Non è così scontato che una mappa, creata appositamente per orientarci in un mondo privo di mete, ci indichi la nostra strada. Ci sono mappe in grado di illustrare mondi su mondi, e cioè mappe più veritiere di quelle comunemente accettate, che tuttavia sono utili (almeno per un po’) a smarrirsi. E per fortuna.
Fingendomi geografo in questa sede, e solo in questa, tra parole e righe, annoto didascalicamente che si accedeva alla mostra curata da Francesco Piazza e Antonio Vitale attraversando un piccolo corridoio, prima abbracciati dagli abbracci lineari di Emilio Greco alle pareti (il cui museo è dedicato), poi accolti dall’eco del pianoforte di Cristina Cutuli… le cui note furono pizzicate all’inaugurazione, e che ancora forse vibrano tra le sale, per le orecchie che vorranno ascoltarle.
Dentro la mostra si era invitati quasi a pensare che tale accoglienza fosse un “avvertimento”, nonostante, in fondo, le grandi tavole di Giuseppe Livio apparivano (a causa del tema?) rasserenanti; ma si trattava di un’accoglienza che di rasserenante aveva ben poco. E spiego perché.
Ogni centimetro quadrato sulle grandi superfici, ogni intermezzo laddove il tratto lasciava esaltare il biancore, e ogni paesaggio e ogni occhio degli animali e dei personaggi ritratti (che erano profondamente veri: come la lava è vera, come il legno bruciato è vero, come vere sono le storie da loro raccontate), e poi il complesso degli sguardi
provenienti da profonde pupille, o il loro senso di sfida, erano lì per fissarci.
E se ci chiedevamo le ragioni di suddetta espressione di inquietudini, oggi che di inquietudini è quasi vietato parlarne, poiché il mondo e i suoi cittadini sono estremamente e falsamente estetizzati dalla felicità tecnocratica, la nostra attenzione, trasformata in astrolabio percettivo per l’occasione, appena veniva rivolta al titolo, al titolo e a null’altro temporaneamente, apriva difatti il velo che le opere avvolgevano: e ci trovavamo disincantati dalle figure. All’intimo messaggio.
Pensare a una parola, a un’unica parola, nel deserto della mente,
pronunciando “Arcaica” con la stessa voce che ci parla agli angoli della moralità, e pronunciandola ancora, e ancora, focalizzavamo, con gli occhi miopi di questo “inquinato” futuro (da: cuníre), la nostra origine, in una sorta di eclissi mancata (che sia per poco, non so) tra la purezza naturale e la stanca manipolazione culturale.
A suggello del percorso, un filmato firmato dal regista Alessio Genovese proiettava ai fruitori le correnti poietiche dell’artista. Tanto per avere conferma di quanto, in questa mappa, annotata su altre mappe, ovvero quelle di Livio, veniva affermato.
Giuseppe Livio
ARCAICA
Mostra terminata e visitata il 27 maggio 2018
MUSEO EMILIO GRECO
Piazza San Francesco d’Assisi, 3
95100 Catania
aperto al pubblico da Lunedi a Domenica dalle ore 9.00 alle ore 13.00
Info:
Tel. 095.317654 | Fax (presso Museo Belliniano) 095 7150535
e-mail: museo.emiliogreco@comune.catania.it