L’American Academy in Rome presenta Anthropolaroid, personale di Paolo Gioli a cura di Peter Benson Miller. La mostra, che inaugura l’11 ottobre, è dedicata allo sguardo di un artista che, con l’utilizzo sperimentale della fotografia, offre una meditazione sul corpo che ha attraversato la seconda metà del ‘900. Sarà introdotta, in occasione dell’opening, da una conversazione tra Paolo Gioli e Roberta Valtorta, storica e critica della fotografia che ha collaborato a lungo con l’artista, curando la retrospettiva a lui dedicata nel 1996 al Palazzo delle Esposizioni di Roma e partecipando con un suo saggio alla recente pubblicazione Paolo Gioli, Etruschi Polaroid 1984, edita da Humboldt Books.
Presentando per la prima volta una panoramica completa dell’utilizzo della tecnica del Polaroid transfer, con oltre 30 opere, dal ’78 al 2010, il percorso espositivo rende atto sia della grande padronanza tecnica di Gioli nei confronti di questo medium sia della sua profonda analisi sulla figura umana, come oggetto di studio e come metafora di un corpo sociale e politico lacerato.
A partire dai suoi studi alla scuola libera del nudo presso l’Accademia di Belle Arti a Venezia, Gioli si è dedicato a lungo al tema del corpo umano. Come i suoi film sperimentali, che stabiliscono “un’essenziale analogia tra la celluloide e la pelle, come interfaccia sensibile tra il sé e il mondo esterno”, i Polaroid transfer di Gioli usano il corpo e i suoi frammenti come un mezzo per indagare la storia e i fondamenti teorici della fotografia, così come le sue relazioni con il cinema, l’incisione, la scultura e la pittura. Dopo aver trascorso un anno a New York alla fine degli anni ’60, Gioli è stato tra i primi artisti, a seguito dell’introduzione nel 1972 della pellicola istantanea SX-70, a cimentarsi con la Polaroid e con la tecnica dell’image transfer. Da questo momento Gioli ha prodotto un’ampia serie di lavori di grande complessità formale con la gelatina e gli strati di colore dell’emulsione Polaroid. Adottando l’uso del foro stenopeico e di supporti di carta e seta per il trasferimento dell’immagine, Gioli combina le procedure più elementari degli esordi della fotografia con un utilizzo molto sofisticato dell’istantanea creata dal fondatore della Polaroid, Edwin Land. Tra le diverse e feconde sfaccettature che caratterizzano la ricerca di Gioli c’è la grande capacità dell’artista di creare immagini senza tempo, condensando una vasta iconografia in un processo spontaneo dovuto alla sua padronanza della pellicola istantanea.
La mostra colloca così Gioli in quel contesto di sperimentazione nato a seguito dell’introduzione dell’istantanea che ha coinvolto molti grandi fotografi, specialmente americani. Se all’epoca Gioli non venne inserito a pieno titolo nel programma di supporto agli artisti creato dalla stessa Polaroid, a causa del suo utilizzo di questo mezzo giudicato poco ortodosso e deviante rispetto agli obiettivi commerciali dell’azienda, oggi, nell’epoca del digitale, questo lavoro acquista nuovo valore e attualità. Il catalogo che accompagna la mostra include, oltre a una ricca selezione di immagini, un testo contenente una inedita intervista all’artista su diversi aspetti sua ricerca e il saggio “Anthropolaroid”, pubblicato in italiano da Gioli nel 1979 e tradotto per la prima volta in inglese.
Tra gli appuntamenti collaterali alla mostra, il 23 ottobre, in occasione del festival VIDEOCITTA’ si svolgerà presso la Lecture Room dell’American Academy uno screening dei film sperimentali di Paolo Gioli, curato e introdotto dal critico Patrick Rumble, docente all’Università del Wisconsin. Rumble presenterà una selezione di film di Gioli dal 1979 al 2013, mostrando la relazione tra questi e la produzione fotografica dell’artista.
Data e Ora
11/10/2018 / 18:00 - 21:00
Luogo
American Academy in Rome