La Galleria Eduardo Secci è lieta di inaugurare, sabato 23 settembre 2017 alle ore 18.00, nella sede espositiva di Piazza Carlo Goldoni di Firenze, la mostra collettiva Tensioni strutturali #3 a cura di Angel Moya Garcia.
La trilogia Tensioni Strutturali è stata articolata come un progetto organico suddiviso in tre mostre, indipendenti ma interconnesse tra di loro, che sono state presentate gradualmente negli spazi della galleria. La prima mostra, realizzata a febbraio 2016, si focalizzava sul ruolo centrale dell’individuo nella costruzione dello spazio percepito, attraverso installazioni ambientali di Carlo Bernardini, Monika Grzymala, Roberto Pugliese ed Esther Stocker. La seconda mostra, inaugurata a novembre 2016, analizzava le diverse possibilità della materia come elemento di rappresentazione attraverso i lavori di Davide Dormino, Diamante Faraldo, Andrea Nacciarriti, Marzia Corinne Rossi e Aeneas Wilder. In quest’occasione viene presentata la mostra che chiude la trilogia in cui le installazioni site specific di Daniel Canogar, Baptiste Debombourg, Levi Van Veluw e Zimoun si interrogano sui processi entropici dell’ambiente quotidiano.
L’entropia viene designata generalmente come la tendenza intrinseca a un sistema di prendere irreversibilmente parte del proprio ordine o delle proprie qualità, mentre nella teoria dell’informazione viene associata a quanto è d’impedimento alla chiarezza e univocità di un determinato messaggio. Una tendenza all’irregolarità, a un apparente disordine in cui forse si cela un equilibrio nascosto, benché complesso e dif cile da capire, che può fornire delle indicazioni sulla realtà quotidiana. In questo processo caotico, l’individuo si trova spesso smarrito e prova a resistere a tutto ciò che sfugge dal proprio controllo ideando etichette, classi cazioni o categorizzazioni per provare a contrastarlo e per dotarsi di un sistema rigido di controllo che possa, in un certo modo, garantire una serenità e una stabilità sica e psicologica.
In quest’ottica, l’ultima parte della trilogia viene sviluppata dai quattro artisti invitati come un’analisi dei processi entropici che sovrastano la nostra quotidianità e dei possibili tentativi di instaurare un or- dine, elaborando una tassonomia dei componenti della realtà per suggerire una possibilità di assetto stabile o, in ultima analisi, per trascurare consapevolmente questo intento. Dai fenomeni naturali e atmosferici agli stati emotivi e psicologici, dai processi storici sulla simbologia di determinate forme agli studi sui ritmi meccanici e funzionali, la mostra si articola come un momento di veri ca per misurare il grado di disordine presente, le possibilità di trovare un equilibrio e l’accettazione, attraverso la constatazione empirica, del fatto che le con gurazioni “disordinate” sono le più probabili. Una serie di lavori, infine, che si interrogano, in modalità nettamente contrastanti, sulle possibilità di costruire una narra- zione stabile e solida, ma che allo stesso tempo ci chiedono no a che punto dovremmo proseguire quella ricerca invece di lasciarci andare nell’inesorabile fallibilità delle nostre sicurezze.
In particolare, nella prima sala, Daniel Canogar realizza un’ambientazione in cui un’animazione generata da un algoritmo reagisce in tempo reale alle precipitazioni, registrate attraverso diverse pa- gine web, delle 195 capitali riconosciute dall’ONU. Uno schermo scultoreo realizzato con dei LEDs essibili e in grado di adattarsi e distorcersi alle caratteristiche speci che dell’architettura che lo cir- conda fa pulsare continuamente la stanza. Attraverso la connessione a internet percepisce, registra e riformula fenomeni planetari dif cilmente prevedibili che sono oltre la portata delle nostre capacità sensoriali e che, tuttavia, sono vitali per la nostra sopravvivenza come specie.
Nella seconda sala, Levi Van Veluw presenta un’installazione in penombra, claustrofobica e immersiva in cui si evince un’esplorazione sui temi scuri della paura, della solitudine, dell’ordine e della perdita di controllo. Un lavoro che manifesta una ricerca sulla nozione di perfezione all’interno di una struttura sistematica e ordinata e, contemporaneamente, evoca la tensione sottostante tra il nostro desiderio di un universo regolato e l’impossibilità razionale del controllo totale. Al suo interno, una sedia e una scrivania alludono ad un protagonista assente che tenta maniacalmente di avere il controllo dell’universo attraverso la classi cazione di determinati materiali e che, tuttavia, diventa inevitabilmente frustrato davanti alla pluralità di forme inerenti alla materia che lotta per dominare.
Nella terza sala, Baptiste Debombourg presenta un’installazione realizzata con legno verniciato e vetro laminato infranto la cui formalizzazione fa riferimento al simbolismo, al movimento e alla tensio- ne della forma ellittica. In particolar modo l’artista richiama la rottura che rappresentò l’ellisse come nuova forma ispirata e collegata all’eliocentrismo, alla scoperta di Copernico sulla posizione dei pianeti nell’universo e il loro movimento intorno al sole, in contrasto con la rappresentazione circolare vincolata al sistema geocentrico. All’epoca, la perdita della visione antropocentrica abbatteva definitivamente tutte le certezze dell’uomo, costringendolo a rivedere la sua posizione di “centralità”, la sua sicurezza di supremazia, ben inserita all’interno di un ordinato progetto divino, e determinava la nascita dell’uomo moderno complesso, dubbioso, sfaccettato, disgregato, frantumato e privo di solide convinzioni.
In ne, nell’ultima sala, Zimoun esplora il ritmo meccanico, la tensione tra i modelli ordinati del modernismo e la forza caotica della vita, trasmettendo una profondità istintiva attraverso il ronzio acustico dei fenomeni naturali. L’utilizzo volontario di titoli che descrivono le sue opere semplicemente come un elenco dei materiali e delle componenti meccaniche utilizzate, provoca che le sue sculture sono- re richiedano all’osservatore un ulteriore sforzo di immaginazione, rendendolo attivamente partecipe nel completamento dell’opera stessa. Allo steso tempo, l’utilizzo di componenti semplici e funzionali, come oggetti industriali di uso quotidiano, li rende estremamente vicini, trainanti e affascinanti. Un connubio di articolati congegni meccanici e suono in cui l’unica certezza è che non potremmo mai sapere razionalmente e presumibilmente cosa accadrà.
Data e Ora
23/09/2017 / 18:00 - 21:00
Luogo
Galleria Eduardo Secci
La Galleria Eduardo Secci ospita mostre innovative e all’avanguardia caratterizzate da diversi generi e mezzi espressivi, rappresentando artisti contemporanei emergenti e affermati a livello nazionale e internazionale, sostenendone il lavoro in progetti sia istituzionali che pensati per la galleria.
Piazza Goldoni, 2
50123 Firenze
Italia
T. (+39) 055 661356
E. gallery@eduardosecci.com
Orari di apertura:
Lunedì – Sabato 10:00 – 13:30
14:30 – 19:00