Questa piccola mostra sul vedutismo padano, ossia una breve carrellata sui paesaggi dipinti attorno al Po presentando una quindicina di opere di artisti ferraresi ma altresì emiliani, lombardi e del Veneto- tutte regioni in cui scorre il grande fiume – ha preso spunto dall’ottantesimo anniversario del romanzo “Il Mulino del Po”, capolavoro del bolognese Riccardo Bacchelli, uscito in tre tomi fra il 1938 e il 1940.
La ricorrenza dapprima è stata celebrata dal sottoscritto con una conferenza con immagini, propedeutica ad un gita diretta verso i luoghi del romanzo (Ro, Guarda Ferrarese), organizzata in modo impeccabile su una motobarca dal “Garden Club” di Ferrara.
E’ anzitutto da rimarcare che si è optato per una diversa scansione cronologica rispetto a quella del “fluviale” romanzo bacchelliano, ambientato fra il 1812 e il 1918: nel XIX secolo difatti raramente a Ferrara si raffigurava il Po, considerato soggetto troppo umile rispetto agli spazi monumentali cittadini compresi tra il Castello Estense e il Duomo romanicogotico, come ben evidenziano le numerose vedute di Giuseppe Chittò Barucchi.
Si è partiti allora dal 1900 per giungere ai giorni nostri, iniziando da Augusto Droghetti, pittore ferrarese che si era formato nella Firenze dei Macchiaioli, loro sì attratti dal soggetto fluviale, trasfigurando mirabilmente Arno, Mugnone, Terzolle e via dicendo. La sua bella veduta qui presentata è databile fra ‘800 e ‘900, rappresenta la zona di Pontelagoscuro attorno all’Isola Bianca; vi si intravvede una chiatta sul fondo, mentre in primo piano la vegetazione a fior d’acqua forma una sorta di triangolo, ad accentuare vieppiù il senso prospettico dell’orizzonte che si staglia in lontananza. Anche Oreste Forlani si perfezionò a Firenze, nelle aule dell’Accademia di Belle Arti, dove insegnava l’anziano Giovanni Fattori: e una eco del Simbolismo che si respirava nella città toscana in quegli anni (più ancora che dei Macchiaioli) è nella onirica veduta pontesana dpinta durante una notte d’estate. Gli alberi, i fili d’erba cupa, i riflessi nell’acqua del fiume si amalgano perfettamente con una tavolozza dai toni grigi e argentei, spezzati dalla capigliatura rosso-tiziano della figura, nuda e dormiente in primo piano. La mitologica donna-pesce è una sirena o forse un’anguana, ninfa leggendaria diffusa nei torrrenti delle Dolomiti ma anche nelle lagune e sui fiumi. E’ dipinta con un ricordo del grande Böcklin, maestro simbolista morto nella fiorentina Fiesole pochi anni prima. Si tratta d’ uno dei tanti aspetti misteriosi e inquietanti, del “brulicante marasma di fantasticazioni” che nascono dalle nebbie sul Po: e non a caso nel romanzo bacchelliano il protagonista Lazzaro Scacerni mentre giunge a Ferrara è ossessionato dalla “fola” cupa dell’Urlon del Barco, sorta di Mefistofele locale.
Passati gli anni della Grande Guerra, in cui si conclude tragicamente il romanzo di Bacchelli, un apparente clima di pace e di serenità sembra respirarsi nell’acquerello del 1919, forse esposto allora da Nicola Laurenti al Palazzo dei Diamanti: nella personale il pittore ferrarese presentò infatti diversi acquarelli paesaggistici dipinti in Lombardia (regione dove risiedeva), ma qui è forse più giusto pensare ad una veduta sul Po, realizzata magari nel corso d’una escursione compiuta dall’autore alla Giarina, durante una pausa della sua mostra ai Diamanti, in un ora pomeridiana di chiusura. Non lontano dal qui (e vicinissimo al Barco dove gemeva Urlon) è l’ingresso nord di Ferrara, costituito dalla Porta degli Angeli, ripresa sapientemente dal triestino- ma di educazione veneziana – Guido Marussig in un piccolo olio intriso in una luce estiva e serotina. E’ una variante della tavola che correda il libro “Ferrara. Ab insomni non custodita dracone” (1921) del sodale Ferruccio Luppis: e l’acqua che s’intravvede in primo piano è quella un po’ marcescente del canal Gramiccia, in via Caldirolo. Il gallerista dell’ “Ossimoro” di Spilamberto che ha concesso la pur bella veduta di Mario Vellani Marchi datata 1930 l’ha identificata con un angolo di Comacchio, forse del ponte degli Sbirri, che però non sembra corrispondere del tutto a questo manufatto architettonico. In ogni caso, è risaputo come il pittore modenese abbia dipinto numerose vedute di Burano e quindi potrebbe trattarsi di un angolo del centro lagunare o di un paese veneto che sorge a ridosso della strada Romea, non necessariamente della “capitale delle anguille”. Mimì Buzzacchi, moglie di Nello Quilici, è stata una delle migliori paesaggiste ferraresi, a partire dagli anni Venti (vedute molto decorative del Mar Adriatico) per giungere alla sublime sintesi delle tele spinetiche tra gli anni Cinquanta e Sessanta, presentate dall’amico scrittore Giorgio Bassani. Ma a Mimì interessavano anche gli aspetti più moderni e tecnologici, come dimostra una suggestiva incisione del 1927 con il Canal Boicelli in costruzione: siamo lontanissimi dalle vedute pontesane, tardo-romantiche o simboliste, di Forlani: la realizzazione del collegamento fra la Darsena sul Volano e il Po di Pontelagoscuro è resa con taglio squisitamente novecentista, in un perfetto intersecarsi di linee e di volumi industriali, in una icastica celebrazione del lavoro, lontanissima dalle angoscianti immagini del coevo film “Metropolis” di Lang: e l’acqua del nostro fiume appare
lontanissima, pur essendo in realtà al di là del cantiere. Durante la seconda guerra mondiale, che sconvolse molti paesi che sorgevano sulle rive del fiume, bombardati per motivi di tattica militare, a causa del ruolo strategico rivestito dai ponti, fu distrutto dai bombardamenti anche l’ultimo mulivo fluviale, proprietà di Arlotti, che sorgeva a Zocca di Ro. Nell’immediato dopoguerra una nuova tragedia sconvolse la vita delle località che sorgevano sul Po, ossia l’alluvione del Polesine del novembre 1951, che causò quasi 100 morti e la distruzione di molte case. Qualche mese prima il pittore Gastone Gasti aveva sapientemente ripreso non lontano da Occhiobello, dove avvenne la tragica “rotta”, in un acquerello un angolo di fiume quieto e rassicurante, luminoso ed elegiaco, con un paio di barche in primo piano. Il misconosciuto Gasti si era specializzato, in un certo senso, nei paesaggi ad acquerello, come rivelano vari esemplari conservati nelle raccolte d’arte dell’ex Carife, della Camera di Commercio di Ferrara e della Associazione locale degli Industriali (Confindustria). Centro squisitamente fluviale, circondato dalle acque di Po, del Panaro e del Cavo Napoleonico, amatissimo dallo scrittore-regista Mario Soldati (amico di Bacchelli e di Bassani) è Bondeno, paese ai confini con la Lombardia e col Veneto e dove vissero due bravi pittori, padre e figlio, impegnati per decenni nella resa paesaggistica. Il primo, Gaetano, negli anni Cinquanta presenta un tratto del fiume tra Stellata e Ficarolo, ancora traversata da chiatte e barche fumanti, in un clima deliziosamente oleografico, con accorti toni compositivi. Il dipinto, non firmato, è stato autenticato altresì dalla nuova Mara Tassi, dalla cui collezione privata proviene il secondo pezzo, eseguito da Giancarlo, detto più semplicemente Carlo. Il suo quadro presenta un aspetto della lavorazione della canapa nel 1956, con il casotto per gli attrezzi agricoli, le pozze d’acqua per la macerazione, i “manelli” a piramide, un canale sullo sfondo: è una delle ultime raffigurazioni di questa attività, che di lì a poco il boom economico cancellerà del tutto. Il credo post-impressionista si appoggia qui alla ripresa iconografica addirittura di affreschi secenteschi del grande Guercino, come peraltro faceva il suo compaesano Galileo Cattabriga, seppur con modi più legati a quelli di De Pisis Artista più accademico di questi ultimi è Alfredo Filippini, pittore e scultore, che con i suoi quasi 95 anni è il decano degli artisti ferraresi. In un suo quadro del 1971 il fiume scorre dietro borgo San Giorgio, il Po di Primaro sfiora le case della prima periferia di Ferrara, la luce è quella morbida dei mesi primaverili, gli effetti e i riflessi dell’acqua sono desunti dagli amatissimi pittori dell’Ottocento italiano, non soltanto dagli Impressionisti francesi. Nella rappresentazione del Po riaffiorano spesso antichi miti, leggende visionarie, sia auliche che popolaresche (si pensi soltanto ai film gotici di Pupi Avati), oppure inquietanti antropomorfizzazioni; è questo il caso delle anguane o del baccheliano Urlon, ma anche della “historia” narrata da Ovidio (e non soltanto) nelle sue splendide “Metamorfosi”. Fetonte, guidando il carro del Sole precipita violentemente sulla terra e la sua terribile caduta forma il letto del fiume Po, mentre le sorelle piangenti si trasformano nei pioppi. La mitologica “fabula” è stata narrata nei secoli da numerosi artefici: negli ultimi 30 anni da vari artisti-espositori le cui opere si conservano presso il Centro Civico di Pontelagoscuro, uno dei luoghi deputati della “caduta”, assieme alla contigua Francolino, che ha dedicato la sua piazza principale proprio a Fetonte. Tra questi ultimi artisti è la scultrice Rita Da Re, di cui si presenta una “variante” significativa rispetto all’opera conservata negli spazi comunali pontesani. Il paesaggio del Po appare appena delineato sul fondo, al contrario dei piedi in primo piano e del pugno di Fetonte, chiuso nel dolore e nella rassegnazione. La “memoria colta” traspare altresì nel dipinto su rame del trentino Danilo Pozzatti, che immagina il Castello Estense di Ferrara a fine ‘500 con i pescatori e il barcaroli sul Canale dei Giardini (poi Panfilio), che si dipartiva infatti dalla fossa del fortilizio e che è stato interrato un secolo e mezzo fa. Per rappresentare queste sue fascinose “storie sull’acqua”, ovvero piccole vicende di vita quotidiana dei tempi rinascimentali, Pozzatti evoca la tecnica e lo stile dei grandi maestri belgi della famiglia Breugel, dei loro straordinari, quasi
miniaturistici quadri di genere e nella fattispecie dei celeberrimi “proverbi fiamminghi”, ma riambientandoli a Ferrara, conseguendo un originale, imprevedibile, straniante risultato.
Ci spostiamo nella zona dell’Alto Ferrarese con la struggente veduta notturna di Nicola Nannini, centese ma insegnante presso l’Accademia di Belle Arti di Verona. Tra Sant’Agostino e Vigarano egli ha ripreso nel 2017 un arrugginito piccolo ponte su un canale di scolo, impeccabilmente delineato, mentre si è divertito a rendere con effetti quasi informali il viluppo d’erba e di fango dell’argine in primo piano. L’anno seguente ha aggiunto al quadretto sul fondo quattro piccole luci, ad alludere ad un (misterioso?) centro abitato. Elaborazione ancor più complessa ha avuto l’opera del veneto Vilfrido Paggiaro, nata nel 2018 come olio per la mostra “Moderne devozioni”, tenuta a Ferrara e a Rovigo, incentrata sul culto e il mito di San Giorgio che combatte il Drago
e copiata l’anno seguente con tecnica diversa e lievi varianti. L’acqua da cui emerge la draghessa che vuole annientare il santo, colpevole di averle ucciso il figlio, è quella delle paludi ferraresi e polesane, bonificate sin dal tempo degli Estensi, che hanno preso Giorgio a loro protettore. Il drago antropomorfizza bene tutto ciò, diventando simbolo e abitatore di acque malsane, putride e lutulente (ed oggi nuovamente inquinate, in modo diverso), ma anche pericolose per rotte ed esondazioni, inglobando quindi anche il ricordo di pagine bacchelliane o dei fatti tragici avvenuti nel Polesine del 1951. Non si deve pensare quindi al Po come fosse una rassicurante “cartolina illustrata”: e può avvenire che nel non lontano maggio 1957 un enorme rospo (aggiornamento di Urlon) nelle Valli di Argenta terrorizzasse la popolazione con i suoi terribili borborigmi, come raccontato da un recentissimo libro illustrato da Luca Ghetti. Ironica nella titolazione (con un sottotitolo che par quasi cognome e nome) appare infine l’opera di Daniele Cestari abile pittore-architetto originario di Bondeno, che ha ripreso la seicentesca Porta Paola, sorta a Ferrara in esatta contrapposizione a sud della Porta degli Angeli. L’opera di Cestari è impregnata nel contempo di un senso concettuale, la porta progettata da Aleotti è tagliata nel fastigio, vi sono sovrapposti fogli strappati dalla calligrafia primo-novecentesca, che non evocano le pagine di Bacchelli ma congregazioni consorziali e di bonifica meccanica, La macchia celeste in alto richiama l’acqua, ovvero la storia fluviale del sito: durante un recente restauro, davanti alla Porta è stata difatti rinvenuta una barca sepolta del ‘400, a ricordare la navigazione tra canali ora interrati. L’evocazione diretta di un mulino fluviale ha compiuto finalmente nell’estate del 2019 il veronese Francesco Giostrelli, maestro nel rendere il mistero insito nelle atmosfere del paesaggio, soprattutto montano. Non necessariamente illustrazione della trilogia bacchelliana, il suo fascinoso dipinto risulta degnissima conclusione di un itinerario “stilistico” di circa 120 anni, compiuto attraverso rive, fossi, greti, rogge, marcite, pioppeti, ponti, barche ormeggiate ma anche botti, sifoni, idrovore, conche, chiaviche, piarde, miti e leggende. Il fluire del fiume fino al Delta dove lentamente si dissolve (non è ancora mare, ma non è più terra) da secoli accompagna la vita delle popolazioni, anche se non esistono più mulini rivieraschi dove poter macinare il grano, in un clima gramo e dolente, spesso da scabro melodramma.
Lucio Scardino
Poscritto.
Nella mostra erano presenti soltanto rappresentazioni dipinte del Po verso il suo corso estremo, allorchè mi sono ricordato che lo scultore bolognese Nicola Zamboni aveva concepito nel 2011 l’ingegnosa serie delle “Lagune” (esposte allora a Comacchio) con originalissime, illusionistiche raffigurazioni a contorno in rame del Delta e dei vicini “Paesaggi d’acqua”. Una di queste era una visione ripresa da un ipotetico Mulino sul Po con il barchino del molinaro ancorato sulla sponda in primo piano. Sul fondo, isole fluviali, argini e anse perfettamente rese in senso prospettico, specie dopo essere state fissate con una catenella su una porta lignea dipinta in celeste: un trompe-l’oeil ingegnoso quanto semplice, un poetico “finalino” che perfettamente conchiude questo catalogo post-bacchelliano…
inaugurazione VENERDI’ 27 SETTEMBRE 2019 ore 18:00
Pagina Facebook: https://www.facebook.com/
Tel: 0532/098935
Data e Ora
27/09/2019 / 18:00 - 21:00
Luogo
Galleria FabulaFineArt