Una didascalia che titola l’Effimero accompagna il visitatore di questa edizione di Arte Fiera nel momento cui varca l’ingresso della mostra mercato più famosa d’Italia. E’ la performance/provocazione di Dario Agrimi. Scritta con un formale arial e stampata su una targhetta di forex, l’oggetto che da sempre accompagna, identifica e qualifica le opere d’arte, mette in atto un’operazione di rilettura del luogo stesso. Con una didascalia Dario Agrimi si appropria del circuito fieristico, di quello che contiene e dei rapporti che ne conseguono. A questo punto, varcando i tornelli dell’Arte Fiera di Bologna è come immergersi in una grande opera che l’artista consegna al pubblico. La didascalia prosegue come da manuale, con materiali e dimensioni: L’Effimero. 2017, Fiera di arte contemporanea, materiali vari. Dimensioni reali. Ci vogliono davvero poche parole per tradurre tutte le sensazioni di vuoto, di inconsistenza, di scoramento, di fragilità che la società di oggi sta vivendo, ma allo stesso modo Agrimi è impietoso e punisce tra quei “materiali vari e dimensioni reali” tutti coloro che inconsapevolmente sono vittime del paradosso o ignari del sistema. L’operazione performativa dal titolo Sinonimi e Contrari perseguita con la complicità del critico Marcello Francolini e di Fabio Avella, prosegue all’interno dei padiglioni e invade i non luoghi, le pareti lasciate vuote, dimenticate dall’arte o dove l’arte non ha attecchito. Su quelle pareti vuote, l’Effimero prende corpo e il vuoto si materializza, con una serie di didascalie che lasciano il pubblico ammutolito e perturbato a contemplare il vuoto e a ricrearne una immagine: Nulla, diversi metri di nulla assoluto. Dimensioni reali. Dario Agrimi ha conquistato una nuova soglia della visione artistica. E questo è l’aspetto poetico. Da altra lettura invece l’operazione è al confine tra abusivismo e legittimazione. E questo è l’aspetto culturale. Ma Dario Agrimi (1980) è anche un artista dalle forti provocazioni e dalla forte autoreferenzialità. E infatti la performance si è estesa anche al Mambo di Bologna e al Blanco Museum di Bali: anche lì, Agrimi è alla conquista del vuoto e la sua firma campeggia sui campi neutri dell’arte!
Una didascalia può tutto questo? Secondo Dario Agrimi, si. E forse può anche di più, considerando che altre targhette sono pronte a invadere i luoghi istituzionali dell’arte nel mondo.