Oggetti curiosi, artefatti insoliti che fungono da documenti-testimoni di episodi storici e vite di uomini che hanno una storia da raccontare, i lavori di Peter Friedl esposti nella galleria Guido Costa Projects di Torino sono una continua epifania di fatti consegnati alla storia e spesso dimenticati. Con la capacità di risolvere questioni di significato storico-politico attraverso escamotage di carattere estetico, la mostra di Friedl -dal titolo Dénouement (letteralmente “scioglimento”)- ci racconta delle storie partendo dal momento risolutivo tipico di un’opera teatrale tragica o comica. Rehousing è un lavoro che affronta l’architettura di abitazioni di personaggi e architetti legati per varie ragioni alla casa in questione, dove l’ambiente abitativo funge da dettaglio significativo di vicende storiche. Su quattro piedistalli l’artista ha posto il modello della “Villa tropicale” di Luigi Piccinato, prototipo della casa coloniale mai realizzata e documentata nella rivista Domus del1936; della residenza privata di Ho Chi Min della città di Hanoi come esempio di architettura politica; il modello di una capanna per schiavi in Louisiana; la casa paterna in Alta Austria come memoria autobiografica. Con l’idea di raccontare particolari momenti storici Friedl spiazza l’osservatore attraverso delle opere che tracciano mappe storiche fatte di simboli apparentemente insignificanti, fino a introdurre la propria intimità. Come in una matrioska, i lavori in mostra ci portano a scorgere il particolare dentro il particolare, scoperchiando i contenitori della memoria storica di ciascuno di noi. Nel lavoro The Dramatist, un gruppo di marionette sono i ritratti di curiosi personaggi che l’artista sembra aver tirato fuori dal “baule” della storia: la moglie di Antonio Gramsci Giulia Schucht; il rivoluzionario Toussaint Louverture; lo psicoanalista africano John Chavafambira; il magnate dell’automobile Henry Ford. I lavori di questa mostra sono scenari in cui aleggia la possibilità di animare e riportare in vita dei momenti storici come in uno spettacolo da marionettista o in una tragedia. Ciò vale anche per l’altra opera esposta, dove in una teca è sistemata la maschera mortuaria dell’artista: raggiungimento estremo di pathos e invito alla riflessione sulla possibilità di vita dopo la morte attraverso l’arte.
Guido Costa Projects
via Mazzini 24 -10123 Torino
11 novembre 2013- 14 febbraio 2014