Nella Storia collettiva ci sono momenti nei quali una sensibilità particolare riesce a cogliere qualcosa di profondo che è dentro tutti noi ma che non riusciamo a esprimere compiutamente. È il caso di Roberto Gramiccia, che con il suo ultimo libro “Elogio della Fragilità” è riuscito a dare sostanza e dignità a un sentire diffuso che tutti avvertiamo indistinto ma che, pressati da uno Zeitgeist così intriso del mito della forza e della performance da non ammettere debolezze, non abbiamo avuto coraggio di esplorare a fondo: la fragilità. Cosa lega questo tema, questo libro e questo personaggio al mondo dell’arte? “L’Elogio della fragilità” ed. Mimesis è l’ultima fatica letteraria di un intellettuale atipico: Gramiccia è medico appassionato (tra i suoi pazienti grandi artisti come Kounellis), è collezionista e critico d’arte, curatore di importanti mostre, saggista e militante politico. Tutta la sua biografia è intrisa d’arte e di quella fragilità che i suoi pazienti (gli artisti) gli rivelavano e sapevano poi trasformare in una forza creativa potente. Un punto di osservazione peculiare questo, che ha permesso all’autore di costruire una lettura personale e profonda di questi “fragili” eroi, (per citare un altro suo libro) e intercettare una connessione sottile tra debolezza e creatività, formulando così una vera e propria Teoria della Fragilità: siamo tutti fragili e quando ci riconosciamo in questa dimensione, essa può diventare il punto di partenza per percorsi evoluzioni, cambiamenti, canalizzandosi verso vette artistiche o iniziative sociali o politiche nel segno di una idea di coesione/incontro con l’altro. Gramiccia individua la fragilità come strumento di comprensione di sé e degli altri, e come possibile motore/leva di una nuova visione del mondo e dell’agire politico come anche artistico.
Ed è questo il dato che più ci interessa segnalare: la sua teoria solleva domande sul ruolo degli artisti dentro questo tempo fragile e invita gli artisti stessi a prendere posizione, a tradurre in azione la consapevolezza della propria e altrui fragilità non per ripiegare su sé stessi, ma per riscoprire un profondo valoreemozionale sociale e perché no, politico all’arte, oggi troppo e sempre più spesso inaridita da cliché concettuali e rincorse del mito salvifico del mercato. Siamo fragili nell’arte e nella vita, ma l’unione delle fragilità può diventare una forza sovvertitrice. Così il libro, vero e proprio cross over tra testo e ipertesto, sempre sospeso tra romanzo autobiografico, saggio, manifesto, pamphlet politico e indagine sullo stato attuale dell’arte, indica che la lettura consapevole della fragilità e del prendersene a cuore può trasformarsi in una vera “piattaforma condivisa” pre politica, emotiva, poetica e pratica di un nuovo fare per il mondo e la società a venire. Questa consapevolezza che Gramiccia offre agli artisti e agli operatori del sistema dell’Arte, può renderci finalmente uniti in uno sfondo ideale, può darci un indirizzo e può soprattutto costituirsi come una nuova visione del fare arte, un nuovo Zeitgeist che si oppone alle derive del Pensiero Unico imperante. Chi, artista o no, non ha mai colto quell’attimo di fragilità nel proprio essere, nel proprio cercare, nella propria arte, che non sia poi maturato in una grande espressione di umanità?
Elogio della fragilità
Roberto Gramiccia
Editore: Mimesis
Anno edizione: 2016
Pagine: 130 p.
ISBN: 978-88-5753-649-1