Sarà Daniel Buren il protagonista di Intersezioni 2012, la rassegna giunta alla sua settima edizione, che in passato ha ospitato alcuni dei maggiori esponenti della scultura italiana e internazionale quali Stephan Balkenhol, Tony Cragg, Wim Delvoye, Jan Fabre, Antony Gormley, Dennis Oppenheim, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Marc Quinn e Mauro Staccioli. Costruire sulle vestigia: impermanenze. Opere in situ è il titolo dell’evento espositivo che s’inaugura venerdì 27 luglio per rimanere aperto sino al 14 ottobre 2012. Quest’anno per l’inedito progetto l’artista francese ha voluto intervenire all’interno del Parco di Scolacium a Catanzaro con cinque grandiose installazioni concepite specificatamente per il luogo consentendone una rinnovata lettura. Com’è già avvenuto nelle precedenti edizioni, il progetto coinvolge anche il Museo MARCA di Catanzaro. Entrambi gli appuntamenti sono curati da Alberto Fiz, Direttore Artistico del MARCA.
La mostra coinvolge i centri nevralgici del Parco con una serie d’interventi concepiti specificatamente per la Basilica (illuminata da vetrate in plexiglas rosse e blu), il Foro (oggetto di una ricostruzione dove Buren reinventa un colonnato formato da 53 elementi in legno partendo dai frammenti esistenti), il Teatro romano (dove l’artista ha concepito una struttura specchiante di oltre 30 metri di lunghezza e di oltre tre metri d’altezza che, collocata al centro, permette di raddoppiare l’immagine dell’antica costruzione sviluppando un contesto visivo del tutto straniante) e l’oliveto (con un’installazione di oltre 20 elementi che abbraccia gli ulivi).
A tutto ciò si aggiunge un’altra installazione concepita specificatamente per il Parco, Cabane éclatée aux 4 couleurs: travail in situ, di 4x4x4 metri. Si tratta di un nuovo lavoro basato sulla relazione spazio-colore che fa parte della serie Cabane éclatée iniziata nel 1975. Proprio questo concetto di luogo connesso appare il punto di riferimento dell’esposizione al MARCA dove viene proposta La cabane éclatée aux plexiglas colorés et transparents: travail situé che in questo caso entra in relazione con lo spazio chiuso sviluppando un nuovo approdo visivo dove il museo diventa parte dell’opera.