In occasione dell’appuntamento di MiArt, che evidenzia la presenza dell’arte contemporanea a Milano sia con le proposte degli espositori nei padiglioni della fiera, sia con le più sperimentali mostre collaterali – ufficiali e non – che stanno acquisendo una connotazione di evento nell’evento, si compie una breve ricognizione delle principali mostre offerte nei maggiori spazi pubblici cittadini per registrare quali siano le proposte concomitanti e successive alla manifestazione fieristica.
Nel centralissimo Palazzo Reale, che per la grande disponibilità di ambienti offre sempre una scelta diversificata ed articolata, sono in corso quattro mostre: l’ultima ad avere inaugurato in ordine di tempo è Goya e il mondo moderno (fino al 27 giugno), dedicata al grande maestro spagnolo. Con oltre 180 capolavori la mostra non si limita ad analizzarne la figura, ma getta un ponte tra le visioni dell’artista aragonese e i richiami e le corrispondenza di quegli artisti che, nei due secoli successivi hanno tratto ispirazione da lui. Sono tre i principali filoni tematici, suddivisi in cinque sezioni, che vedono accostate le opere di Goya a quelle di alcuni fra i più influenti artisti dell’età moderna tra i quali troviamo David, Delacroix, Soutine, Daumier, Grosz, Kirchner, Miró, Picasso, Klee, Music, Dalì, Guttuso, Picasso fino ad arrivare a Pollock, Kiefer e Bacon. La sua pittura viene presa in considerazione come punto di riferimento che ha segnato il carattere e la sostanza di molte ricerche nei secoli a lui successivi, lasciando un esempio artistico tuttora fonte di vitale di ispirazione. Fuoco. Da Eraclito a Tiziano, da Previati a Plessi (fino al 6 giugno), attraverso opere che vanno dall’archeologia ai maestri contemporanei, si esplora il mistero del fuoco quale elemento archetipale, divenuto simbolo forte nella cultura mediterranea: la storia, i miti, le leggende, i racconti che lo vedono protagonista si ripercorrono attraverso queste opere seguendo l’ideale filo conduttore che ha accompagnato la crescita e lo sviluppo della nostra cultura e civiltà. Un’epoca intera, quella che si muove tra cambiamenti repentini nella Vienna di fine ‘800 e dei primi del ‘900, centro della storia austriaca recente, è oggetto dell’esposizione Schiele e il suo tempo (fino al 6 giugno) che, con un ragguardevole prestito di capolavori provenienti dalle collezioni del Leopold Museum di Vienna – il museo conserva la collezione maggiore di opere di Egon Schiele – con un percorso articolato, accanto a quelle centrali di Schiele, illustra le opere di Klimt, Kokoschka, Gerstl, Moser ed altri protagonisti della Secessione Viennese e dell’Espressionismo austriaco che hanno evidenziato, coi loro linguaggi, i cambiamenti di quel periodo.
Un doveroso omaggio ad una figura di riferimento per la cultura italiana è Gillo Dorfles. L’avanguardia tradita (fino al 23 maggio), una mostra-tributo che, con la ricchezza e la completezza di oltre 200 opere, nell’anno del suo centenario ripercorre la storia creativa di Gillo Dorfles, dagli esordi fino alle recenti composizioni. Dorfles è un esempio della poliedrica dinamicità di un intellettuale versatile ed eterogeneo: laureato in medicina e psichiatria è artista, filosofo, estetologo, critico d’arte. Dalla mostra emerge il carattere e il temperamento della sua riflessione la cui identità di libero pensatore continua a regalarci infaticabilmente ancora oggi preziosi contributi culturali ed artistici.
A Palazzo della Ragione i 200 scatti di Stanley Kubrik. Fotografia 1945/1950 (fino al 27 giugno) mostrano in anteprima mondiale il lavoro fotografico inedito del celebre regista quando, appena diciassettenne, lavorò per la rivista americana Look. Realizzata dal Comune di Milano–Cultura e da Giunti Arte mostre musei in collaborazione con la Library of Congress di Washington e il Museum of the City di New York, in questa mostra si ritrova la capacità starordinaria di Kubrick, sebbene ancora acerba data la giovane età, di saper essere costruttore di immagini attraverso un istinto ed un intuitto che gli permettevano di costruire in rapidità grandi storie.
Alla Triennale, accanto alla sempre copiosa e interessante proposta di esposizioni legate al design, all’architettura e alla fotografia, protagonista assoluta torna la Pop Art che, dopo le monografiche dedicate a Warhol, Basquiat e Haring, offre una vasta esposizione dedicata a Roy Lichtenstein in un percorso che suddivide oltre cento opere in diverse sezioni tematiche. Roy Lichtenstein. Meditations on Art (fino al 30 maggio) analizza per la prima volta un aspetto particolare della ricerca dell’artista americano che riguarda quei lavori in cui questi si appropria e rivede immagini prese da opere dell’arte moderna: con lavori che vanno dagli anni ’50 agli anni ’90, molte dei quali inediti, in modo ampio e completo si ripercorre lo sguardo che Lichtestein ha costantemte rivolto alla storia dell’arte e ai suoi contenuti riletti nel contesto pop-consumista cui fa riferimento la sua visione. L’intera mostra, dopo la sede milanese, sarà trasferita al Ludwig Museum di Colonia, dove rimarrà aperta al pubblico fino al 3 ottobre 2010.
Una mostra molto articolata è Il grande gioco. Forme d’arte in Italia 1947-1989 (fino al 9 maggio 2010) alla Rotonda di via Besana: si vuole descrivere e interpretare, attraverso l’arte e le sue vicende, il quarantennio decisivo per l’Italia che va dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla caduta del Muro di Berlino, un percorso complesso che non può fare a meno di marcare incidenze e trasversalità, interazioni e influenze nel divenire della storia. La ricchezza di spunti, artisti e materiali ha reso possibile – anche per la collaborazione delle istituzioni coinvolte – articolare in tre spazi, secondo una scansione temporale, il progetto espositivo che al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone (MB) raggruppa le opere fino al 1958, alla Rotonda di via Besana di Milano quelle degli anni 1959-1972 e alla GAMeC di Bergamo gli anni più recenti fino al 1989. L’arte contemporanea diventa mezzo per un raffronto e un’analisi puntuale sui rapporti scambievoli che ha avuto – e ha – con l’architettura, il cinema, il design, l’editoria, l’economia, l’industria, il giornalismo, il teatro, la televisione, … ogni aspetto della società italiana, cosa che dimostra quanto, nel ciclo della storia, nulla può essere preso come fenomeno completamente isolato. Al PAC, infine, l’interessante mostra Ibrido (fino al 31 marzo) è stata concepita proprio in occasione di MiArt 2010: la presenza di oltre cinquanta artisti, tra i nomi più noti del panorama artistico contemporaneo internazionale, suddivisi in “cellule espositive”, secondo quasi uno schema di mostre nella mostra, guarda all’arte e al suo sistema: le opere diventano un segno tangibile di una riflessione sulla sua dichiarata duttilità e adattabilità nel contemplare la contaminazione con i diversi aspetti della vita. Un insieme di valutazioni e ragionamenti sull’odierno stato delle cose sono la base critica da cui sono partiti i curatori per comprendere se, e quanto, sia ancora capace tale sistema di intercettare i cambiamenti del proprio tempo o riesca ad anticiparli e prevederli. La lettura di questo meccanismo contemporaneo riguarda non solo gli artisti ma anche la critica, il mercato, le gallerie, … ogni elemento che fa parte di quel meccanismo-organismo che è l’arte. La mostra ha l’intuizione di sovrapporre e incrociare i pensieri e le riflessioni, i fatti e le tematiche, per cercare di capire quanto ancora la voce dell’arte – soprattutto quella contemporanea tanto legata al proprio tempo – sia capace di adattare la sua natura rendendosi sempre più ibrida rispetto alla società e alla vita, e quanto riesca a rinnovare le sue visioni per dare una traccia – e una speranza – proiettate verso il futuro. (a cura di Matteo Galbiati)