galleria Victoria Miro (Londra 1992), ma anche della ‘Stanza per Heisenberg’ (opera notturna per Edicola Notte, Roma 1991), come nelle 24 finestre della mostra ‘Lux Europae’ di Edinburgh (1992), fino ai lavori del Castello di Girifalco, Cortona (con Thomas Schutte, 1993), l’opera di Messina si configura, con l’ imprevedibilità e il disincanto di un vero e proprio cantiere metafisico. Un’idea, questa, che si sviluppa a partire dagli anniNovanta, nelle mostre al Kunstverein di Dusseldorf, alla Villa delle Rose, Bologna, alla National Galerie di Berlino, al Museo di Erfurt, al Museo di Leeds, fino alle grandi installazioni nei “Dialoghi” (Maschio Angioino e Castel dell’Ovo, Napoli, 2002), integrando una forma di mobilità e di precarietà radicali, all’immagine della città come organismo improprio e artificiale. Nella mostra “A village and its surroundings”(H. Moore Foundation, Halifax 1999) alcune installazioni includono l’uso di film-video nella prospettiva del ‘tableau vivant’, della ‘segnalazione’ e del ‘controllo’. In ‘La discrezione del tempo 1’ (Museo Ujasdovki, Varsavia, 2002), e in “Una città visibile”, (Modena, 2004), e poi ancora nelle “Cronografie, o della città verticale” (Cavallerizza Reale, Torino (2006), e in “Momentanea Mens”, (DKM Foundation, Duisburg 2009), lo spazio-tempo dell’habitat umano tende ad espandersi ulteriormente, fino alla dilatazione estrema di “Hermes”, un’opera della durata di 72 ore, divisa in 9 “Capitoli”, nata dall’elaborazione di un film di 42 minuti primi in formato 8 mm del 1970 (Insel Hombroich, 1970/2008). Infine, nella mostra alla Galleria Guidi di (Roma, 2011), come nelle opere al MACRO (“Eighties are Back”, Roma 2011) e nella mostra con
Thomas Schutte alla Villa Massimo (Roma 2011), Messina rafforza la componente tautologica del suo lavoro e avvia una nuova riflessione sulle forze e le dimensioni dello spazio reale. Nel 2013 Messina, al Museo delle antiche Mura Aureliane di Roma, si confronta ancora con un ambiente fortemente segnato dalla storia e dagli eventi, come nelle due grandi mostre del 2014, al MACRO di Roma e alla Kunsthalle di Goeppingen, sul tema di “Postbabel e dintorni”, dove il soggetto della città riemerge come riflessione sull’origine del linguaggio e della stessa forma dell’arte come tensione e portato culturale della comunità umana, la stessa che risulta essere protagonista assente negli “Habitat” della mostra “Teatro Naturale, Prove in Connecticut” (Museo Riso, Regio Albergo delle Povere, Palermo, 2016).
INFO MOSTRA:
Artista: Vittorio Messina
Curatore: Bruno Corà
Spazio Espositivo: Galleria Adalberto Catanzaro artecontemporanea Indirizzo: Via Roccaforte 38, Bagheria
Ingresso: Libero
Orari: 16.30 20 martedì, mercoledì e giovedi
17-20 venerdì e sabato.
Chiuso lunedì tranne i festivi, per appuntamento al 3271677871.
Informazioni e contatti stampa:
Giusi Buttitta, Ufficio stampa
cell.3935886713 – info.galleriadalbertocatanzaro@gmail.com
Data e Ora
08/10/2016 / 18:00 - 20:30
Luogo
Galleria Adalberto Catanzaro