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Antonio Guccione From Jesus to Yves Saint Laurent

Negli spazi della Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter é stata inaugurata l’11 di febbraio la mostra di Antonio GuccioneFrom Jesus to Yves Saint Laurent. Fotografo di moda, durante la sua carriera Guccione ha lavorato con le più prestigiose riviste di moda, creando importanti campagne pubblicitarie per Gucci, Prada, Versace e molti altri. Ha fotografato le donne più belle del mondo, da Carla Bruni a Elle McPherson, da Francesca Neri a Andie MacDowell. Ha ritratto i protagonisti della cultura e dello show: Alberto Moravia e Arnaldo Pomodoro; Federico Fellini, Giorgio Armani e Richard Gere. Le sue fotografie sono inconfondibili, intensamente pittoriche, frutto della sua voglia di giocare e di sperimentare, sdoppiamenti e travestimenti, scorci di intimità e trionfi su cieli tempestosi. I grafismi geometrici, il modo in cui le forme perdono l’ovvietà del reale e diventano materia nuova. Foto dove il soggetto va oltre la semplice valorizzazione estetica per diventare strumento in una partitura di impeccabile armonia. E la svolta che in questi ultimi anni lo ha portato verso una fotografia diversa non è poi così drastica come sembra alla prima occhiata, i suoi teschi sono, ancora, dei ritratti. Guccione fotografa i soggetti da angolazioni particolari, ribassate, laterali, con luci radenti e contrasti decisi, netti. La voglia poi di giocare e sperimentare fa il resto. Sono monumenti su sfondi dai colori caldi, aciduli. Questa serie nasce così. Soggetti e teschi. Il gioco è al tempo stesso pop e concettuale, ma ogni ritratto è unico, anche per procedimento, significati, simbolismi e associazioni. C’è Andy Warhol, con l’immancabile parrucchino, virato in un rosso sanguigno. Jackson Pollock, il cui teschio pare liquefarsi in un dripping di fluidi colori puri. Guccione è un purista, postproduzione e Photoshop sono usati in maniera minima, quello che l’occhio vede nelle fotografie è stato messo lì dalle sue mani, sono vere e proprie sculture che l’artista poi distrugge perché quello che conta è la foto, la testimonianza. E del resto è proprio questo che le Vanitas ci insegnano: che nulla resta. Ritratto dopo ritratto il gioco lo prende. Cambia stile, amplia la sfida. Marilyn Monroe inclina la testa, e basta quell’angolazione minima a illuminare tutto di una luce tragica e a trasformare il solco dell’osso in una lacrima. Frida Kahlo si sdoppia per raccontare il dramma della sua prigionia in un letto e l’ossessione degli autoritratti allo specchio, e i due teschi, issati su terribili colonne vertebrali di metallo, inalberano un roseo bouquet in cima alla testa. E così via. E poi ci sono i mistici. Jesus come un’apparizione virata in seppia con la corona di spine appoggiata direttamente sul cranio, Gandhi avvolto nella sua tunica candida e Martin Luther King: teschio nero abbandonato su un giaciglio a stelle e strisce. Un viaggio e una profonda riflessione sulla caducità della vita attraverso la vanità e le icone del passato e del presente.

Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter – via Cadolini 27, Milano
11 Febbraio – 31 Marzo 2014
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