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Eva costola di Adamo… Ulay costola di Marina

Omaggio a Alexander Trocchi e al suo Young Adam (1954)

“…Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:“Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta “.Per questo l’uomo abbandonerà suo padre sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne… ”. (Genesi 2, 21-24)

“Il giorno del giudizio tutti saranno là, ma il giudice arriverà il giorno dopo”Franz Kafka 

Il giudice si accingeva a compiere l’ultimo atto che la legge gli imponeva, prima di concedere la separazione ai due giovani che sedevano di fronte a lui: doveva tentare un’ultima volta di far riconciliare i due.

  • Da quanti anni siete sposati? – chiese il giudice.
  • Sette anni, rispose Marina.
  • Come mai siete giunti alla conclusione di separarvi?

Rispose immediatamente Ulay:

  • Perché la nostra è diventata – più che di performance – una vita d’inferno, anzi un happening terribile. Non riusciamo a vivere più di un giorno senza litigare.
  • Non cèrto per colpa mia! – intervenne seccata Marina.
  • Non solo per colpa tua, ma anche per colpa della tua famiglia.
  • Prima di nominare la mia famiglia, lavati la bocca che non sei degno di nominarla.
  • Signori! Per favore, signori non trascendiamo. Avete la possibilità di esporre le vostre ragioni, purché lo facciate con calma ed usando un linguaggio degno del luogo in cui ci troviamo. Cominciamo da lei Ulay. Perché ha accennato alla famiglia della signora?
  • Perché è colpa di mia suocera se siamo arrivati a questo punto. Ora mi spiego. Ho sposato Marina perché l’amavo ed in principio ero felice di come andavano le cose. In verità già dai primi mesi di matrimonio si manifestarono i sintomi di mammismo da parte di mia moglie, ma io ero troppo felice per rendermene conto.
  • E in che consistevano questi sintomi? Un momento signora – disse il giudice rivolto a Marina – lasci terminare il racconto e, poi, avrà tutto il tempo che desidera per replicare. Prego, continui Ulay.
  • Vede signor giudice, iniziò con delle sciocchezze. Le faccio un esempio: a me piaceva il pollo al forno, ma mia moglie lo cucinava sempre in umido; le chiesi il perché e lei mi rispose che la mamma le aveva detto che, cotto in quel modo, risultava più gustoso. Certo questa è una piccola cosa, ma indicativa di una certa mentalità.

E che dire delle continue telefonate tra loro quando nacque la prima performance e girarono il primo film insieme? Se c’era un problema, e trattandosi del primo video ogni cosa era un problema,se il Gallerista Olandese le chiedeva di accompagnarla da qualche parte era lesta a chiamare una vicina per affidarle le vendite e soffermarsi a fare l’happy hour col mercante di turno. La cosa che fece precipitare la situazione si verificò dopo i primi anni di vita coniugale e si è ripetuta regolarmente.

  • Posso rispondere, signor giudice? – chiese impaziente Marina.
  • Un attimo di pazienza, signora; signor  Ulay la prego di concludere e di evitare di grattarsi il sedere!
  • E’ presto detto, signor giudice. Come tutte le normali coppie, si bisticciava. Ogni volta che litigavamo,il mio Gallerista mi chiamava al telefono dandomi consigli e rimproverandomi per cose che poteva sapere solo se riferite da mia moglie. Questo non riuscii proprio ad accettarlo; io avevo sposato una donna e mi trovavo a dover combattere con due Galleristi e due Mercanti.

Queste parole fecero tornare alla mente al giudice i suoi primi anni di matrimonio. Ricordò le discussioni tra lui e la moglie e si domandò cosa sarebbe accaduto se sua suocera non fosse morta durante il suo terzo anno di matrimonio. Abbandonò questi pensieri ed invitò Marina a parlare:

  • Signor giudice, non si faccia incantare da mio marito. Odia il mio Gallerista e, per questo, esagera nell’esporre i fatti. Non capisco cosa ci sia di male a raccontare i propri guai alla Galleria; lei mi vuole bene e quindi può darmi consigli giusti e imbastire meglio il mito di Attraversare i Muri.
  • Ma non vuole certo bene a me – interruppe Ulay – e da sempre ragione a te, anche se hai torto, perché io per lei sono un estraneo. Poi, scusa, tra marito e moglie c’è sempre un mezzo per rappacificarsi e perdonarsi; quando interviene un mercante, che usa la logica e soprattutto il denaro e non il sentimento, le cose si esasperano, come accade quando interviene quella strega della tua Gallerista.
  • Strega lo dirai a tua madre e poi, visto che io non ti ho interrotto, ti prego di fare altrettanto . Esigo rispetto!
  • Ha ragione signora, la colpa è mia che non sono intervenuto. La prego continui, non verrà più interrotta.
  • Grazie. Il vero problema non è la mia Gallerista, ma la Madre della Mia Gallerista,  e forse anche  sua suocera. Se assecondassi mio… Ulay, insomma, me le ritroverei sempre tra i piedi. E si limitasse solo a questo! No, invece, deve sempre dire la sua.

Con quel suo sorrisetto di commiserazione non fa che ripetere: “Io al mio  Ulay cucinavo questo o quello, non certo queste cosine semplici. Ma, si sa, le performer di oggi non hanno voglia di cucinare. Io le camice le stiravo così, ma certo occorre più tempo. Se sto facendo il bucato non perde occasione per ricordare che lei i colli ed i polsini li lavava a mano, perché la lavatrice non lava bene. Non c’è cosa che io faccia che lei non farebbe, o ha già fatto, meglio. Poi  Ulay si inquieta perché evito il più possibile mia suocera e anche la suocera della mia e della sua  Gallerista.

A questo punto il giudice ritenne di dover presentare la sua proposta.

  • Miei cari signori, ho ascoltato con attenzione le vostre lamentele ed è emersa una cosa semplice: non avete mai parlato di incomprensioni tra voi, di incompatibilità di carattere, di vizi particolari di uno dei due.

Da quanto esposto da voi, sembra, che l’unico problema esistente scaturisca dalla presenza, nel vostro matrimonio, dei rispettivi galleristi e mercanti; potrei, paradossalmente, pensare che se voi foste performer orfani sareste una coppia felice! Voglio presentarvi una proposta: oggi non emetterò alcuna sentenza e fisserò la prossima, e decisiva, udienza fra un mese, nello stesso periodo di Art Basel. Nel frattempo, vi consiglio di non incontrare, né sentire telefonicamente, i vostri genitori, i vostri parenti, i vostri collezionisti e i vostri Galleristi. Vivete come se al mondo esisteste solo voi due e la performance. Se, e sono sicuro che ciò avverrà, al termine di questo mese avrete ritrovato il vostro equilibrio saprete cosa fare per difenderlo. In caso contrario vi concederò immediatamente la separazione. La seduta è tolta. Buon giorno!

Marina e Ulay si avviarono verso l’uscita, ognuno pensando a come attuare il consiglio del giudice senza offendere la rispettiva Galleria!

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