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“Chlorophelia” il congiungimento di Omar Galliani tra la natura e Ophelia. 

Si è chiusa lo scorso 25 novembre parte della mostra “Chlorophelia” di Omar Galliani, curata da Eleonora Frattarolo alla Fondazione Zucchelli di Bologna. Continua invece fino al 10 di gennaio 2017 quella alla Galleria L’Ariete. In questa sede è stato presentato il prezioso catalogo, non catalogo – pochi sono gli esemplari realizzati –  con all’interno pubblicata anche una poesia di Davide Rondoni – Presidente della Fondazione Zucchelli – un’intervista all’artista di Ilaria Schipani  e un testo critico della Frattarolo che spiega l’idea di natura nel disegno di Galliani, il motivo dell’affascinante titolo “Chlorophelia”, oltre al tema della mostra stessa. Chlorophelia deriva dal mix delle parole clorofilla e Ophelia. La clorofilla, pigmento naturale delle piante, oltre che nutrimento alla loro stessa vita e fonte di ossigeno per la nostra, e Ophelia, eroina shakespiriana protagonista nel quadro del 1852 di John Everett Milais conservato alla Tate Gallery di Londra – un quadro, questo, che è anche una costante nella vita di Omar Galliani, che sin dagli anni settanta dedica a questo tema interi cicli di opere – incarnazione della morte imminente, s’incontrano e si sovrappongono dando origine all’idea che nella “fine” risieda il “principio” e viceversa.

Ophelia nel quadro di Millais è raffigurata a pelo d’acqua stesa nel ruscello, che sarà poi il suo sepolcro, e così Galliani, ispirandosi a esso, ha riproposto per questa mostra, il volto di un’incantevole donna, dipinto su tela plastificata con lo smalto – lavoro fra l’altro che aveva già presentato in una delle sue varie partecipazioni alla Biennale di Venezia –  che appoggiava sul manto erboso, al centro, dell’antico giardino della Fondazione Zucchelli. Quest’opera nei giorni della mostra, non è mai stata uguale a se stessa, modificata dalla natura e dalle intemperie. Una natura che ha continuato ad esprimersi anche all’interno delle sale della Fondazione attraverso uno studio sulla botanica svolto da Galliani su  fiori e piante. Una ricerca che ha originato lavori a matita su carta, realizzati in coppia, e bilanciati nel dualismo chiaro e scuro. Fra le diverse opere era visibile, inoltre, una doppia Ophelia – a grafite su legno di pioppo –  riportante sul retro del collo un contemporaneo tatuaggio rosso. Un’opera che attualizza la visione della donna – secondo lo sguardo di Galliani – e al contempo rende concretamente  immortale Ophelia.

Sempre alla  Fondazione Zucchelli sono entrate, inoltre, alcune opere realizzate nell’ambito di un workshop che ha visto protagonisti quattro studenti, due dell’Accademia di Brera di Milano, dove Galliani insegna, e due della Clementina di Bologna, rispondenti ai nomi di: Davide Allodi, con le opere Altare 1 e  La morte di Ophelia, Carolina Corno con  Nel nome, Nicola Amato, presente con un’istallazione acustica e Francesco de Conno con Desertum.

All’Ariete, dove parte della mostra è ancora in atto, Omar Galliani si offre alla vista dello spettatore con un’esposizione che di fatto è una sorta di breve antologica, con opere che ripercorrono la sua carriera mettendo in luce i nodi essenziali del suo percorso artistico. Qui incontriamo, alcuni lavori che vanno dagli anni settanta ai novanta, fino ai più recenti duemila, opere che mostrano l’evoluzione tecnica e pittorica di Galliani. Si osservano lavori che vanno dalle sperimentazioni di colore degli esordi, alle opere in 3D, fino alle raffinatissime grafiti su legno di pioppo, parte della sua più recente produzione, passando, infine, per i disegni floreali con parti anatomiche, in realtà un’opera unica sebbene composta da diverse tavole.

Omar Galliani, padrone di qualsiasi tecnica, mostra una ricerca dall’impattante forza espressiva. Un’energia che si coglie in ogni suo intervento e che ci porta a definirlo un vero poeta del disegno e della figura.

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