Anna Rackard esordisce nel 1992 come direttore artistico per alcuni dei più importanti film del cinema internazionale come Braveheart (1995) and King Arthur (2004). Alcuni fra questi, solo per citarne alcuni, Ondine (2010) e Stella Days (2012) le fecero guadagnare il Irish Film & Television Award.
Alla carriera cinematografica la Rackard ha presto affiancato il lavoro documentaristico e fotografico più strettamente artistico. Con la pubblicazione del libro Fish Stone Water: Holy Wells of Ireland (2001), in collaborazione con Liam O’Callaghan, l’autrice si è avvicinata ai luoghi di culto più ancestrali e più remoti d’Irlanda prima che il cristianesimo si diffondesse con determinato vigore nell’intera isola scoprendo come essi siano ancora vivi, sebbene i secoli di storia trascorsi, e allo stesso tempo mutati assecondando così la fede cattolica.
Le immagini dal forte potere evocativo ci trasportano in una dimensione religiosa primordiale fatta di riti e di antiche simbologie che si sono tramandate nel tempo unendosi e mescolandosi fino alla completa fusione con immagini della tradizione cristiana.
I lavori di Anna Rackard sono tutti connotati dalla perseverante volontà e desiderio di indagare le arcaiche origini di ogni immagine che circonda il nostro mondo. In una delle sue prime serie fotografiche intitolate Postcards (2005) la fotografa ricrea lo stile compositivo tipico delle cartoline degli anni Cinquanta e Sessanta prodotte a Dublino dalla John Hinde Ltd. dove il paesaggio e i connotati fisici delle persone raffigurate rispecchiavano l’immaginario idilliaco dell’Irlanda del tempo. Le cartoline oltre ad adempiere a una funzione prettamente commerciale iniziarono a diffondersi e a essere apprezzate dagli stessi irlandesi che si riconoscevano in quelle immagini di colori vibranti della loro terra.
In contrasto con il desiderio di omologazione tipico delle cartoline di John Hinde, la Rackard mette in discussione la reale identità attuale del popolo irlandese ormai “compromesso” nella sua integrità fisica dalla forte immigrazione degli anni passati. Seppur mantenendo i tipici fondali naturali dell’isola, i soggetti posti in primo piano sono in completa dissonanza con essi poiché costoro sono degli irlandesi d’adozione. Persone immigrate temporaneamente o stabilmente in Irlanda diventano i nuovi protagonisti di queste cartoline che voglio restituire il nuovo aspetto di una nazione attraverso la nascita di nuove figure sociali.
Secondo il principio “The essence of all photography is the documentary manner” pronunciato da August Sander (1876-1964) nel 1931 durante la trasmissione radiofonica Westdeutscher Rundfunk, Anna Rackard prosegue la sua indagine attraverso lo studio figurativo e sociale dell’immagine della donna nel contesto agricolo notando come non ci si rivolga mai nella società irlandese alla figura femminile semplicemente come “farmer” ma sempre con subalternità apponendo al sostantivo il ruolo che riveste di moglie o di figlia. Le “farmer’s wives” rappresentate dall’artista nella serie Farmers (2007) è la sintesi odierna dell’impresa avviata da Sander nel 1924 con la raccolta People of the 20th Century. Allo stesso modo la Rackard colleziona i ritratti di queste donne che dimostrano il loro impegno e la loro presenza all’interno delle famiglie contadine lavorando con assidua costanza le terre e dimostrando come il ruolo subordinato della donna sia solo ormai un retaggio di una cultura vernacolare che si sta lentamente evolvendo ma che perdura nella definizione linguistica di queste figure sociali.
Under into Somewhere (2011-2016) è l’ultima delle serie fotografiche realizzate dalla Rackard, sebbene l’abbia vista impegnata nel suo lavoro di ricerca cinque anni, durante le quali ha indagato a livello scientifico e artistico le fasi oniriche. Traendo ispirazione dal dipinto di Francisco de Goya El sueño (1790 c.), presente nelle collezioni del National Gallery of Ireland ma facente parte di un insieme di dipinti femminili composti da Goya alla fine del XVIII secolo, la fotografa ricerca la medesima ambientazione stilistica restituendo attraverso le sue immagini fotografiche il contrasto luministico tipico del dipinto ma anche le sue caratteristiche sostanziali determinate dalla presenza femminile dormiente. Il sogno è un tema che da sempre affascina gli scienziati e gli artisti, è una situazione di transizione in cui il soggetto appare come uno “still life” nel vero senso del termine e non nell’accezione negativa italiana ottocentesca di natura morta. Quelle della Rackard si possono, quindi, definire delle “still images” in cui la figura umana è colta durante il sonno attraverso lo scatto inconsapevole e incontrollato dell’artista che ha la volontà e il desiderio di cogliere quegli attimi di incoscienza. Per mezzo di una macchina fotografica di ampio formato con l’otturatore sempre aperto durante la notte e di una luce tenue posta nella camera da letto, l’artista ottiene le sue immagini, una o due al massimo per soggetto, grazie alla complicità dell’atmosfera e alla totale casualità del posizionamento della figura e della sua messa a fuoco.
Al di là delle difficoltà tecniche queste immagini hanno il pregio di voler esplorare i fenomeni onirici grazie anche all’associazione casuale dei sogni riportati da ogni protagonista al termine di quest’esperienza.