Artisti di diverse generazioni si confrontano con opere forti ma, al contempo, fragilissime ideate investigando il tema dell’erosione da vari punti di vista e tramite l’impiego di differenti tecniche artistiche. Lavori nati per la doppia mostra organizzata presso la galleria SBA – Sporting Beach Art di Ostia Lido: “EROSIONI” di Oreste Casalini, a cura di Paola Pallotta, e “Quel che rimane”, collettiva di esordienti donne a cura di Fabrizio Pizzuto.
Nell’inedito contesto della spiaggia del litorale romano lo spazio espositivo SBA – Sporting Beach Art propone, fin dal 2016, personali e collettive con l’intento di ampliare lo sguardo sull’orizzonte. Esemplare di tale obiettivo è stata la performance collettiva Terzo Paradiso/Sulla sabbia di Ostia di Michelangelo Pistoletto eseguita lo scorso 27 marzo insieme agli studenti di alcuni istituti scolastici di Ostia e del Dipartimento di Ingegneria del Mare dell’Università Roma Tre.
Visibili fino al 5 Maggio, le esposizioni prendono spunto dal fenomeno fisico dell’erosione espandendosi in tutti gli ambienti, interni ed esterni, della location.
Oreste Casalini, grazie alla residenza invernale effettuata presso l’atelier d’artista messo a disposizione dalla galleria, ha ritrovato gli elementi archetipi del suo “Io” nella sabbia scura ed antica di Ostia. Egli, da sempre attratto dagli ambienti marini in quanto natio di Mergellina (NA), ha avuto una sorta di rivelazione mistica di fronte a questo lido, colmo di rimandi alle origini della civiltà greco-romana, ispirandolo nella produzione dei quattro gruppi di lavori che invadono il giardino e parte della spiaggia di SBA – Sporting Beach Art. Gli Eroi (figure di sabbia erose poste sulla spiaggia davanti all’orizzonte), le Pozzanghere (pannelli di sabbia la cui protagonista è l’acqua su cui si riflette il cielo), i Sopravvisuti (serie di sculture in sabbia e legno che ricordano figure classiche erose dall’intemperie, tra cui anche le due sagome figurative che galleggiano nella piscina e che alludono ai calchi delle vittime di Pompei) e le Ricostruzioni (due grandi colonne rappresentatrici del momento successivo alla catastrofe, del cosa fare dopo la distruzione, recuperando il passato per tradurlo in presente). Sculture imponenti che, incarnando molteplici stati psichici e materiali cui l’essere umano è esposto, s’innalzano verso l’infinito cercando una possibilità di riscatto nella bellezza e nel suo opposto. Tutto ciò, unito all’uso di materiali poveri, naturali e soggetti al disfacimento, denota la poetica alla base del fare artistico di Casalini “nulla si crea e tutto si distrugge” lasciando, così, che le opere continuino il loro corso segnato dal tempo.
Affiancano queste maestose sculture i lavori di cinque giovani artiste donne laureande presso il RUFA – Rome University of Art di Roma. Collegandosi al discorso iniziato da Oreste, le esordienti hanno sviluppato il concetto dell’erosione declinandolo, secondo la propria sensibilità e affinità tecnica, nei diversi campi della vita: dal corpo alla percezione di sé, dai sentimenti e ricordi dell’infanzia all’impossibilità di interrompere o almeno bloccare il tempo che scorre fino ad imprimere la percezione della corrosione attraverso la materia stessa. Ludovica Baldini con Blooming ci mostra, attraverso una serie di fotografie montate in loop, l’incedere del tempo attraverso l’appassimento di un mazzo di fiori: un racconto da cui trapela la traccia del vissuto soggettivo che, nonostante i nostri sforzi, non esita a fuggir via. Con Materia Valentina Marino si confronta direttamente con la “matericità dell’effimero” grazie all’esecuzione di una serie di stampe che rendono visibile ciò che man mano diviene invisibile: la traccia impressa dalla matrice bronzea risulterà sempre più nera e mai più sarà possibile tornare al candido primo imprinting. Mentre But Greatest of All is Love di Ellen Wolf pone l’osservatore di fronte ai cari ricordi, ai giochi abbandonati per diventare adulti. Con un velo di malinconica, espresso con disegni a gessetto e vecchie bambole, Ellen ci mostra che “l’amore” essendo al di sopra di ogni funesto evento terreno “contrasta con la transitorietà e la distruzione”. L’intervento di Sara Zanin ha, invece, il silenzio come protagonista col fine di invitare il fruitore a riflettere sulle attuali problematiche dei disturbi alimentari. Dall’interno di una cabina una voce racconta una storia e ci impone, per ascoltarla, di sederci davanti ad uno specchio mettendoci di fronte a noi stessi e alle nostre fragilità, mentre sulla sabbia lunghe ed esili sculture nere raffigurano l’ossessione del “thigh gap”. Qui, lo spazio vuoto del corpo diventa un modo per comunicare con l’esterno: una distorsione percettiva in cui “l’erosione dello spazio è la creazione di una nuova immagine di sé”. Infine, nei pressi della riva la libica Hamida Sager racconta la guerra dal punto di vista di chi l’ha vissuta con Fattori che influenzano il corpo del migrante. Sulla spiaggia Hamida ha installato un memento mori, sinonimo dell’ultima vittima di conflitti esasperanti passati e futuri nonché allegoria delle migrazioni di interi popoli verso una “possibile” libertà, una vita migliore, un sogno che, tuttavia, spesso s’infrange.
“EROSIONI” di Oreste Casalini
a cura di Paola Pallotta
“Quel che rimane” artiste del RUFA
a cura di Fabrizio Pizzuto
Dal 14 aprile al 5 maggio 2019
Sporting Beach Art
Lungomare Amerigo Vespucci, 6 – 00122 Ostia
orario: lun-ven 10:00-16:00; sab-dom 11:00-18:00
ingresso libero
tel: +39 3402265769
sito: www.sportingbeacharte-sba.jimdo.com
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