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Il progetto di Federica Gonnelli e Salvatore Zacchino per gli spazi di Nuvole Arte si colloca nella tradizione di lavoro della galleria, da anni attenta ai giovani talenti e ai linguaggi della contemporaneità.
Quel che però rende interessante la soluzione proposta dai due artisti non è solo il percorso di ricerca a quattro mani. Altre mostre, infatti, hanno avuto origine dal dialogo tra due autori.
Il dialogo, in questo caso, è originato da un’esigenza radicale: il progetto nasce da una profonda frequentazione e dalla volontà di definire un territorio comune di lavoro. Inoltre, entrambi lavorano sul tema del luogo. Tema proprio della loro storia artistica.
Federica Gonnelli e Salvatore Zacchino hanno, infatti, prodotto numerose opere che si pongono come strumento di indagine usato per investigare sulla propria condizione e sull’essere in un certo spazio in un dato tempo.
Gonnelli privilegia le tracce legate alla memoria biografica, individuale e famigliare, mentre Zacchino preferisce interrogare il paesaggio per trarne le ragioni profonde, nascoste allo sguardo, con il fine di evidenziarne la struttura profonda Per entrambi, come esplicitato negli scritti che accompagnano il loro lavoro, si tratta di una riflessione che procede dalla psicogeografia di marca situazionista. Ritengo, però, che ci sia qualcosa in più e di diverso, rispetto a quella che è la mera lettura di un luogo da parte dell’artista che lo attraversa. C’è la denuncia del limite stesso nella conoscenza di un luogo, dell’impossibilità di possederlo definitivamente.
L’occasione dell’intervento per Nuvole arte, infatti, è stata colta dagli artisti come un momento di verifica e un’opportunità di evoluzione dei linguaggi scelti. Dunque: un tema interno alla propria storia e volontà di condivisione di strumenti e acquisizioni. Basterebbe questo a garantire il significato del progetto, ma c’è un ulteriore elemento, un fattore terzo, sottile eppure determinante, che è dato dallo spazio della galleria.
Descrivere luoghi in un luogo? È una sorta di sineddoche paradossale quella messa in opera dal loro progetto.
Gonnelli e Zacchino si confrontano e, per come si dispongono nell’ambiente della galleria, si affrontano, cercando non già di occupare un luogo, ma semmai di renderlo parlante. Parlante a nome di tutti i luoghi che fanno la grana sottile dell’esistenza degli artisti stessi.
Ciò però accade in uno spazio, quello della galleria, che è uno spazio neutro per definizione. Sia perché qualsiasi galleria è per tradizione tutta moderna, un cavo da riempire, un white cube indifferenziato e privo di connotazioni di vissuto, e sia perché, nello specifico di Nuvole Arte, l’attività svolta in questi anni è quella pensata per una sala vuota e immateriale, una pura espressione geometrica tridimensionale, nella quale collocare progetti site specific. Ecco dunque il corto circuito, dal quale trae energia il lavoro di Gonnelli e Zacchino: lo spazio muto, per proposte site specific, in questo caso diviene il testo, o meglio il palinsesto, nel quale iscrivere il catalogo infinito dei luoghi raccolti dagli artisti. È come se i due dichiarassero che per quest’occasione, questo luogo, la sala bianca e vuota della galleria è in realtà rappresentazione autentica del loro vissuto. E quanto più i luoghi sono caratterizzati da forme, immagini, tracce, memorie, tanto più lo spazio in cui precipitano è un chiarore iniziale e assoluto. Analogamente al bianco, somma dell’insieme dei colori della luce.
Il significato ultimo del progetto presentato potrebbe, dunque, starebbe nell’impossibilità di giungere a una descrizione esaustiva dei contenuti locali dell’esistenza, affermando, perciò con maggiore forza il valore della narrazione del vissuto, dell’atto dell’attraversamento. E della testimonianza in prima persona. Che è poi il significato più autentico dell’arte.

Domenico Maria Papa



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Data e Ora
18/03/2017 / 18:30 - 22:30

Luogo
Nuvole Arte Contemporanea