Enrico Baj è il protagonista dall’11 giugno al 9 ottobre 2016 di una mostra antologica dal taglio inedito allestita al Museo Archeologico Regionale di Aosta. L’esposizione è realizzata dall’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta – che anche quest’anno conferma il suo impegno nel sostenere la proposta culturale del territorio con un evento di grande richiamo – in collaborazione con Silvana Editoriale e il coordinamento generale di Raffaella Resch.
La curatrice Chiara Gatti, con il contributo di Roberta Cerini Baj, ha selezionato cinquanta opere tra le più significative del maestro: dipinti e collage, esemplari dalle serie dei “mobili” e degli “specchi”, dei “meccani”, dei “generali” e delle “modificazioni”; oltre a trenta piccoli personaggi “in meccano” che costituiscono il Teatro di Ubu (1985) e l’installazione monumentale dell’Apocalisse (1978-83).
La mostra è dedicata al tema dell’ultracorpo nell’opera di Enrico Baj a partire dal 1951 fino al 1985. Passando attraverso i diversi periodi produttivi essa ricostruisce le trasformazioni e i cambiamenti di questa particolare “figura” sempre al centro della ricerca dell’artista milanese.
Il titolo Enrico Baj. L’invasione degli ultracorpi – che cita la celebre pellicola diretta da Don Siegel nel 1956, tratta dal romanzo di fantascienza di Jack Finney – rimanda quindi a un elemento costante nel pensiero di Baj, fervido di soluzioni, sin dagli esordi della sua ricerca. L’ultracorpo è una creatura antropoide, un’invenzione frutto di una scienza cosmica ancora misteriosa, un’allegoria di una vita oltre la conoscenza, capace di spaziare da un microcosmo cellulare a un macrocosmo extra-terrestre.
Baj creò, da un magma primordiale, questa creatura mutante che prese anima e corpo nella sua riflessione, non solo come veicolo di amara ironia, motivo di un humour noir, ma anche come metafora di timori profondi, di paure inconsce: il rischio contingente di una guerra nucleare o, più in generale, la paura dell’ignoto, del cosmo infinito, di ciò che si nasconde nell’ombra, al di là dei confini dell’esistenza.
La mostra indaga quest’aspetto legato alla natura dell’uomo, alle sue pulsioni. Esplora e approfondisce l’attenzione di Baj per la germinazione di un “organismo” primigenio. Masse molecolari o corpi radianti sono “prefigurazioni” destinate a creare altri esseri più riconoscibili, per quanto deformi; come gli antesignani dei “generali”, gli stessi “mobili” animati da fogge e intarsi antropomorfi, fino a Ubu, protagonista della vocazione teatrale di Baj, anello di congiunzione con il Surrealismo di cui fu anticipatore Alfred Jarry con il suo Ubu re.
Di questa fervida attività artistica, teorica e intellettuale, la mostra intende rendere conto, attingendo ai più importanti nuclei di opere di Baj, ovvero quello della Fondazione Marconi di Milano, costituito dal gallerista Giorgio Marconi, costante riferimento del lavoro di Baj e dall’Archivio di Roberta Cerini Baj di Vergiate.
Molti i capolavori esposti, tra cui si ricordano: Quamisado II del 1951 (olio e smalto su tela), Piccolo bambino con i suoi giochi del 1952 (smalto su tela), Trillali-Trillalà del 1955 (olio e collage su tela), Personaggio urlante del 1964 (olio, collage, meccano e ovatta su stoffa), Ultracorpo in Svizzera del 1959 (olio e collage su tela).
Il percorso espositivo segue uno sviluppo cronologico scansito in alcune sezioni tematiche, accompagnate da un vasto corredo didattico e da contributi video-documentari. Partendo dalle opere del periodo nucleare, attraverso un ricco susseguirsi di dipinti, collage e sculture, il pubblico giunge al grande salone che ospita l’Apocalisse – collocata volutamente al termine – che lo avvolgerà in una vorticosa messa in scena. Questa grande installazione, composta da sagome e teli, è stata esposta per la prima volta a Milano allo Studio Marconi nel 1979 e nel corso del tempo, fino al 2000, Baj l’ha arricchita di nuovi elementi. L’opera è a composizione variabile, quindi è stata sempre allestita con differenti modalità, a seconda degli ambienti destinati ad accoglierla. L’ultima esposizione risale al 2008 nel Chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta.
Due sale con allestimenti specifici sono dedicate rispettivamente, la prima, a un’installazione con otto “meccani” che sfilano come in una parata e, la seconda, alle sculture per l’opera teatrale di Ubu re di Alfred Jarry del 1986, che testimoniano l’interesse di Baj per il teatro e la commedia dell’arte. Lo spettacolo messo in scena dal famoso regista e marionettista italiano Massimo Schuster nel 1984, fu rappresentato per oltre dieci anni in tutto il mondo.
Il catalogo pubblicato in italiano e francese da Silvana Editoriale conterrà le riproduzioni a colori di tutte le opere in mostra, i testi di Chiara Gatti, Luca Bochicchio, Angela Sanna e Daria Jorioz e una testimonianza di Roberta Cerini Baj. Grazie a una ricca antologia di testi, si documenterà l’attività di teorico, di giornalista, di scrittore di Baj, come pure il dialogo da lui intrattenuto con i maggiori intellettuali e artisti del Novecento, da André Breton ad Arturo Schwarz, da Italo Calvino e Dino Buzzati, a Umberto Eco e Jean Baudrillard, ad Octavio Paz a Edoardo Sanguineti, per fare solo qualche nome.
Biografia_Enrico Baj (1924-2003), nasce a Milano, frequenta l’Accademia di Brera e contemporaneamente consegue la laurea in legge. Nel 1951 fonda il Movimento Nucleare e partecipa ai movimenti d’avanguardia italiani e internazionali con mostre, pubblicazioni e manifesti, collaborando con Lucio Fontana, Piero Manzoni, Arman, Yves Klein, il gruppo Phases, Asger Jorn e gli artisti del gruppo CoBrA. A partire dagli anni Cinquanta è presente sulla scena internazionale e in particolare espone regolarmente a Parigi. Vi è una costante che dà significato e coerenza alla vita e al lavoro di questo artista: in oltre cinquant’anni di attività Baj non ha mai cessato di sperimentare e di rinnovarsi, sia nella scelta delle tematiche, sia delle tecniche pittoriche e incisorie. Tra queste preferito è il collage che, associato o no al colore, gli ha permesso di utilizzare ogni sorta di materiale in un continuo gioco combinatorio. Oltre alle stoffe e alle passamanerie, ai bottoni, ai pizzi, alle medaglie, entrano nelle sue opere vetri colorati, frammenti di specchio, impiallacciature e intarsi, parti di Meccano e di Lego, plastiche e celluloidi, pezzi di legno e oggetti di uso quotidiano. Oltre a questo aspetto ludico, costante è l’impegno di Baj contro la violenza e l’aggressività del potere. A partire dai quadri nucleari che rappresentano le paure dell’uomo dopo Hiroshima, attraverso le immagini dei “generali” e delle parate militari che denunciano l’arroganza del potere, Baj approda negli anni Settanta a tre grandi composizioni in cui maggiormente si concretizza il suo impegno : I funerali dell’anarchico Pinelli (1972) ; Nixon Parade o Watergate, (1974); Apocalisse (1978-2001), work in progress che mette in scena il degrado della contemporaneità e i mostri generati dal sonno della ragione. Per quanto feroce, la sua critica è sempre temperata dall’ironia che conferisce alle sue opere una certa leggerezza: Baj non dimentica mai la lezione di Rabelais e soprattutto di Jarry, creatore di Re Ubu, emblema della tronfia vacuità del potere. Enrico Baj è stato anche scrittore e critico: autore di libri, ha ideato e curato numerosi manifesti e collaborato a molti giornali e riviste.
Data e Ora
11/06/2016 / 09:00 - 19:00
Luogo
Museo Archeologico Regionale