Riprendiamoci l’arte, riprendiamoci il Pianeta.
Si avvertono sinistri scricchiolii, come si dice in gergo, persino gli uccellacci del malaugurio annunciano ufo, meteoriti, profezie. Finita la paura nucleare (ma perché non abbiamo più paura?) ne inventiamo un’altra.
Ma qualcosa di vero ci deve essere. Gli artisti più sensibili lo sentono, lo capiscono, forse senza rendersene conto. Di fronte ad un mondo sempre più pieno di detriti, anche detriti culturali nonostante l’ossimoro, alcuni hanno azzerato il linguaggio.
In effetti non da oggi, ma possiamo pensare che Manzoni, Ryman, Paolini hanno abbassato i toni, hanno usato il bianco, o il nulla, hanno proposto l’opera come luogo dell’opera, prima dell’opera, un’opera che potrebbe nascere su quella tela bianca che l’autore decide di lasciare intonsa, aperta alle possibilità.
Perché questo degré zèro de l’écriture, come lo definì Roland, questo grado zero dell’opera, continua ad affascinare gli artisti? (E non conta se tanti fanno il contrario)
Il mondo si ribella all’invasione delle immagini. Con i cellulari e il digitale non abbiamo freni, tanto non costa niente. Cogito ergo sum, scatto e poi cancello, posso fare tutto ciò che voglio, ma non è vero, non lo si fa mai non si cancella. E così quando cerchiamo una immagine non la troviamo più, persa com’è dentro al mare magnum dell’imagerie, di quella comunicazione che è divenuta essa stessa oggetto e soggetto: tutto.
Per questo alcuni artisti più sensibili all’invasione, magari inconsapevolmente, si rifiutano di aggiungere immagine a immagine, pena alla pena, merce alla merce.
E tra questi Haris Epaminonda ci porge piatte tavole bianche, appena scandite da una sottile barra di ottone, come una luce; oppure volumi neri lucidi, tenuti assieme da una cerniera di ottone che le illumina.
Haris tiene la sua seconda mostra da noi, ve lo confermeranno le nostre mail. Un po’ me ne scuso, facciamo il contrario di quanto predichiamo. Bisognerebbe impedire la proliferazione delle mail (questo spam-spam, questo tam-tam moderno) e tornare ai segnali di fumo, oppure mandare mail vuote, senza testo, senza data, mail bianche per una mostra in bianco e rarefatta, proprio come le opere di Ian Wilson o di Tino Sehgal che non lasciano tracce, nemmeno le impronte digitali.
L’artista, ritta in piedi davanti alle montagne azzurrine che furono di Tiziano o Caspar David, non vede più distese che sfumano nell’infinito, vede invece navi portacontainer, bisarche cariche di automobili, pale eoliche, tralicci dell’alta tensione, motocross che rombano sulle colline una volta sognanti di cipressi…
Haris riparte dalla tabula rasa e prepara le opere per la Biennale di Venezia, per la mostra alla Gropius Bau di Berlino e da noi a Brescia: una trilogia del silenzio e della meraviglia fondata su un’attitudine non violenta, pensata per creare uno spazio mentale libero dalle ingombranti presenze quotidiane.
Vedere per credere. Vi aspettiamo.
Massimo Minini
Inaugurazione sabato 13 aprile, ore 18
GALLERIA MININI SRL
Via Apollonio 68
25128 Brescia, Italy
T. +39 030383034
Data e Ora
13/04/2019 / 18:00 - 21:00
Luogo
GALLERIA MININI