La direzione artistica di ArteFiera affidata, per l’edizione 2019, a Simone Menegoi propone al pubblico, a fianco delle sezione Main Section e Fotografia e Immagini in movimento, altri progetti curatoriali tra i quali Oplà. Performing activities a cura di Silvia Fanti: un programma di azioni che si svolgono in fiera e nel capoluogo bolognese. Tra i cinque artisti italiani di profilo internazionale partecipanti mi ha incuriosito Artworks that ideas can buy, azione proposta da Cesare Pietroiusti e visibile dal 31 gennaio al 4 febbraio presso lo stand B25 del padiglione 25.
Per approfondire ho intervistato l’artista Cesare Pietroiusti.
Maila Buglioni: In occasione di quest’edizione di ArteFiera partecipi all’interno del progetto curatoriale “Oplà. Performing activities” a cura di Silvia Fanti presentando l’azione “Artworks that ideas can buy” che consiste nell’esporre, all’interno di uno stand della fiera, opere di artisti italiani e stranieri di calibro internazionale per poi proporne una vendita inconsueta… Puoi parlarcene?
Cesare Pietroiusti: “Artworks that ideas can buy” è un progetto che ho già realizzato nel 2009 presso una galleria di Londra, la Wilkinson Gallery project Space. L’idea che è alla base di questo progetto consiste nella vendita di opere non in cambio di denaro ma di idee proposte dai visitatori. Le idee possono essere di qualsiasi genere: un commento sull’opera, un racconto, una teoria critica su di essa oppure la proposta di un’altra opera. Idee che saranno scritte su fogli di carta poi collocati in buste chiuse e, infine, immesse in un scatola posta all’interno dello stand. Similmente a quanto nelle aste, le “offerte” vengono lasciate in buste chiuse che vengono aperte soltanto alla fine. Ogni visitatore potrà fare la propria proposta riferendola ad uno dei lavori presenti. Successivamente, dopo la conclusione della fiera, le buste saranno ripartite tra i vari artisti. Nel caso in cui l’artista riterrà che una certa proposta abbia un valore – concettuale, narrativo, letterario, teorico-critico ecc. – corrispondente al valore della sua opera accetterà lo scambio. Di conseguenza l’opera sarà acquisita dalla persona che avrà elaborato l’idea “vincente”. Ma la decisione resta a discrezione dell’artista. Infatti, se l’artista decide che nessuna idea ha un valore equivalente a quello della sua opera, questa ritornerà in suo possesso.
M.B.: Puoi raccontarci l’esito della prima esposizione del progetto presso la Wilkinson Gallery project Space?
C.P.: Certamente. L’esposizione presso la Wilkinson Gallery project Space consisteva nella presentazione di dieci opere di artisti internazionali (Maria Thereza Alves, Dara Birnbaum, Tania Bruguera, Adam Chodzko, Jeremy Deller, Jimmie Durham, Lara Favaretto, Joan Jonas, Lia Perjovski and Dan Perjovski) e di essi solo tre o quattro accettarono lo scambio.
M.B.: Presentando il progetto in occasione di ArteFiera, quindi in un contesto differente rispetto a quello maggiormente protetto della galleria, hai dovuto apportare delle modifiche?
C.P.: Per tale occasione ho scelto di presentare opere di artisti amici, molti dei quali italiani, che hanno generosamente accettato di partecipare a questo ‘gioco’. Inoltre, il loro numero è cresciuto – rispetto alla precedente esposizione in galleria – arrivando a 22 artisti di diverse generazioni: Maria Thereza Alves, Massimo Bartolini, Ludovica Carbotta, Adam Chodzko, Francesco De Grandi, Michele Di Stefano, Sam Durant, Jimmie Durham, Emilio Fantin, Roberto Fassone, Valentina Furian, Margherita Morgantin, Caterina Morigi, Giancarlo Norese, Luigi Presicce, Ana Prvacki, Aldo Spinelli, Alessandra Spranzi, Luca Trevisani, Serena Vestrucci, Cesare Viel e Luca Vitone. Obiettivo del progetto è mettere in discussione la dinamica che è alla base dello scambio economico cercando di alterarne alcune delle regole che lo governano. Ritengo, infatti, che uno dei problemi esistenti nella società contemporanea sia il dominio del mercato e delle rigide regole che ne sono alla base, come ad esempio la legge della domanda e dell’offerta. In questo progetto ciò che viene messo soprattutto in discussione è il concetto di “valore” e l’eccessivo condizionamento a credere che esso debba essere necessariamente parametrato a un dato monetario. Secondo me chi si occupa di cultura deve rivendicare il valore delle idee rispetto a quello del denaro…
M.B.: Tuttavia, quest’attenzione all’idea (nata con l’arte concettuale di KOSUTH) e alle parole appare come una riflessione lontana dal contesto attuale dove tutto ruota attorno a politiche legate al denaro, al marketing, al commercio, ai social media e alla questione dell’apparire arrivando a dare maggiore importanza all’immagine e all’apparenza piuttosto che alle parole che si affermano. “Artworks that ideas can buy” è una critica al questo sistema o solo un invito a riflettere?
C.P.: La mia non è una critica preconcetta al mercato. Il mercato è uno dei sistemi possibili di organizzazione della società; io non credo che sia l’unico e neanche che sia il migliore. Il che vuol dire che ce ne sono altri, almeno concepibili. Il mio è un invito a riflettere e a dare valore a quello che veramente abbiamo e possiamo usare, ovvero le nostre idee, le nostre potenzialità, le nostre capacità relazionali, il nostro uso del linguaggio. Possiamo smettere di credere che tutto ciò debba necessariamente ricadere sotto le regole imposte dal sistema finanziario. Sono convinto, inoltre, che tutta questa attenzione verso l’economia, il business, il marketing, l’apparire, sia in realtà il segnale del malfunzionamento dell’economia reale. Sembra che tutti si debbano inventare qualcosa che vada oltre il valore d’uso reale dell’oggetto che si vuole vendere/scambiare. Esemplare è la pubblicità che ci suggerisce il bisogno di un bene di cui non abbiamo una reale esigenza. Credo che tutto ciò che ruota attorno alla crescita del Pil e all’espansione dell’economia sia fondamentalmente basato su una menzogna. Gli interessi finanziari che fanno circolare l’economia attuale, quale valore possono avere a parte quello di essere dei numeri in un computer? Che valore reale può avere il concetto di interesse finanziario nella vita delle persone? Sicuramente non corrisponde ad un valore d’uso di qualcosa.. Occorre, quindi, ripeto, tornare a riflettere sul reale valore delle cose e penso che l’arte sia uno dei territori in cui è possibile affrontare tale questione.
M.B.: Proporre questa riflessione all’interno di una fiera è, infatti, un ulteriore modo per invitare a riflettere proprio su tale questione… Questione che mi riporta alla mente la consuetudine in uso tra gli artisti di barattare la propria opera con quella di un suo amico artista..
C.P.: Certo. La fiera di arte contemporanea è un luogo molto problematico, da questo punto di vista, poiché tende inevitabilmente a ridurre l’opera a merce decontestualizzandola rispetto al luogo in cui è stata concepita: lo studio d’artista la strada, una piazza o qualsiasi altro luogo.. In una fiera, che è un non-contesto, dove ogni stand è uguale all’altro, le opere vengono isolate, decontestualizzate, devitalizzate. Come un vivente tolto dal suo ambiente.
M.B.: La tua formazione di medico psichiatra si connette alla tua propensione a realizzare azioni incentrate sul ‘non sense’, il paradossale. Quanto ha inciso la tua formazione sulla tua pratica artistica, in generale, e in questo progetto?
C.P.: La mia formazione ha inciso parecchio nella mia pratica artistica perché la psicologia e la psichiatria si occupano di comportamenti e situazioni particolari considerate anomale o patologiche. Ciò che ho intuito e che mi è parso come possibilità liberatoria è il fatto di poter ritenere che qualsiasi comportamento, invece di essere analizzato attraverso la griglia della diagnosi medica, psicologica o psichiatrica, per poi essere classificato come normale o anomalo, può essere considerato come un’espressione e una fonte di creatività. Ogni comportamento è in realtà un’invenzione della mente indipendentemente dal fatto che uno psicologo lo interpreti come normale o patologico. Mi interessa indagare lo stesso campo d’indagine della psicologia e della psichiatria ovvero quello dei comportamenti, dei pensieri, delle invenzioni e quindi della psiche. All’epoca della la tesi di laurea studiavo la cosidetta “psicologia relazionale”, che osserva i comportamenti nei casi in cui determinano delle situazioni apparentemente irresolubili, paradossali, assurde. Credo che quegli studi abbiano influito sull’intenzione di creare dei “giochi sociali” che portino l’osservatore a riflettere sulla possibilità di poter cambiare le regole che disciplinano la nostra vita quotidiana. Io credo che questo sia un fondamentale esercizio di libertà che gli artisti possono offrire a tutti gli altri.
M.B.: Quali sono le tue aspettative in merito al progetto“Artworks that ideas can buy” visto la precedente esperienza presso la Wilkinson Gallery project Space?
C.P.: La precedente esperienza, visto il contesto galleristico, fu più protetta ed ebbe una durata maggiore. Tuttavia, fu un’esperienza un po’ deludente: all’epoca ebbi l’impressione di una certa sottovalutazione da parte del pubblico, come se pochi credessero veramente alla possibilità di giocare a quel gioco. Nel caso della presentazione ad ArteFiera ritengo che ci potrà essere un’attenzione maggiore sul progetto e proprio per via del contesto e forse della crisi economica, penso che il pubblico possa essere più attento e più propenso a entrare nel gioco e considerare come possibile un diverso sistema di scambio.
Artworks that ideas can buy di Cesare Pietroiusti
dal 31 gennaio al 4 febbraio 2019
ARTEFIERA 2019
Padiglione 25 – Stand B25
Quartiere Fieristico di Bologna
Ingresso Ovest Costituzione
Piazza della Costituzione – 40128 – Bologna
orario: giovedì 12:00 – 21:00
venerdì-sabato-domenica 11:00 – 19:00
lunedì 11:00 – 17:00
tel: +39 051 282111
email: artefiera@bolognafiere.it
sito: http://www.artefiera.it/home/776.html