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Archeologia dell’organico nell’opera di Concialdi e Surdi

Ossi. Membrane di tempo, organismi in continua metamorfosi. Metamorfosi che annullano la nostra concezione di tempo nella lineare divisione tra passato, presente e futuro. Se c’è qualcosa che ci ha insegnato la fisica è sicuramente quella di dover trovare un modo diverso di relazionarci con il tempo. Non più lineare, il tempo diviene qualcosa di interiore, reticolare, rizomatico, plurale, che coinvolge l’infinità dei tempi molteplici che dominano sulla terra. 

Concezioni che sono penetrate anche in altre discipline, come l’archeologia che si confronta continuamente con il tempo. Nell’archeologia il tempo diviene storia, diviene il materiale primario di indagine di frammenti che provengono dalla terra, dal suo profondo. La terra è ciò che oggi rappresenta il nostro futuro, una terra da ritrovare, al di là della visione antropocentrica, una terra che parla nella sua interezza e che può rappresentare il superamento della visione antropocentrica umana. 

Così dalla terra provengono – e della terra ci parlano – le opere di Concialdi e di Surdi qui presentate. Due artisti che rileggono gli spazi della storica Villa Palagonia a Bagheria, una mostra che potrà essere visitata fino al 14 Ottobre 2018. Spazi intrisi di tempo e di archeologia per la particolare storia che contraddistingue la villa. Membrane pietrificate come nelle opere qui esposte di Francesco Surdi, o l’ipnotismo della molteplicità di piegature delle opere di Gianluca Concialdi. Se Concialdi usa la Seppia per creare delle tele dove l’immagine impressa si rifrange in molte parti, creando una molteplicità di punti di vista, Surdi utilizza il marmo intinto di pece, assorbendo così e riportando alla luce una nuova unione. Se Concialdi indentifica il rosso e l’azzurro per espandere la visione, Surdi utilizza vetri specchianti, aprendo un dialogo con la sala degli specchi. 

Nel viaggiare all’interno della villa, per Goethe, si prova “il penoso sentimento che opprime chi si trova a passare sotto le verghe da questa follia”, la follia di una villa unica dominata statue di mostri, da sale di specchi, e molto altro; dalla follia i due artisti ci portano in un altro viaggio che ci collega direttamente a un’arte che trova nel “ritorno all’organico” il suo punto di partenza.

Ritorno all’organico, ritrovare un rapporto nuovo con la natura: il fondamento dell’esistenza nella sua configurazione fisica e biologica. Ciò che esiste al di là della ragione, ciò che determina i nostri istinti e l’incontrollabilità degli elementi fisici. 

In epoca di sviluppo tecnologico, di una umanità che si interroga se il nostro futuro sarà dominato da macchine e cyborg, da protesi tecnologiche, i due artisti ci stanno indicando una nuova via. Quello di ritrovare ciò che abbiamo escluso e che dimentichiamo: quello di essere sempre, e ancora, terra, mondo e universo.

Cosa accade, si chiede Donna Haraway, quando non abbiamo più termini per nominare nuovi organismi, non troviamo concetti per spiegare nuovi fenomeni? Cosa accade quando cambiando il nostro punto di vista sulla terra non abbiamo più categorie concettuali per definire? Sicuramente, afferma, tutto ciò non potrà più essere chiamato antropocene! Per una nuova umanità che può nascere da un nuovo contatto con la terra, la nostra gaia che non riusciamo mai a cogliere nella sua interezza. 

la mostra “Ossi” di Gianluca Concialdi e Francesco Surdi è organizzata dalla Galleria Adalberto Catanzaro con il patrocinio del Comune di Bagheria.

“Ossi” di Gianluca Concialdi e Francesco Surdi

Fino al 14 Ottobre 2018

Villa Palagonia

Piazza Garibaldi, 3, 90011

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