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“Ailanto<3” di Stefano Arienti, Cuoghi Corsello, Dado, Rusty

Passeggiando lungo la via Appia Antica, definita dai romani regina viarum ovvero la regina delle strade in quanto importante collegamento tra Roma e Brindisi, e dirigendosi dal centro verso sud si giunge – in un tracciato immerso tra natura, storia e antichi reperti sepolcrali – nell’area archeologica della Villa dei Quintili dove, fino al 29 settembre, è possibile ammirare Ailanto<3.

L’esposizione, organizzata dall’Ass. BLQ – Block Culture in collaborazione con Parco Archeologico dell’Appia Antica e il MiBACT, è stata inserita nel calendario italiano dell’Anno europeo del patrimonio culturale 2018 poiché risponde all’obiettivo di promuovere tale complesso di beni quale fonte d’ispirazione per la creazione e l’innovazione in ambito contemporaneo. Obiettivo ultimo del curatore Fulvio Chimento è, infatti, proporre al visitatore una serie d’installazioni artistiche dislocate all’interno del percorso monumentale del sito: dalle Grandi Terme alle cisterne interrate, dall’acquedotto al Ninfeo e a Santa Maria Nova.

Stefano Arienti, Cuoghi Corsello, Dado e Rusty sono i creativi di calibro internazionale coinvolti realizzando opere che aggiungono quel quid che colma la vasta distanza esistente tra mondo antico e attualità, universi apparentemente diversi ma congiunti dalla costante esigenza di “fare arte” esprimendosi attraverso qualsiasi forma e mezzo.

L’appellativo della mostra è imperniato su una poetica metafora ovvero sul parallelismo tra l’ailanto, pianta invasiva non autoctona, e alcuni linguaggi artistici che si sono diffusi dagli anni Ottanti ad oggi. La definizione latina dell’arbusto come Ailanthus altissima e quella italiana ‘albero del cielo o del paradiso’ indicano l’accattivante fascino che l’attornia – tra connotati magici, taumaturgici e spirituali – e che ha avuto inizio in Cina, luogo d’origine, diffondendosi successivamente altrove fino ad arrivare in Europa nel XVIII secolo per essere introdotta come pianta da giardino. In Italia la sua presenza è aumentata in modo esponenziale negli ultimi tre decenni a causa del progressivo abbandono di zone urbane e suburbane. Un fenomeno che ben si presta all’analogia con le vicende della sfera creativa nostrana rinviando a quegli artisti che indirizzano la propria ricerca al di fuori dei canoni estetici e delle tendenze dominanti. In tal senso l’ailanto diviene simbolo di quelle correnti artistiche alternative rispetto alla cosiddetta “arte ufficiale” e che tendono ad “ailantarsi”, a innestarsi e diffondersi rapidamente nei territori più disparati ed a differenti latitudini così da infestare contenitori espositivi inaspettati come le aree archeologiche.

Appropriandosi di contesti sempre diversi, in una continua sfida tra l’ambiente ospitante e l’arte contemporanea, il progetto Ailanto approda a Roma dopo essere stato allestito nel 2016 alla Biblioteca Luigi Poletti di Modena – dove erano esposti soprattutto lavori su carta e libri d’artista che riflettevano la poetica dell’arte di strada – e nel Padiglione Tineo dell’Orto Botanico di Palermo, dove le opere dei creativi sembravano respirare all’unisono con la natura del luogo.

Nel sito della capitale, invece,“Ailanto<3” si distingue rispetto ai precedenti allestimenti sia per la perfetta fusione tra arte, natura e archeologia sia per l’accrescimento del numero degli artisti partecipanti grazie all’adesione di Stefano Arienti e Rusty.

Visitando la Villa dei Quintili, attraverso il lungo percorso che la caratterizza, il tempo sempre fermarsi invitando lo spettatore ad allietarsi, ad assaporare e a carpire ogni singola percezione che si presenti ai suoi sensi. L’odore dell’erba, il rumore del vento, il cinguettio degli uccelli, il sole che scalda le membra, la vista di splendidi panorami dalle alture poste sopra le cisterne. Tutto ciò ci riporta verso quella piacevolezza a cui i signori dell’antica Roma si abbandonavano nei vari ambienti della dimora, la più estesa del suburbio romano, e appartenuta ai fratelli Quintili (Sesto Quintiliano Condiano e Sesto Quintiliano Valeriano Massimo) consoli romani nel 151 d.C.. Nel 182 d.C. l’imperatore Commodo, volendosi impadronire dei loro possedimenti, li fece processare per un’ipotetica congiura e condannare a morte. La Villa, divenuta così di proprietà imperiale, fu restaurata e, per di più, trasformata in una vera reggia di campagna rimanendo in uso fino al V secolo d.C. Gli edifici più imponenti, come l’impianto termale, furono dismessi con la caduta dell’impero romano d’Occidente mentre il Grande Ninfeo, ubicato sul lato di via Appia Antica, fu reimpiegato in epoca medievale come fortificazione ed inglobato in un castello di proprietà della potente famiglia degli Astalli. Successivamente e fino alla fine del Settecento i terreni della Villa divennero parte del patrimonio immobiliare ecclesiastico che ne autorizzò varie campagne di scavi i cui reperti sonoattualmente conservati tra i Musei Vaticani, la Gliptoteca di Monaco, il Louvre e collezioni private. Nel 1797 la tenuta passò ai Torlonia e anch’essi promossero diverse campagne di scavi i cui ritrovamenti andarono ad arricchire la collezione privata della famiglia. Villa dei Quintili fu acquisita dallo Stato Italiano nel 1985 e solamente alla fine degli anni Novanta furono effettuati lavori di ripristino dell’area al fine di renderla visitabile al pubblico.

L’allestimento di Ailanto<3 prende le mosse da una scelta curatoriale precisa che mira a rispettare il contesto storico in cui la mostra è ospitata poiché le strutture architettoniche oggi visibili, non state sono impiegate come semplici quinte teatrali delle opere, bensì sono dislocate in spazi di raccordo così da accompagnare il fruitore durante la visita ai monumenti, invitandolo ad indossare i panni di un “esploratore/viaggiatore” e a vivere il sito attraverso un’esperienza artistica totalizzante dove passato e presente convivono in armonia.

Il primo intervento che s’incontra è Miraggio 3 (2018) di Cuoghi Corsello composto da una serie di specchi accostati a terra che rinviano al titolo dell’opera e ai fenomeni ottici che si osservano nei deserti o in presenza di situazioni particolarmente assolate. Qui, l’abbaglio generato dal materiale è rafforzato dalla sua collocazione sul prato e dalla presenza, alle sue spalle, di un grande tumulo roccioso dando luogo ad una sfida tra due titani: uno reale (il tumulo) e uno illusorio (le superfici riflettenti dell’arte).

Il concetto d’invasione è materialmente e intellettualmente esplicitato nel lavoro di Stefano Arienti, uno dei primi artisti a porre attenzione alla pianta di ailanto attraverso disegni di grande formato su teli anti-polvere. Ubicata nella buia Cisterna Piranesi e nascosta da un maestoso albero Alianto rosso, opera allestita nel 2012 all’Isabel Stewart Museum di Boston ed qui esposta per la prima volta in Italia, rappresenta il progressivo processo di conquista dell’arbusto orientale verso i territori dell’Ovest ed europei. Qui, il bianco del telo ed il rosso della pianta denotano un forte contrasto rispetto ai colori del luogo circostante, ulteriore allegoria di un’occupazione impropria.

Più avanti, ubicato nell’area termale affiora 400 ml (2018) di Rusty, tra i primi creativi in Italia a codificare il linguaggio del writing proveniente dagli Stati Uniti. Ricorrendo unicamente all’impiego dei tappi occludenti semplici bombolette spray 400 ml riproduce concettualmente, in pieno stile writer, la pavimentazione musiva dei mosaici presenti nel sito provocando un certo sconcerto nel visitatore.

Mentre al di sopra delle antiche strutture architettoniche s’innalza Colonna di Dado (2018): una bianchissima scultura ideata per essere in pieno conflitto con le tinte scure dei tramezzi poiché l’intento dell’artista è decontestualizzare l’oggetto scultoreo mirando a ricostruire all’interno dell’area archeologica un immaginario metropolitano che gioca sul concetto di transitorietà dell’arte di strada con la finalità di alleggerire il peso reale della storia. Obiettivo, questo, che ritorna negli interventi alla Villa dei Quintili sia di Dado sia di Cuoghi Corsello, un trio che inizia a frequentarsi negli anni Novanta.

Inoltre, una serie d’installazioni site-specific del duo Cuoghi Corsello e di Dado – come Altalena di Dado o CK8 di Cuoghi Corsello – si riallacciano alla tematica della trasmigrazione dei linguaggi artistici sottoscrivendo una relazione con il gioco ed instaurando una stretta relazione con la dimensione del tempo passato/presente e dello spazio metropolitano/extraurbano.

A conclusione del tragitto, voltandomi verso Ailanto<3 ed estraniandomi momentaneamente dalla realtà, rivivo per l’ultima volta l’atmosfera di un tempo sospeso tra mondo contemporaneo, archeologia e natura.

 

 

“Ailanto<3” di Stefano Arienti, Cuoghi Corsello, Dado, Rusty

a cura di Fulvio Chimento

mostra prorogata fino al 29 settembre 2018

Villa dei Quintili – Roma

via Appia Nuova, 1092 – 00178 – Roma (ingresso da via Appia Antica, 251)

Parco Archeologico dell’Appia Antica

Orario: martedì – domenica 9:00-19:15

ingresso a pagamento

Info e prenotazioni Parco Archeologico dell’Appia Antica:

tel. +39 06.71.29.12 | pa-appia@beniculturali.it|

Info laboratori e visite guidate Coopculture:

tel. +39.06.39.96.77.00 | https://www.coopculture.it/

Ufficio Stampa Parco Archeologico dell’Appia Antica

Lorenza Campanella | lorenza.campanella@beniculturali.it

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