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Cosimo Terlizzi / VERSO LO STATO DELL’ANIMA / Ostuni

Esistenza e transitorietà: vorrebbero dirsi estranee, ma sono reciproche. Esistenza e transitorietà: si affermano nella rispettiva “esigenza” di negazione. Esistenza e transitorietà: sono i termini di una relazione innegabile e conflittuale. Entrambe attengono alla condizione naturale dell’essere, entrambe sono alterabili da costruzioni sociali.

A tal proposito riflette Cosimo Terlizzi che, invitato da Carmelo Cipriani a realizzare un intervento site specific nell’ambito della Notte della Cultura ad Ostuni, mette in atto una performance articolata, in cui la transitorietà – proprio come nella realtà – scandisce il tempo dell’esistenza. L’artista ci ricorda che l’una sembra creare il tempo, mentre l’altra appare calata nella durata, mostrandoci evidentemente la sproporzione dei termini: la stretta pertinenza della prima all’azione e la conseguente attinenza della seconda alla re-azione.

Notte della Cultura di Ostuni

Verso lo stato dell’anima, titolo dell’intervento di Terlizzi, descrive non solo il “purgatorio personale” dell’artista, ma racconta della complessità umana, attraverso un rituale che, perfino nella forma, accoglie transitorietà e mutevolezza. E difatti, l’azione, per strada, si anima in un continuo scambio di ruoli tra i personaggi, come afferma il curatore.

Un bambino-sciamano (Sebastian Licinio) affianca un uomo e una donna (i due attori e performer professionisti Fabio Vasco e Isabella Mongelli), archetipi di un’umanità corrotta e disumanizzata; con gesto purificatorio li battezza e, per mezzo della sua innocenza puerile – non necessariamente angelica – li guida nel ritrovamento della dimensione naturale, del loro “essere umani”. A rito compiuto il suono dei campanelli ne sancisce la riuscita, ricollocando i protagonisti nella moltitudine (beatitudine?) terrena. (Cipriani)

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A rito compiuto, dunque, un suono noto ci riporta alla realtà; sembra sollevarsi l’idea (o l’illusione) di un equilibrio ritrovato, di un tacito compromesso tra esistenza e transitorietà, sfuggendo – forse per un attimo – a quel limbo personale, al quale apparteniamo.

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