Percorrere la Puglia in macchina da nord a sud sul versante adriatico, continuando sulla costa, mentre l’A14 da Bari devia verso Taranto, è un viaggio lineare fatto di segmenti orizzontali dei tetti piatti di masserie tradizionali e bianche palazzine di nuova costruzione. Una tipologia architettonica coerente nel tempo che diventa racconto dei luoghi in un linguaggio morse stampigliato tra l’azzurro del cielo e del mare e il rosso della terra. Colori che permangono anche in inverno, mentre ci dirigiamo verso la nostra destinazione finale, che è Gagliano-Leuca, l’ultima stazione della punta sud-est dell’Italia a Gagliano del Capo. Da lì i treni svoltano ad U per risalire il tacco dell’Italia verso Gallipoli e lo Ionio. Ancora una volta abbiamo come scusa l’arte per visitare questa regione, per me la più bella d’Italia.
Finalmente a Gagliano del Capo andiamo dritti in stazione, a Lastation, dove Paolo Mele ci invita a salire al secondo piano della palazzina, fino a qualche decennio fa, dimora del casellante, che dal 2015 accoglie le attività dI Ramdom. L’associazione Ramdom, fondata da Mele insieme all’artista Luca Coclite, opera in diversi risvolti del campo artistico dal 2011, muovendosi dalla bassa Puglia per connettere realtà e singoli, nazionali e internazionali, con attività legate alla formazione, quali workshop, masterclass, residenze e mostre. Per progetti più propriamente formativi, come cicli di residenze d’artista, nonché per la produzione di nuove opere e festival, realizzati spesso in sinergia con altre importanti realtà locali dedicate al contemporaneo, Ramdom riesce a collaborare con istituzioni pubbliche territoriali e nazionali come il MiBACT ed avere il supporto di importanti iniziative, come Sillumina, il bando Siae che nel 2017 ha avuto un peso decisivo sulla programmazione dell’associazione.
Lastation ospita ora e fino al termine di gennaio la mostra Sino alla fine del mare apertasi il 21 dicembre 2017. Nei sei mesi precedenti era stata fucina dei residenti Simona Di Meo, Roberto Memoli, Nuvola Ravera, Jacopo Rinaldi. La mostra sintetizza l’“Indagine sulle Terre Estreme” degli artisti under 35 veicolata da Ramdom e sviscerata con l’ausilio di tutor, curatori e professionisti ospitati durante lo scorso anno; tra questi Michela Lupieri, Elena Mazzi, Claudio Zecchi. Il risultato è coerente all’interno della stazione come in altri luoghi di Gagliano del Capo dove sono intervenuti gli artisti. Sino alla fine del mare è sottesa da una poeticità di fondo che sembra attutire le contraddizioni e le problematicità che questo territorio si porta dietro come regione del Sud Italia. Ma è proprio la frizione tra il fascino vigoroso del suo paesaggio e le contingenze sociali, economiche, antropologiche e politiche, che hanno generato le opere dei giovani artisti. La combustione di un tronco nel video Verderame di Roberto Memoli, cattura per la bellezza formale di un’inconsueta e muta fiamma verde. L’audio, separato dalle immagini, ha declamato la sua potenza in un’istallazione sonora serale di fronte al palazzo comunale, tenutasi il giorno del solstizio d’inverno, per connettersi alla rigenerazione dei cicli della natura delle antiche “focare”. Privato dell’immagine l’audio diventa un urlo allusivo all’impossibilità di rinascita degli ulivi pugliesi a causa della xylella, spesso trattata con rimedi inefficaci, tra cui il verderame. Il varco al secondo piano di Lastation è impedito da una fitta teoria sospesa di cartoline del Salento, posizionate da Nuvola Ravera tra i due stipiti dell’ingresso: la promessa di un tempo di piacere e la sua negazione vengono così a conflagrare, come nelle altre opere che compongono Le storie dell’azzurro. Pratiche sulla soglia per malattie immaginarie, il suo intervento per Gagliano del Capo. Tra queste, i manifesti mortuari con la parola “fine” che diventa una finestra aperta a paesaggi idilliaci, collocati in contesti “interrotti” urbani e extraurbani. Jacopo Rinaldi istalla Intervallo su un trenino funzionante che serve i versanti Est-Ovest della linea ferroviaria di Gagliano-Leuca. Si tratta di tende stampate con dei fermi immagine di un cinegiornale del 1935, nei quali l’Eritrea viene ripresa dai finestrini di una Littorina Fiat. Le immagini sono 16, il numero minimo per restituire l’impressione aptica al pubblico-viaggiatore. All’interno di Lastation i “negativi dell’opera” (Paolo Mele), cioè le tendine rimosse dell’automotrice, sono appese nel perimetro dello spazio espositivo, creando un’affascinante oggetto scultoreo denso di rimandi al viaggio, in dialogo con le opere degli altri artisti in mostra. Anche Simona Di Meo opta per una forma scultorea all’interno di Lastation per i manifesti “solidificati” di Crossing the border is an intimate act?, Gli stessi, stampati su carta, vengono affissi sui muri della città, creando una sorta di pubblico diario che antepone il racconto del singolo alle narrazioni ufficiali. I manifesti, dispositivi pubblici per eccellenza, tracciano qui racconti intimi di comunità di confine che vivono nelle aree di convergenza tra l’Italia, la Grecia e l’Albania.
Sul tumbler tenuto dagli artisti come diario di bordo del loro periodo di residenza, scopriamo cose che solitamente non emergono dalla restituzione in mostre o performance finali: l’interrogarsi sul vivere insieme, il timore del fallimento e, di nuovo, la fascinazione verso questo paesaggio, che resta mozzafiato anche d’inverno, anche dove è stato martoriato.
Tramite il bando Sillumina-SIAE e il supporto del MiBACT, Ramdom nel 2017 ha prodotto Hall, un’opera di Luca Coclite che egli stesso definisce “video-saggio”. Si tratta di un’istallazione video sull’ex colonia fascista Regina Pacis di San Foca, venuta alle cronache perché trasformata in CPT per migranti e con la volontà recente di rifarle il trucco come lussuoso hotel vista mare. Tramite una voce narrante, Coclite delinea la storia dell’edificio senza scontare le responsabilità di chi, immemore, ha deciso nel tempo la destinazione della struttura e la sua gestione interna. Intervistando alcuni protagonisti diretti delle vicende del Regina Pacis, come colonia e come centro di permanenza temporanea, Coclite rintraccia episodi di violenza comune perpetrati nell’edificio. Inoltre evidenzia una destinazione educativa e di controllo, tanto nelle prime due, come nella terza fase, ancora in essere, come elegante resort, dove flussi di turisti saranno incanalati verso una vacanza compulsiva e regimentata “Luoghi immobili, svuotati, rinnovabili ogni 15 d’agosto” (Luca Coclite). Mixando materiale d’archivio e nuovi girati, Coclite amplifica la portata del suo testo di denuncia con immagini di una forte valenza pittorica, che se fossero isolate evocherebbero un passato distante e inoffensivo, ma che qui restano saldamente legate al commento sonoro. Hall si chiude con un’azione performativa di Coclide, ripresa da un drone: lo srotolamento di un tappeto reale dalla Regina Pacis, verso il mare, a rinnovare la supposta la natura dell’edificio come centro di accoglienza. Avevamo fatto tappa a San Foca prima di arrivare a Gagliano e qui avevamo raccolto i commenti sarcastici dei residenti su questa nuova manovra speculativa; eppure le ansie e le preoccupazioni erano incentrate soprattutto sul presidio militare della zona per sorvegliare lo stato dei lavori della TAP, il gasdotto che il governo intende realizzare a Melendugno. L’opera di Coclite s’inserisce e fa leva sulle contraddizioni insite in certe decisioni economico-politiche di cui fanno le spese il presente e il suo ambiente.
Nei giorni trascorsi tra Gagliano del Capo e Santa Maria di Leuca abbiamo visitato altri luoghi: centri cittadini svuotati d’inverno, scogliere, grotte, lembi di mare aperto che sono stati ambientazioni di performance o generatori di nuove narrazioni per gli artisti invitati da Ramdom nel tempo. Abbiamo confrontato la nostra visione con la loro capacità di costruire mondi. Raccontati dall’ospite straniero questi riprendono vita; le aree residuali si animano. Chi si sarebbe altrimenti avventurato lungo una strada buia e sterrata dietro la stazione di Gagliano-Leuca per andare ad ascoltare il suono delle canne al vento, come nell’intervento Sonàrie. Giardino d’attesa (2017) di Antonio De Luca?
Lucia Giardino
Hall di Luca Coclite e Sino alla fine del mare sono visitabili su prenotazione fino al 21 gennaio
Sonàrie. Giardino d’Attesa di Antonio de Luca, via della Libertà e Luminaria di Carlos Casas, Piazzale Stazione, sono opere permanenti
Lastation, Piazzale Stazione 2, Gagliano del Capo (LE) Italia tel. +39 366 3199532
Info: www.ramdom.net; www.lastation.it