Dal 16 al 21 luglio 2019 Katia Pugach presenta, nella Black Room del MACRO Museo d’Arte Contemporanea di Roma, il progetto installativo Ab Ovo: la ricostruzione dell’allunaggio nel 1970 della sonda automatica ‘Luna 16’ nel Mare della Fecondità, una regione allora ancora inesplorata del nostro satellite, e del ritrovamento di uno strano uovo rosso che gli scienziati non sono riusciti a spiegare.
Luna 16 era un apparato altamente avanzato, completamente automatico con un braccio meccanico ed un trapano elettrico capaci di raccogliere per la prima volta campioni della superficie lunare e riportarli sulla Terra. La sua missione era di esplorare la luna e lo spazio circostante per circa 26 ore prima che un segnale proveniente dalla Terra desse inizio alle procedure di rientro. La sonda era anche dotata di una telecamera che rimandava in tempo reale sulla Terra immagini di quello che stava accadendo sulla superficie lunare. A quel tempo tutti avevano grandi speranze di riscontrare segni di vita al di fuori della Terra, o di trovare una nuova sostanza che avrebbe svelato il segreto del corpo celeste, ma tranne il ritrovamento di materiali sconosciuti fino a quel momento non si era ottenuto altro. Quel giorno invece, quando il braccio meccanico affondò nel suolo lunare creando un piccolo cratere, all’improvviso da quel buco venne fuori un uovo rosso. Gli scienziati aerospaziali rimasero senza parole di fronte a quella strana apparizione e cominciò una infinita discussione su come definire quell’uovo. Era decisamente impossibile applicare i criteri scientifici tradizionali a quella scoperta: quello strano oggetto era qualcosa del tutto fuori dal normale e soprattutto creava un dilemma insolubile: quello era un oggetto spaziale o un corpo celeste? Tecnologia o Natura? Tutto il settore aerospaziale rimase perplesso senza saper proporre alcuna soluzione credibile. Da loro ci si aspettava un verdetto decisivo ma nessuno era in grado di formularlo. Altri, come ad esempio gli aderenti al movimento ‘Cosmismo Russo’ trovarono invece del tutto naturale accettare l’apparizione dell’uovo come simbolo dell’ideale umano, della vittoria della vita sulla morte e della generale costante rinascita della vita nell’universo. Da allora il dibattito sui risultati ottenuti da quella missione non ha mai cessato di produrre le opinioni più diverse e ancora oggi ci si interroga sulla natura di quella inaspettata apparizione.
La fantastica ricostruzione qui prodotta è un invito per lo spettatore a rivivere quel momento irripetibile per tuffarsi nello spazio profondo, esplorarlo e lasciare una traccia del proprio passaggio sulla superficie lunare. L’installazione prevede l’esposizione di 6 immagini fotografiche, cinque provenienti dalla spazio, riprese al momento del ritrovamento del misterioso uovo e durante il suo trasporto nel modulo lunare, e una dell’uovo sulla terra dove, fuggito alle analisi di laboratorio, è andato a ricongiungersi con l’ambiente naturale terrestre. Le sale della Black Room saranno illuminate da una lampada stroboscopica che riprodurrà l’effetto di assenza di gravità dello spazio, migliaia di piccoli palloncini bianchi sul terreno saranno mossi al passaggio dei visitatori alzandosi in volo come polvere lunare, mentre sul fondo in lontananza si vedrà il luminoso sorgere del pianeta terra. L’uovo rosso apparirà flottante in assenza di gravità esattamente come fu ritrovato nel lontano 1970. Un invito a rivivere quel momento irripetibile per tuffarsi nello spazio profondo, esplorarlo e lasciare una traccia del proprio passaggio sulla superficie lunare.
Katia Pugach è nata nel 1981 nella città di Sebastopoli in Crimea quando questa faceva ancora parte dell’Unione Sovietica, è parte quindi dell’ultima generazione di russi formati in quel particolare mondo e che si è trovata a doverne vivere il crollo e la drammatica transizione alla realtà che viviamo oggi. In Crimea ha studiato e ha fatto le sue prime esperienze come artista, quando poi è stato possibile viaggiare ha fatto lunghe esperienze all’estero prima a Parigi in Francia, poi a Los Angeles negli Stati Uniti, per quindi tornare a risiedere stabilmente a Mosca in Russia. Oggi vive e lavora tra Mosca, Roma in Italia e la Crimea. Cresciuta parallelamente allo sviluppo del web globale, Katia oggi fa parte di una generazione di artisti cosmopoliti che parlano diverse lingue e hanno fatto esperienze in diversi luoghi del mondo, costantemente connessi al sistema di comunicazione globale, aperti ad idee e punti di vista apparentemente lontanissimi ma sempre ben radicati al cuore della loro cultura di origine. Il suo temperamento è sperimentale ma profondamente connesso a una radice classica, orgogliosamente russo ma aperto al mondo. La ricerca di un punto di equilibrio tra elementi opposti è uno dei segni distintivi di tutte le sue opere, da una parte un’antica conoscenza acquisita per esperienza diretta, la ricerca e la cura del momento creativo, profondamente spirituale, alchemico, trascendentale, dall’altra, una coscienza ultramoderna, pop, iper-connessa alla rete globale, un universo di immagini e tecnologie che sono lo stato presente dell’essere nel mondo. Il suo esordio è a Mosca nel 2006 con un ciclo di opere acquisita nella collezione permanente del Moscow Museum of Modern Art; nel 2009 realizza l’installazione Space Garden nell’ambito del Festival Gogbot in Olanda. In Favour of Nature, nel 2010, per la prima volta fa crescere colonie di funghi bianchi Pleurotus su delle colonne di pneumatici di automobile usati; nel 2010 realizza Kamnesad, Giardino di Pietre, un ciclo di opere/performance intorno una personale idea di equilibrio. Nel 2010 partecipa alla 1st Ural Industrial Biennale of contemporary Art, in Russia con il progetto Lightining; nel 2011 partecipa al Festival “Space Odyssey” a Kiev, Ucraina con Ab Ovo Project; nel 2013 è per la prima volta in Italia dove partecipa alla mostra “Equinozio d’Autunno” nel Castello di Rivara a Torino con l’installazione Deja vu; nel 2014 partecipa alla fiera di Ostrale a Dresda in Germania con Propaganda or Global Trash; nel 2015 realizza la mostra personale About Time nel Castello di Rivara a Torino; nel 2019 presenta Axis Mundi, installazione al Museo Macro di Roma.
INFO
KATIA PUGACH
AB OVO
Sound: IVAN PAVLOV / COH
Foto: ILIYA CHISTYAKOV
Testi: KATIA PUGACH e ORESTE CASALINI
16 – 21 luglio 2019
BLACK ROOM – MACRO
MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA DI ROMA
Via Nizza 138 – Via Reggio Emilia 54 – Roma
www.museomacro.it
info.macro@palaexpo.it
Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì e domenica dalle 10.00 alle 20.00
Sabato dalle 10.00 alle 22.00
Data e Ora
16/07/2019 / Tutto il giorno
Luogo
MACRO ASILO