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Arte e Ecosostenibilità / Fondazione Studio Carrieri Noesi

Qual è il rapporto che si instaura tra etica ed estetica? E tra arte ed ecologia?
Parlando di estetica e di etica, sembra inevitabile riferirsi ad un’arte impegnata nel sociale, con un risvolto pubblico e politico, fin nella scelta del “soggetto”. Difatti la politica è implementata nell’arte, giaché l’etica attiene all’ambito estetico in un senso più esteso di quello imposto da singole tematiche o da generi. Saldando arte e realtà, in modo non puramente descrittivo o narrativo, ma facendo della partecipazione la modalità prediletta, si evince che non è il soggetto ad essere decisivo per una qualificazione etica, ma è la posizione di chi opera ad esser determinante.
Proprio in virtù di una tale convinzione, artisti come Gianfranco Baruchello, Diego Bonetto, Emilio Fantin, Piero Gilardi, Vito Maiullari, Luana Perilli, Mariagrazia Pontorno, riuniti da Lidia Carrieri e da Anna D’Elia nella collettiva Arte e Ecosostenibilità, che da inizio giugno occupa gli spazi della Fondazione Studio Carrieri Noesi di Martina Franca (Ta), analizzano – attrarverso i loro fare – le problematiche legate alla tutela dell’ambiente e della vita in ogni sua forma, «denunciando – secondo quanto scrive D’Elia nel suo contributo critico – i comportamenti distruttivi delle attuali politiche ambientali, sia sollecitando pratiche buone per sviluppare un rapporto responsabile con l’ambiente e sostenibile nei confronti delle risorse»

Un rapporto responabile, nonché eticamente corretto, nei confronti del non-umano che è ben radicato nella storia del pensiero occidentale; difatti è opportuno ricordare che siamo situati all’interno della natura; perché quindi dovrebbe essere posto fuori di essa il nostro inizio, la nostra origine? Viviamo nella natura, con la natura, della natura e dovremmo tuttavia non essere derivati da essa? (Ludwig Feuerbach)

Sarebbe una contraddizione inaccettabile per Piero Gilardi, da sempre legato alla tematica ambientale, e che nel corso degli anni ha realizzato i tappeti-natura e ha dato vita al Parco d’Arte Vivente, in cui si strutturano processi relazionali tra uomo, mondo animale e vegetale, generando esiti inattesi. Dà avvio ad un progetto relazionale Emilio Fantin, che in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Bari (grazie ai docenti Antonella Marino e Maria Vinella) ha “inaugurato” un laboratorio sull’agricoltura e sulla biodiversità, nel quale cogliere ed avvicinarsi ai cicli vitali delle piante, attraverso la pittura e la scrittura creativa; mentre Gianfranco Baruchello organizza una vero e proprio evento performativo in cui si attua “uno scambio di terra” tra il Lazio e la Puglia, un metaforico dono, parimenti contraccambiato. Due metricubi di terra “pura” rappresentano così le forze ancestrali della natura, che sottendono ogni luogo umano. Legato all’identità del territorio pugliese è l’ulivo secolare sradicato di Mariagrazia Pontorno, che mostra il gap tra cultura e civiltà, quando quest’ultima non è supportata dalla prima. Difatti, proprio la mancanza di responsabilità e di consapevolezza nei confronti del mondo che abitiamo, la hybris e l’illusione dell’onnipotenza comportano quella perdita di umanità che sradica l’individuo da ogni contesto, (autonomamente) privato di passato e di connotazioni storico-sociali. Intesse le fila di un tessuto socio-culturale, il video di Diego Bonetto,che durante un viaggio condotto in luoghi disparati – spesso dimenticati – ascolta e comprende il linguaggio nascosto della natura.

Evocativi e lirici i lavori di Vito Maiullari, che propone un’ambientazione architettonica interattiva, in cui il fruitore si fa artefice di sonorità melodiose, insite nella memoria della pietra, e di Luana Perilli che analizza la complessa struttura sociale delle formiche, assurte quale modello propositivo di vita. Ogni coportamento, seppur istintuale, rientra nella “natura” dell’animale. Ogni mansione risulta finalizzata alla sopravvivenza ed alla riproduzione della specie. Da questa positiva e ben organizzata società è, dunque, esclusa qualsiasi forma di “male radicale” o “banale”, ogni tipo di iniquità o di egoismo, qualità prettamente umane, che fanno sì che l‘uomo si differenzi dal resto della natura soprattutto per una viscida gelatina di menzogne che lo avvolge e lo protegge (Herman Hesse).

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