Un dubbio radicato, che resiste a tutte le rassicurazioni, è quello insinuato da Eppur si muove, mostra al Torrione Passari di Molfetta (Ba), a cura di Michela Casavola e Giacomo Zaza.
Prendendo spunto dalla celebre frase attribuita al Galileo fermamente persuaso della fondatezza scientifica delle sue teorie, la collettiva si rifà al titolo dell’intervento di Luca Vitone (artista in mostra), rendendolo paradigma emblematico di una metodologia del fare.
Il dubbio, critico o scettico, sulle modalità di conoscenza del reale, nonché sulla questione ontologica – del reale stesso – diventa modus operandi, ma soprattutto pratica di avvicinamento tra l’Io e l’Altro, nella piena consapevolezza dell’inevitabilità della relazione, giacché viviamo un “inter-mondo”, nel quale l’intersoggettivo è – per dirla con Husserl – la “vera soggettività trascendentale”.
Le logiche di sistema sono sviscerate da Vitone stesso e da Regina José Galindo: entrambi alludono ad un hic et nunc culturalmente forte che si “scontra” con una cultura marginale o marginalizzata, un “lì e allora” a cui l’artista si sente vicino e in nome del quale si muove a tutela. Se Vitone figura un viaggio ideale di ritorno dall’Italia all’India della popolazione rom, la Galindo denuncia i traumi e gli abusi della popolazione guatemalteca, evocandone con il proprio corpo le ansie e le angosce. Compie un analisi sull’insicurezza sociale di Cuba, suo Paese d’origine, anche Làzaro Saavedra, che con humor, analizza il contesto socio-politico, mostrando come le inquietudini umane si intreccino prepotentemente alle disillusioni degli ideali rivoluzionari.
E il “movimento” del viaggio – o esplicitamente “dell’altrove” – si prospetta anche nei lavori di Liudmila & Nelson, che contaminano e plasmano la realtà, dislocandola in altri territori, trasformandola in una sorta di “costruzione fantastica”; le loro immagini danno vita a luoghi quasi onirici o irreali, non perfettamente contestualizzabili spazialmente, né temporalmente.