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Afterall al MUSMA sull’idea di Storia e di monumento.

La collezione permanente del MUSMA si arricchisce dell’opera «Just one damn thing after the other_site specific in Ipogeo, 2018» degli Afterall, il nome del duo artistico composto dai fratelli Esposito, Silvia ed Enzo. L’opera è la terza nuova donazione arrivata al museo su iniziativa dell’Impresa Culturale Synchronos, a cui la Fondazione Zetema ha affidato, dal 2011, la gestione del Museo, e ha il compito di riconfigurare lo spazio dell’Ipogeo 2 modulando una forma di luogo fortemente risemantizzato dalla struttura e dall’idea di Storia che il lavoro veicola. La mostra temporanea “deBasement”, che durerà fino al 17 giugno 2018, ospitata nelle Sale della Caccia, è invece un viaggio nella ricerca concettuale e performativa del duo, tra i documenti, le testimonianze, le impressioni da cui il progetto ha preso avvio. L’opera nel complesso esplora la memoria e le sue lacune, le assenze e le interferenze, inoltrandosi in una riflessione dove gli errori e le intermittenze della narrazione divengono nuove opportunità di senso, cercando nel rimosso e nel celato nuovi vettori di informazioni. È la Storia, così stratificata e densa a Napoli, città di provenienza degli artisti, a divenire veicolo di dissimili conformazioni linguistiche capaci di fornire letture spiazzanti, spesse volte divergenti. La descrizione tramandata dell’oggetto che “si perde tra mistificazioni, oblii e scoperte” ci conduce così alla forma di un monumento realmente progettato, reso nella spazialità vuota della gabbia lignea, che da base diviene per varie vicissitudini parte di un’altra opera commemorativa. “Il monumento/documento -scrive Marianna Agliottone autrice del testo critico- è la vanità vuota, il suo ingombro fisico votato alla memoria diventa reticolato in legno grezzo, che attrae e non si contrappone alla monumentalità, di cui è invece l’altra faccia, per molti versi, “decostruzionista”, nel senso di una intenzionale messa in crisi radicale dei presupposti documentari del monumento celebrativo. La vacuità diventa allora identità, un punto di osservazione che può ribaltarsi senza che cambi nulla, senza che noi stessi possiamo sapere se siamo al di qua o al di là della soglia”. Nei profondi locali sotterranei del MUSMA il lavoro emerge, in diagonale, con la forza segnica delle sue strutture alterando la percezione delle pareti e l’idea di vuoto, investendo lo spettatore con la sua pregnanza documentaria che sfugge ad una definizione univoca di tempo e spazio. Il racconto degli Afterall si conclude con l’installazione video, nella temporanea, pensata partendo da uno dei montaggi possibili di “Que viva Mexico” documentario di Sergej Ėjzenštejn mai portato a termine a causa di complesse vicissitudini storiche. L’intera esperienza espositiva è pertanto un’opportunità per acquisire informazioni non in linea con i dati certi, per riflettere sull’idea dei confini e sulla dimensione politica, plastica e liquida della memoria.

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