“La mia prima scultura risale al 1958; a quell’epoca il mio problema quotidiano era quello di cogliere il mio spazio pittorico, ero stanco di tutte le formule accademiche. Che accadrebbe se penetrassi veramente nello spazio reale?” – G. Segal
Ragionare su un spazio espositivo rappresenta sempre un modo per osservare l’arte dal punto di vista di chi è in grado di cogliere la relazione tra una funzione esperienziale di un luogo, inteso come spazio fisico, e una funzione conoscitiva e divulgativa, intesa come spazio della coscienza; questo perché la relazione spontanea, che nasce tra l’idea e l’osservatore, non è mai scontata o prevedibile e, ancor più, perché uno spazio espositivo ben ragionato permette che i momenti di percezione e di conoscenza possano continuare a militare ideologicamente anche nel nostro quotidiano.
Fondato nel 2018 da Luca Coclite e Laura Perrone, Studioconcreto, spazio non solo espositivo, nasce esattamente da un’idea di coinvolgimento, cosciente e mirato, tra uno spazio pubblico, cittadino e collettivo, e uno spazio privato, intimo e indipendente, e da una comune necessità di affrontare e risolvere, concretamente, la distanza, apparentemente inevitabile, tra ambiti specifici all’arte e dimensioni individuali, di cui l’arte stessa informa dei pericoli, fungendo da ambasciatrice, ma con pena di attenzionarne la precarietà.
Come affermato dagli stessi curatori «Studioconcretoè uno spazio di indagine dinamico con il quale intendiamo, attraverso dei dispositivi dialogici, destrutturare alcuni degli strumenti e delle tematiche centrali per la nostra ricerca artistica e curatoriale, inclusa l’attività a carattere espositivo. Difatti, con la metodologia che adottiamo, la mostra non è il punto d’arrivo di un percorso binario tra artista e curatore ma piuttosto uno strumento capace di generare collegamenti di senso attorno ad un tema per noi urgente, come potrebbe essere la precarietà del lavoro contemporaneo, le nuove forme di controllo del corpo individuale e sociale o ancora la riflessione sugli aspetti socio-antropologici dell’architettura. L’obiettivo è quello di creare un dialogo tra opere, artisti, archivi, ricercatori e pubblico, capace di sviscerare le possibili declinazioni del discorso, tenuto vivo grazie ad un public program e restituito infine attraverso una pubblicazione che ne raccoglierà i contributi più significativi».
Di base è esso stesso un’abitazione, posta in un agglomerato di case popolari (INA-Casa) nella città di Lecce:«intende considerare questo genere di architettura come terreno nel quale sperimentare pratiche di auto-determinazione indirizzate verso gli abitanti, entrando nelle case, nello spazio pubblico o inserendosi negli interstizi del semi-privato attraverso un approccio intergenerazionale capace di reinterpretare i linguaggi propri alle ritualità popolari – siano esse religiose o più in generale di condivisione – ma anche attraverso azioni di pedagogia radicale, con l’obiettivo di ristabilire un processo di collettività e creazione di comunità mirata alla ricerca di un abitare condiviso e poetico, capace di conciliare l’arte con le pratiche e la gestualità del quotidiano».
Le esperienze dei Nostri si enucleano dal loft newyorkese di Experimental Intermedia, per quanto concerne un approccio interdisciplinare, e dal progetto di pedagogia radicale di Spigolizzi, la casa-atelier di Norman Mommens e Patience Gray. A tal proposito, Luca Coclite e Laura Perrone sottolineano la necessità di mappare il proliferare di luoghi domestici «che, in mancanza di spazi istituzionali, si sono aperti a progetti di rilevanza culturale».
Luca e Laura hanno perfettamente ragione, perché accanto alla realtà di Studioconcreto, esistono altri centri nevralgici non istituzionali, che instaurano un fervido dialogo con il territorio e che andrebbero nominati, poiché indicatori effettivi di una realtà cittadina impegnata nel riconferire all’azione artistica la pienezza funzionale di avvalorare, per idee e progetti, l’arricchimento culturale di una terra, da anni impegnata a favorire un dialogo con il panorama artistico contemporaneo.
Kunstschau, PIA, Lo.Ft., Fondazione Palmieri, Icaro Space, 167 /B street, Antica Saliera, Fondazione Pino Pascali, Ramdom, Fondazione Lac O Le Mon e il collettivo Casa A Mare sono solo alcuni dei riferimenti che, muovendosi tra Lecce e altri comuni pugliesi, procedono con una linea identitaria ben precisa, atta a rivitalizzare contesti urbani e costellare il territorio di iniziative sinergiche, rimettendo in circolo, mediante lo strumento-arte, un pensiero critico nei confronti di ogni ambito del sociale.
E a proposito del sociale, la scelta d’esordio di Studioconcretoè stata quella di presentare alla città di Lecce la personale Index di Antonio della Guardia, con tre opere accuratamente selezionate e affini al percorso artistico perseguito da Antonio. Di fronte all’incisività del trittico, In loco parentis, Untitled (general resistance syndrome) e 5 EURO,l’osservatore ha modo di rivelare a se stesso (dal Index, indice, indizio) tutte le tensioni esterne, che agiscono sul corpo individuale e sociale, innescando coscientemente un processo di riflessione sulle condizioni di precarietà, sfruttamento e resistenza, spesso somministrate sotto forma di pillole di adattamento esistenziale, che altro non sottolinea se non l’urgenza di intervenire su un sistema psicofisico divenuto macchinoso, alienato ed esausto.
Con In loco parentis (2017), l’immagine dell’indice mutilo dell’operaio, ricostruito con stampante 3D, diviene rappresentazione (e indice stesso) di un elevato tasso di incidenti sul lavoro e dimostrazione tangibile della discrepanza legislativa e sociale, rimarcando da un lato un’azione neutralizzante nei confronti di una dignità umana violata, sminuita e restituita al sociale con atteggiamento blaséda parte delle “istituzioni” e soppesando, dall’altro, l’importanza della vita dell’uomo alla stregua di un oggetto di potere da manipolare, controllare e, talvolta, recidere permanentemente.
Sempre del 2017 e riproposto come site-specific, Untitled (general resistance syndrome), ovvero la rappresentazione grafica della “sindrome generale di adattamento”, che Hans Selye dimostrò per spiegare le tre fasi esperite dall’individuo quando viene sottoposto a mirate sollecitazioni, o stressor, esterne. Come funzione essenziale, lo “stress” permette all’organismo di porsi nelle condizioni di lasciare adattare il proprio organismo alle condizioni circostanti; al contempo, se il campanello di allarme non si arresta, acuendo la sintomatologia da carico con picchi estremi, l’organismo non è più in grado di canalizzare gli stimoli e ad un primo momento di resistenza (comunque estenuante), seguirà un inevitabile collasso. Come affermato dalla curatrice Laura Perrone «ribaltando la curva del grafico nella fase di resistenza, l’intervento artistico si appropria del diagramma come dispositivo per dare forma ad uno slittamento che, dal corpo individuale, si trasferisce al corpo sociale in opposizione al sistema politico vigente».
In ultimo, 5 EURO, stampa su banconota originale e lavoro del 2014, su cui Antonio della Guardia è riuscito ad intervenire artisticamente, inserendo figure antropomorfe, quali delucidanti micro-manifesti del fallimento capitalista, che si ripercuote marcatamente sulle generazioni dei più giovani, lasciando scivolare ogni possibilità di emancipazione e concreta ripresa di una “posizione” non solo lavorativa, ma anche e soprattutto sociale.
Risulta chiaro, dunque, che Studioconcreto decide di perseguire una direttrice qualitativa e non quantitativa, che miri a rendere essenziale, perché efficace, il ruolo di un’ arte mai fine a se stessa, ribaltando, con elegante forza d’intelletto, i piani di un’osservazione sul reale, senza cadere nella trappola di renderla poco effettiva, disimpegnata e distante dalle esigenze della collettività.
Studioconcreto
via Ribezzo, s.n., Lecce
Index
Antonio della Guardia
dal 10 novembre al 26 dicembre 2018
Antonio Della Guardia (Salerno, 1990) vive e lavora a Napoli. 2018, La luce dell’inchiostro ottenebra, Galleria Tiziana Di Caro, Napoli; 2018, Mind the gap, a cura di Emanuele Riccomi, Associazione Barriera, Torino; 2017, Disio, nostalgia del futuro, a cura di Antonello Tolve, Centro Cultural Chacao, Caracas; 2017, Sensibile comune, le opere vive, a cura di Ilaria Bussoni, Nicolas Martino e Cesare Pietroiusti, Galleria Nazionale D’Arte Moderna e Contemporanea, Roma; 2016, Corso aperto, a cura di Lorenzo Benedetti, Fondazione Antonio Ratti, Como; 2014, Se il dubbio nello spazio è dello spazio, a cura di Maria Adele Del Vecchio e Nemanja Cvijanovic, MACRO, Roma.