Martedì 5 novembre si è inaugurata all’Hangar Bicocca la mostra Islands che propone per la prima volta in Italia 100 opere di Dieter Roth (Hannover, 1930 – Basilea, 1998), figura di riferimento della scena internazionale degli ultimi cinquant’anni, allestita con la collaborazione del figlio Björn, che dagli anni 80 ha lavorato insieme al padre.
Lo spazio è suggestivo, grande, imponente, buio, un ex spazio industriale, un progetto espositivo curato da Vicente Todolí e reso unico dalla presenza di grandi installazioni in sintonia con le caratteristiche di questo spazio. Il percorso è pensato in stretta relazione con l’installazione The Visitors di Ragnar Kjartansson, fruibile fino al 17 novembre 2013. Le due mostre dialogano, condividono temi ed emozioni, il concetto di opera d’arte totale in continuo mutamento è presente in entrambe. Ma, mentre la prima è raccolta e intima, il mondo di Dieter Roth irrompe da dietro una tenda e sorprende in tutta la sua complessità. Onirico e visionario, caotico e confuso, un universo variopinto e seducente, un catalogo di oggetti e situazioni, di suoni, profumi e colori. Un ordinato caos mentale e creativo, un flusso di idee e di quotidiano dove si mescola la vita e l’arte e dove non esiste nessun confine tra essi. Un lavoro creativo e di ricerca che non si è interrotto con la scomparsa dell’artista ma che il figlio Björn e ora i nipoti Einar e Oddur proseguono, testimonianza di un’arte intesa come esperienza di vita e di una ricerca senza confini.
Il percorso è suddiviso in “isole tematiche” che raccontano e raccolgono l’universo creativo e multidisciplinare dell’artista. Ricercatore insaziabile Dieter Roth ha esplorato tecniche e tipologie dell’arte realizzando opere in cui si incontrano pittura, scultura, editoria, fotografia e video. Il cibo è per Roth materiale artistico al pari della pittura: cioccolato, zucchero e spezie sono utilizzati nella creazione di istallazioni, si trovano così le torri di busti/autoritratto realizzate con cioccolato e alte 5 metri (in collaborazione con Novi) e quella di sculture di zucchero. All’Economy Bar, che apre la mostra, 60 mq d’installazione ambientale in cui tra video, disegni e strumenti musicali, è possibile sedersi al bancone e ordinare qualcosa da bere, a ulteriore riprova del fatto che non c’è separazione tra arte e vita. La poetica del quotidiano e del racconto biografico si ritrovano nel video-diario Solo Scenes del suo ultimo anno di vita (1997-1998), raccontato in 131 monitor e nell’opera fotografica Reykjavik Slides composta da un numero impressionante di diapositive che documenta gli edifici e le stagioni della capitale d’Islanda. Ci sono le stampe, una serie di 60 raffigurazioni di Piccadilly Circus, nate a partire da una collezione di cartoline della moglie, le opere grafiche e quelle pittoriche, le stratificazioni e l’accumulo di materiali ed oggetti di ogni genere (Large Table Ruin). L’archiviazione e le catalogazioni metodiche (Flacher Abfall), le decontestualizzazioni (The floor I e II) e le ricostruzioni dei luoghi che sono stati gli studi dove Roth ha lavorato e, tanto tantissimo altro ancora…
HangarBicocca – Via Chiese 2, Milano
6 novembre 2013 – 9 febbraio 2014