Prima o poi tutti ci ritroveremo a pensare, almeno una volta nella vita, a cosa resterà della nostra esistenza nel momento in cui non ci saremo più. La paura di essere dimenticati, dai nostri cari e non, è un sentimento legittimo e ci porta a fare qualsiasi cosa pur di lasciare un segno in questa realtà. Ci sono persone che ci riescono grazie alla propria notorietà, ma coloro che hanno vissuto una vita “anonima” da chi saranno ricordati? Oppure può succedere di lottare per giuste cause e accrescere il proprio nome, ma, nonostante queste gesta, venire comunque dimenticati senza un apparente motivo.
Quest’ultimo caso ha attirato l’attenzione dell’artista Silvia Margaria, la quale ha incentrato uno dei suoi lavori proprio sulla ricerca di donne la cui memoria è stata messa nell’angolino anche dalla loro città natale. Le figure femminili illustri, che hanno dato il loro contributo per rendere l’Italia un paese migliore, ora giacciono sottoterra nel cimitero monumentale e nel Socrem di Torino, ma nemmeno il capoluogo piemontese sembra ricordarle come meriterebbero. Le donne in questione corrispondono a cinque personalità differenti e, di conseguenza, l’artista, per far loro omaggio, ha scelto cinque diverse tipologie di fiori appositi per ognuna.
Emilia Mariani, maestra che ha lottato per l’emancipazione femminile, agendo nel suo ambito lavorativo per ottenere la parità tra insegnanti uomini e donne. Il fiore per lei è la lavanda, duraturo e con profumo intenso e costante.
Giorgina Levi, emigrata in Bolivia dopo la promulgazione delle leggi antisemite del 1939, esempio di attivismo e rivoluzione al fine di lottare per l’uguaglianza sociale e la giustizia. Per lei i fiori di campo, che crescono con tenacia e ostinazione.
Isa Bluette, attrice teatrale, cantante e soubrette del teatro di rivista, donna autonoma che aveva scelto come nome d’arte proprio il fiordaliso, con colore brillante e vistoso e che cresce libero.
Amalia Guglielminetti, poetessa e giornalista, rappresentava ciò che le femministe del suo tempo rivendicavano come diritti inalienabili delle donne. Ella stessa disse: “Chi mi conosce sa ch’io sono scontrosa come un’ortica e che le mie temerità non sono fatte che di parole scritte”.
Adelaide Aglietta si è battuta contro l’arretrata legislazione, impegnandosi per la difesa della legge sul divorzio e poi per la legalizzazione dell’aborto. Per lei il femminismo era passione e ragione di vita e dunque il suo fiore è la mimosa.
Dopo aver stabilito ogni corrispondenza donna-fiore, l’artista torinese si è recata sulle tombe di queste signore, dove ha lasciato la pianta per poi seguirla con l’obiettivo della propria macchina fotografica nel suo processo di appassimento. Ogni fiore ha vita propria e dunque le foto scattate da Silvia saranno in numero diverso a seconda del caso, per poi essere unite secondo una logica che sovrappone due foto agli estremi del processo, incontrandosi nel mezzo con la coincidenza del momento a metà dell’appassimento, dove l’artista sovrappone due foto scattate lo stesso giorno. Questa associazione tra l’oblio e la vita di un fiore metaforicamente rende omaggio alle donne scelte da Silvia attraverso la bellezza dell’elemento naturale, che però, allo stesso tempo, ci ricorda la fragilità e la brevità del ciclo vitale.
Le cinque serie di fotografie esposte nella galleria Opere Scelte (To) mostrano il risultato finale di questa ricerca che ha avuto inizio nel 2015, mostrandoci delle immagini colorate e vivaci, accompagnate da bicchieri vuoti rielaborati dall’artista attraverso la clorofilla degli stessi fiori, ottenendo così un effetto di vetro colorato di verde.
In ultima istanza, la mostra propone uno scatto diverso dagli altri, che ritrae – stavolta in bianco e nero – un dettaglio di una scultura: una mano che poggia un fiore su una lapide.
Galleria Opere Scelte
via Matteo Pescatore 11/d, 10124 Torino
Anthologìa – Silvia Margaria
Fino al 31 maggio 2019
Info: dal martedì al sabato, 15.30 – 20.00, e su appuntamento.