Che la semplice conservazione, classificazione ed esposizione delle opere acquisite non sia mai stata, neppure ai suoi esordi, la sola ragion d’essere dell’istituzione museale, è un asserto che tutti oggi condividono e nessuno esperto del settore si sentirebbe mai di mettere in dubbio. Una verità arcinota e continuamente ribadita che però rischia di trasformarsi in un vuoto luogo comune se anche al destinatario finale dei servizi offerti, sia esso un semplice visitatore o un assiduo frequentatore, non viene data la possibilità di valutare fattivamente il vantaggio che egli riceve dall’intero gioco delle funzioni in questione percepito nel contesto della crescita culturale del proprio territorio di riferimento. Una necessità questa di cui i responsabili della sezione Architettura del MAXXI hanno sentito il bisogno di cominciare ad occuparsi concretamente, in maniera autonoma e giocando, in qualche modo, d’anticipo, probabilmente in quanto sollecitati proprio dalla natura sensorialmente meno dirompente e logisticamente più costrittiva del deposito di documenti e materiali loro affidati.
L’esperimento ideato per trasformare l’esigenza di cui si è detto in una pratica che col tempo dovrà divenire tanto più evidentemente soddisfatta quanto più attesa dall’utenza, non poteva essere più centrata (e ad un tempo meno dottrinale) di quella ideata come avvio: una mostra sul rapporto tra Disegno e Progetto valida comunque in generale ma incentrata su un campione particolarmente stimolante di Architetti i cui materiali costituiscono parte integrante del patrimonio del Museo. Gli autori i cui disegni sono appesi alle pareti o presentati in apposite teche sono: Alessandro Anselmi, Alberto Campo Baeza, Costantino Dardi, Giancarlo De Carlo, Vittorio De Feo, Pier Luigi Eroli, Yona Friedman, Aimaro Isola, Giovanni Michelucci, Dario Passi, Luigi Pellegrin, Marco Petreschi, Franz Prati, Franco Purini, Aldo Rossi, Umberto Riva, Maurizio Sacripanti, Carlo Scarpa, Alvaro Siza, Francesco Venezia e Lauretta Vinciarelli ma, come avvertono gli stessi curatori, avrebbero potuto essere anche altri se la campionatura prescelta avesse consentito altrettante significative focalizzazioni da cui partire per cominciare a costruire una trama di rapporti sia logici che di poetica vivificata da un egual numero di conferme e sorprese. Inutile dire che a chi sia, in un modo o nell’altro, del mestiere, le mani, gli occhi e la mente cominciano subito a scaldarsi e disporsi all’azione indagatrice, il tema essendo di assoluta pertinenza e pregnanza anche sul piano delle possibili obiezioni e distinzioni di cui necessita. Quello che invece non è subito altrettanto chiaro nell’enunciazione, ma lo diviene ben presto nei fatti è la pertinenza del luogo prescelto per la mostra : La Sala Studio del Centro Archivi del Museo.
Il timore di doversi calare per l’ennesima volta entro un “cuore del museo” tale soltanto per il personale interno all’istituzione svanisce subito, la discesa è in realtà agevole ed ospita uno schermo che diffonde con discrezione le voci dei migliori protagonisti dell’architettura degli anni ‘50, intenti ad enunciare aforismi e pensieri che ricordano una partitura musicale, la sala ampia e luminosa e le opere disposte sulle pareti a far da corona ad un grande tavolo centrale dove vicino ad ogni postazione è presente uno dei possibili volumi in cui cercare conferma alle proprie intuizioni, scoperte o divagazioni.
Articolo pubblicato sul n.267 di Segno
Disegno Ergo Progetto. Idee e Forme intorno all’Architettura
mostra chiusa il 6 maggio 2018
MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
Via Guido Reni 4A – 00196 Roma