Il nuovo spazio espositivo Gaggenau DesignElementi HUB inaugura a Milano ospitando la mostra personale di Francesca Piovesan. Lo show-room svolge la sua funzione di luogo di esposizione di elettrodomestici, ma nasce con l’idea, dell’Amministratore delegato di BSH Elettrodomestici Giorgio Marazzi, di valorizzare l’arte contemporanea attraverso mostre, eventi, workshop e conferenze. On Reflection è il ciclo di quattro mostre curate dal Direttore Artistico Sabino Maria Frassà, in collaborazione con gli artisti del premio Cramum, di cui la Piovesan è risultata vincitrice dell’edizione 2015. La mostra In-Visibile si compone di impronte su specchi, opere in cui l’artista si appropria del confronto riflesso-materia attraverso una tecnica che, partendo dalla ricerca fotografica, pone in relazione superfici sensibili come la pelle o la materia fotografica. Spiega Francesca Piovesan: «Il sale contenuto nella pelle, reagendo con una soluzione di nitrato d’argento, utilizzato sia nella fotografia analogica che negli studi di criminologia dell’800, ha permesso di creare degli sviluppi fotografici poi riposti sotto vetro o su carta. La sperimentazione è poi continuata in collaborazione con gli artigiani di Murano che utilizzano una soluzione contenente argento per creare i tradizionali specchi artistici veneziani. Alla base della mia ricerca vi è il processo chimico innescato da sale, grasso, luce e argento, tramite il quale le impronte vengono sviluppate e fissate sulla superficie riflettente data dall’argentatura durante il processo di creazione dello specchio. Una delle cose che a me interessa è che questo tipo di intervento spesso dia risultati imprevedibili, in cui i fattori che reagiscono non sono mai completante controllabili, inoltre è un lavoro su ciò che abitualmente è considerato un errore. L’intrusione di materiale organico sulla superficie da argentare è una cosa che di norma andrebbe evitata durante il processo di creazione di uno specchio, ogni vetro dovrebbe essere infatti privo di impurità prima di essere trattato».