Sabra Beauty Everywhere è il titolo del nuovo e raffinato progetto dell’artista Chiara Dynys che propone una profonda e intensa riflessione sull’infanzia, sulla capacità propria di questa età di mantenere integri la purezza e l’incanto anche in luoghi deprivati, esposti alla precarietà dell’esistere, ai pericoli della guerra. La mostra, curata da Gabriella Belli, direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, è ospitata nell’ambito del progetto MUVE Contemporaneo, promosso dalla Fondazione Musei Civici di Venezia. Con essa la Dynys, non nuova a progetti espositivi che affondano la propria matrice linguistica e di ricerca in temi di forte pregnanza sociale, in problematiche emergenti del pianeta, offre alla visione un lavoro realizzato in più riprese, tra il 2010 e il 2013 nei campi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beriut, composto da 27 trittici in legno e foglia oro. In ogni singola opera sono incastonate, come in altrettanti preziosi scrigni, immagini che l’artista ha catturato in questi luoghi, nell’intrico di viuzze, negli spiazzi tra le case addossate le une alle altre, come sepolcri senz’aria, senz’acqua; una dimensione in cui si mischiano miseria, malattia, privazioni, condizioni di vita al limite dell’umano.
Quelle proposte dalla Dynys sono immagini di bimbi con i loro giochi semplici e poveri, con i loro disarmanti sorrisi, colti dal suo obiettivo nella desolante realtà quotidiana del campo. Essi trovano spazi per giocare, per essere bambini, per tessere sogni e fantasie nel vuoto che li circonda, per reinventare momenti ludici e spensierati, per essere bambini nonostante tutto. I loro sorrisi, i loro giochi raccontano di una bellezza sempre nuova, che si rigenera giorno dopo giorno, che è margine essenziale in cui l’immaginazione costruisce nel gioco percorsi di sopravvivenza, di solidarietà e complicità; una bellezza che è respirabile nel tempo sospeso dell’attimo, nel tempo di uno scatto. È di questa bellezza che l’artista nutre il suo stesso sguardo; è quella stessa che, nel gioioso candore dei loro visi, rimanda ai valori sostanziali dell’esistenza, a quell’energia del nascere alla luce che si rinnova ogni giorno in una terra d’esilio, dove la memoria è animata di nostalgia e il cielo è un lembo d’azzurro che filtra tra le case infondendo forza vitale alle loro fragili esistenze. Il loro è uno sguardo che abbraccia, che dilata il tempo di un attimo rendendolo eterno.
Le opere in mostra si pongono come categoria del bello, visibile oltre la superficie dell’immagine, che affonda fin dentro l’anima e in cui l’infanzia è il luogo della meraviglia , “giardino magico” dove la verità è nuova e antica ad un tempo, è ciò che da sempre esiste, che ripete ai margini del mondo così come in tutti i luoghi e in tutti i tempi la gioia d’essere bambini. Ognuna di esse è elemento portante di un racconto denso di poesia e di profonda religiosità, quella che travalica le religioni e diventa espressione di religiosità universale, che gli scrigni stessi testimoniano rimandando ai polittici delle chiese due- trecentesche, ma anche alle cornici che contengono le parole del Corano e ai tempietti buddisti.
Nella splendida Sala delle Quattro Porte, tra le più belle e ricche di tutto il museo, ogni singola opera instaura un muto dialogo con la straordinaria dimensione sacrale dello spazio espositivo, connotato dalla presenza della scultura lignea ”Madonna della Misericordia”. Ciascun trittico, con gli sportelli aperti a rivelare il suo prezioso contenuto, è un unicum a se stante, evento concettualmente ed esteticamente compiuto e frammento di una più articolata partitura, di un’armonia dialogica in cui il singolo pezzo si collega all’altro nella pienezza di una narrazione che espande la propria forza narrante all’intera spazialità della sala, amplificando i concetti, esaltando la preziosità e lievità dei rimandi, in un moltiplicarsi di rispecchiamenti di una bellezza senza tempo. Al centro della sala domina lo spazio un’istallazione, una teca di cristallo che, nella sua apparente instabilità, riflette, distorce, ripete in giochi vorticosi di sovrapposizioni, le opere delle pareti, generando una fluidità di forme e di effetti, di continua trasformazione visiva a seconda dell’angolo di osservazione. E’ una potente “macchina scenica”, centro visivo della mostra, fulcro dinamico che irretisce l’occhio del fruitore e che ben traduce i concetti estetici e i modelli linguistici della Dynys, la quale coniuga sapientemente le radici storiche, che pur persistono nel suo lessico, con la sintassi espressiva della contemporaneità. Essa è attraversata dalla scritta in oro “Non c’è nulla al di fuori di me”, tratta dal pensiero di Sant’Agostino, con cui l’artista ripropone il tema della dualità, della dialettica oppositiva “Dentro/fuori”, ovvero tutto ciò che è fuori è anche dentro di me.
Così la bellezza dei bimbi di Sabra, colti nel loro essere più vero e autentico, si oppone alle brutture in cui sono immersi e il loro dentro e il loro fuori diventano quelli dell’artista nella sua continua ricerca sulsenso di solidarietà, di comunicazione possibile nella dualità, sulla solitudine da cui prende origine il pensiero duale, sul senso profondo dell’esistenza. In fondo, spiega la Dynys: “ come succede spesso agli artisti e a me in particolare, lo spunto creativo nasce da un’emozione autobiografica, in questo caso dalla mia nostalgia di simbiosi, dell’essere insieme a qualcuno. Quindi, una narrazione di solitudine, della mia solitudine.”
Chiara Dynys – Sambra Beauty Everywhere
Fino al 24 novembre 2019.
Museo Correr
San Marco 52 – Venezia – Veneto