Appena conclusa la 76a Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, la città non fa il pieno d’aria che il 7 settembre ha preso il via the Venice Glass Week, un festival internazionale dedicato a celebrare, supportare e promuovere l’arte del vetro, l’attività artistica e economica per la quale Venezia è conosciuta nel mondo. Dato l’incredibile successo delle edizioni precedenti, l’evento di quest’anno ambisce a essere ancora più interessante e d’impatto.
Tra gli oltre 180 eventi ospitanti in più di 150 spazi tra Venezia e Murano, ma anche Mestre, numeri indicatori del rinnovato e crescente interesse nei confronti del vetro artistico, è quasi impossibile destreggiarsi tra le strette calli di Venezia, ma l’occasione è irresistibile.
Sito nel quartiere di Cannaregio, uno dei gioielli affacciati sul Canal Grande tra la Ca’ d’Oro e il Ponte di Rialto è Palazzo Morosini Sagredo, oggi sede di un hotel di lusso a 5* stelle, che, seppur contestato per essere stato “sorretto” dalle mani di Lorenzo Quinn, resta un punto di fusione della cultura a Venezia, poiché la sala da ballo e il salone riccamente affrescati da artisti del calibro di Sebastiano Ricci, Giambattista Tiepolo, Nicolò Bambini e Pietro Longhi riecheggiano in modo epico eventi del passato, fondendosi con le arti contemporanee.
Proprio nel salone della Musica della dimora nobiliare, a porte chiuse, si è tenuta la performance Empty_Glass, un convivio dal sapore internazionale ideato dal collettivo Jeschkelanger e dallo chef Hayk Seirig.
Jeschkelanger è un duo di artisti con base a Berlino fondato da Anja Langer e Marie Jeschke nel 2006. Il loro progetto artistico consiste nella pratica di trasformazione di vetri domestici in oggetti fruibili come tavoli, finestre e porte che diventano zone d’incontro e contatto tra i partecipanti alle loro performance. Contatti che rivelano i potenziali inquietanti e seducenti della co-creazione. Tra l’incontro di questi oggetti e l’architettura che li ospita nasce il progetto Empty_glass.
Per l’occasione Hayk Seirig, rinomato chef presso il ristorante Katerschmaus di Berlino, ha ideato un menù ricercato ispirandosi ai paesi di origine di ciascuno degli invitati, che sono i protagonisti attivi e altrettanto inconsci della creazione di un’opera d’arte.
L’atmosfera apparentemente pretenziosa che si aspetta è risolta in modo assolutamente informale: semplici tappetini su cui sedersi, carta igienica usata sia come segnaposto che come tovaglioli, tavoli minimal di legno e vetro, ideati dagli artisti e realizzati dagli artigiani di Venezia e nessuna posata.
L’invito è sporcarsi, assaporare l’arte coi sensi senza intermediari e filtri, ma non per questo priva di spessore e qualità, un’arte volta a conoscere, condividere e partecipare.
Ogni ospite infatti, per quanto silenzioso possa essere, in questa occasione è ben visibile attraverso la sua posizione riflessa e i gesti che inesorabilmente lascia sulla superficie del vetro, in quanto, a sorpresa, le portate sono servite direttamente sulle lastre di vetro di Murano, creando una stratificazione unica di colori e sapori, una manifestazione di nuove narrazioni.
Uova, spuma di latte per bambini, zuppa di anguria, olive condite e fave hanno creato l’humus su cui aggiungere ricette e ingredienti sempre più complessi e elaborati, la cui casuale fusione crea delle portate d’eccezione volte a esplorare i sapori originari, che parlano di singole culture, che si mescolano e danno vita a qualcosa di assolutamente rivoluzionario.
Una volta conclusa la performance, il tavolo si scompone e le lastre di vetro diventano tele, che danno vita a dipinti dagli sfondi accesi, dove i soggetti sono i resti di cibo e le ditate che ogni commensale ha lasciato.
Il pranzo è stata l’occasione per conoscere tradizioni e gusti diversi che si fondono in un unico lavoro corale in cui arte e cibo si incontrano, diventando promotori di una visione che vuole superare le barriere politiche e culturali che la società odierna impone.
L’evento non è stato che l’antipasto della mostra Anecdotes on Origin in corso presso la Galleria A plus A, risultato di un lungo lavoro di studio svolto dai curatori della School for Curatorial Studies Venice, che comprenderà lavori di Lea Cetera, Beth Collar, Jeschkelanger, Ella Littwitz, Arash Nassiri.
Anecdotes on Origin esplora un concetto permeabile come quello di origine, genesi di attività gnoseologiche e fonte di dubbi antropologici. La mostra, infatti, rintraccia nell’erosione di diversi concetti sovrani di origine delle prospettive diverse, che corrompono la predeterminazione dettata dal tempo e dalla storia.
Immagini per gentile concessione di: Galleria A plus A
Galleria A plus A
San Marco 3073, 30124 – Venezia
Fino al 16 novembre 2019