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BLUE UNNATURAL – Marco Bolognesi, demiurgo della CyberArte

Una minuscola e giovale vibrazione elettrica: così inizia Blue Unnatural, cortometraggio di Marco Bolognesi, proiettato al “Future Film Festival” di Bologna e all’ “Ibrida, festival delle arti intermediali” di Forlì. La prima proiezione, nell’ambito della rassegna “Future Film Short”, è avvenuta martedì 2 maggio 2017 nella Piazzetta Pier Paolo Pasolini di Bologna, replicata mercoledì 3 maggio  e in seguito lo scorso venerdì 5 maggio nella Sala Rossa di Forlì. Un occasione allettante per sbirciare nell’universo complesso e parallelo creato da Bolognesi, da sempre alfiere della filosofia ed estetica cyberpunk: la sua ultima fatica, Blue Unnatural, è la trasposizione video di un ampio concept artistico che tocca le più svariate forme creative, dalla pittura alla fotografia all’installazione fino all’utilizzo della realtà aumentata.

Luca Sposato – Noto la presenza decisa e metodica della fotografia nel tuo lavoro: è da questo mezzo che parte il tuo percorso artistico?

Marco Bolognesi – No, il mio percorso comincia dal collage, decontestualizzando le immagini degli oggetti e riformulandole in altri modi: in tutto il mio lavoro esiste questo processo di assemblaggio, quindi chiaramente anche nella fotografia, ma, per esempio, anche nel plastico di Sendai City ho riciclato oggetti quotidiani decontestualizzandoli. Per realizzare il cortometraggio ho ripreso piccole scene di film di Antonio Margheriti (n.d.a. tra i più prolifici e apprezzati registi italiani di cinema di fantascienza) colorandole e rianimandole, dando così vita agli abitanti di Sendai City.

LS – Viene spontaneo chiederti del tuo rapporto con il cinema: oltre a fornirti un chiaro bagaglio di immagini, sopratutto nell’ambito di film d’exploitation, mi sembra che da parte tua ci sia una particolare meticolosità nella fase progettuale dell’opera, come un regista attento che segue tutti i passaggi contestualizzati alla realizzazione di un film.

 MB – Il Progetto è un aspetto importante, fondamentale. Dal disegno alla modella vivente esiste tutta una serie di prove e rielaborazioni necessarie per arrivare a concretizzare il mio immaginario: il cinema è sicuramente il medium che ha divulgato maggiormente certe manifestazioni culturali, come il cyberpunk, permettendo la consacrazione di alcune produzioni “alte” che in verità sono emerse grazie alla spinta quantitativa dei vari B-movies. In realtà il cyberpunk tocca anche la musica, la letteratura, … è più una filosofia che un genere cinematografico.

LS – Mi piace l’immagine suggerita dell’iceberg, ovvero che la parte rilevante, emergente di un certo tipo di cinema è sorretta da una mole molto più ampia e necessaria…

MB – Sì, per esempio un film come Rambo o Commando, che hanno avuto un budget consistente ed un’attenzione critica, sono la punta di una massa enorme di film molto simili usciti prima, durante e dopo. Oppure si pensi alle navi spaziali circolari in 2001: Odissea nello spazio: Kubrick, ha tratto esempio da film di Margheriti.

LS – Parlando del tuo cortometraggio, blue unnatural, mi incuriosiva il personaggio coloratissimo, quasi un clown, che gestisce e controlla le altre comparse; lo vedo come un ridimensionare, se non addirittura ridicolizzare, il potere accentratore.

MB – Noi (n.d.a. riferito allo staff della Bomar studio) lo chiamiamo il Principe! Certamente rappresenta il Potere che vuole controllare le masse attraverso dei C.O.D.E.X impiantati sugli abitanti di Sendai City; per dissuadere ed eliminare la Ribellione, il Principe ordina la creazione di queste donne-cyborg, della armi per la pace, affascinante paradosso; non c’è un riferimento satirico o moralista, l’ambientazione rievoca piuttosto un mondo favolesco e dark, con qualche accenno al ludico, al giocattolo, come i modellini utilizzati in fase di montaggio oppure come il proiettore costruito ad hoc per trasmettere il cortometraggio, che ricorda il Meccano.

LS – Chiedevo sul principe-clown perchè il simbolo di propaganda mi rievoca il quadrato munariano: lo leggevo come una vaga metafora del potere rappresentato oggi dall’ art-system.

MB – Bhè, questo è compito tuo, del critico (ride)! Non c’è quest’intenzione, quando creo e progetto un lavoro ripropongo il mio vissuto, il mio immaginifico che certamente si interpone con il reale, ma come altre opere di altri artisti. Sendai City è un’estensione del mio Io.

LS – Sul tuo lavoro hanno scritto ottime penne, da Walter Guadagnini a Valerio Dehò, ma una in particolare, quella di Alberto Abruzzese, mi pare abbia centrato un punto molto interessante, tra l’altro, riprendendo il mondo del cinema, anche molto simile alla ricerca di Tsukamoto e Cronemberg: la Carne.

MB – Se intendi il corpo, certo, sopratutto il corpo femminile è un elemento importante della mia Ricerca, come del resto il nudo lo è stato per il Punk e quindi il Cyberpunk: l’idea di libertà e denuncia che riesce a trasmettere è essenziale, efficace. In Blue Unnatural le donne Blu sono armi, perché la loro nudità è potente ed immediata. Inoltre il corpo “armato”, costruito, è precisamente quello che siamo diventati, anche biologicamente, perché attualmente è possibile avere organi trapiantati e costruiti geneticamente, se non addirittura sinteticamente: il Cyberpunk è oggi!

LS – Molto probabilmente la visione dispotica che aveva il cyberpunk è cessata proprio perchè, come stai accennando, lo stiamo vivendo in prima persona e ne risultiamo abituati. i cambiamenti fisici e mentali in atto non vengono recepiti e la nostra mutazione non è evolutiva, ma rivoluzionaria poichè non avviene in maniera ordinata e finalizzata: se viviamo una fase di trasformazione, quale può essere un possibile futuro?

MB – Il futuro è donna! Al di là di qualsiasi interpretazione, si è sempre avuta una visione del Domani basandoci sul vissuto, sul presente: il corpo femminile è l’immagine più diffusa del nostro presente, nel bene o nel male è ovunque, è una realtà. Il futuro dovrà certamente tenerlo presente.

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