La mostra collettiva Boundary Issues in corso presso la Galleria Unosunove di Roma fino al 18 marzo, indaga il concetto di “confine” attraverso i lavori di una particolare generazione di artisti, nati tra il1950 e il 1965, che hanno spinto la loro ricerca ai limiti del minimalismo pittorico ripensando il rapporto dell’opera con lo spazio e l’effetto che l’ambiente ha su di essa e, al tempo stesso, esplorando la materialità e il carattere plastico della superficie pittorica. In Foot-Neck Wallspine di Simon Callery una linea verde continua insegue se stessa dopo aver attraversato molteplici stringhe lasciando l’ osservatore disorientato davanti un labirinto di pensieri che ritornano all‘ origine. Innovativi gli spazi vuoti tridimensionali che rappresentano la sua volontà di esplorare i confini dell’arte lasciando gocciolare dalla materia sospesa filamenti di un tempo logoro.
Mascherato e protetto da un orizzonte camaleontico il confine di Paolo Parisi in Coast to coast. Una pelle acrilica ricoperta da uno strato d’olio sottolineano un lento processo artistico che mira all’ infinito punto di vista su un inequivocabile spazio. Ripetuto e reiterato invece il gesto di Maria Morganti nel limpido segno della Sedimentazione. La sua pratica si basa sull’esperienza del colore inteso come entità fisica, come traccia del tempo e dell’esistenza. Ogni giorno uno strato di colore viene steso sulla tela o su carta come fosse un diario, una stratificazione di pensieri, emozioni e memorie evocante altre realtà e altri spazi reali o immaginari. Red and black acrylic glass, metal screws, washers i soggetti di Gerwald Rockenschaub. Fattezze geometriche fanno da sfondo ad occhi vaganti all’ interno dello stesso piano e liberi di allontanarsi verso un limite spigoloso, inconsapevoli di guardarsi. Infine l‘opera di Marco Tirelli si immerge tra volume ed ombra segnando il varco di una luce invisibile, leitmotiv di un percorso tra realtà ed illusione.