Una sola luce calda in fondo alla discesa, il pavimento accidentato. Polvere e buio, ed un gorgoglio continuo d’acqua che corre. Si entra così nello spazio di Intrepida, l’installazione artistica multidisciplinare che nel fine settima ferrarese dal 13 al 15 aprile scorso ha raccolto e raccontato tutti i tempi possibili dell’ex Teatro Verdi.
Il progetto conclusivo del workshop condotto dall’artista Andreco per “Il Mestiere delle Arti”, il corso di formazione per giovani creativi promosso dall’Associazione Giovani Artisti dell’Emilia Romagna (GA/ER) prova, e lo fa in grande, a rendere visibile l’idea stessa di queste molteplici direzioni percorribili. Interrotti fino al 2017, infatti, i lavori di rigenerazione del teatro chiuso definitivamente nel 1985 si trovano ora nel momento forse più delicato: sulla soglia dell’assegnazione a chi potrà farne un centro culturale aperto alla condivisione e alla creatività generando una sorta di interregno ambiguo ed instabile. Ad interpretare questa sospensione scegliendo il coraggio invece del timore è un lavoro che non può che essere corale, un’opera composita che è prima di tutto un dialogo fitto e continuo che promuove l’immaginazione, attiva la curiosità e va semplicemente oltre la necessità di essere convincente.
Entrare in un cantiere in cui il lavoro sia stato interrotto dà una strana sensazione. Le superfici rimaste scabre, i cumuli di detriti, un progetto incompiuto che ha il tono mesto del grigio-indefinito. Senza l’appiglio del dettaglio è arduo raffigurarsi ciò che sarà. È allora proprio sul particolare che lavora la complessa macchina scenica di Intrepida, che passa dal video alla performance all’installazione circondando lo spettatore di uno «spazio indeciso» – così, puntualmente, nelle parole proiettate sul fianco di quella che fu la scena e recitate da una voce profonda e forte, quella del Teatro stesso – su cui «è difficile posare un nome». Il suggerimento è che non sia nemmeno necessario, se al posto della fissità cristallina della forma si privilegia l’alternanza di momenti che, nella loro netta distinzione anche mediale, compongono un percorso perfettamente circolare. L’oro e l’argento delle luci che si accendono in successione rilevano esattamente il dettaglio che mancava: così la danza di torce come stelle fra la foresta delle impalcature che occupano la platea, così gli stendardi che, segnandone il fronte, ne descrivono il portale d’accesso, così anche le colonnette dei palchi sul fondo accese dello stesso bagliore caldo e le sfere trasparenti e luccicanti d’acqua, coronamenti preziosi dei mattoni accatastati in un angolo.
C’è la sensazione forte di trovarsi a contatto diretto con le direttrici primordiali, le fondamenta fisiche e semiotiche dello spazio teatrale che è in origine spazio boschivo. Un’interpretazione suffragata dalla pratica di Andreco, ingegnere di formazione, alchimista contemporaneo che nella trasposizione di elementi naturali trova la via per proporre paesaggi nuovi, punti di vista alternativi su ambienti noti.
Così, al centro temporale della performance e nel cuore fisico della platea sorge la betulla che tutto raccorda. Lì dove stavano le poltrone per un pubblico senza il quale il teatro è mero esercizio di stile, onanismo sterile, Intrepida pone il controcanto ideale del portone provvisorio, certo, e tuttavia impenetrabile che ingabbia il teatro. Simbolo potente di rinascita e della ciclicità di ogni esistenza, pianta snella e resiliente legata a significati lunari dalla sua corteccia argentea, la presenza dell’esile betulla invita a lasciare che la vita fluisca nuovamente nello spazio del Verdi. Allo stesso modo, il suono del canale Ripa Grande scorre ancora, come rumore letteralmente di fondo, nel sottosuolo del teatro e della sua riapertura e si sublima nella linfa dell’albero offerta al pubblico per un brindisi che ha più del rituale che del benaugurante: una bevanda dalle straordinarietà benefiche che, condivisa, suggella l’esistenza di una comunità che si raccoglie a celebrare il momento di fluida potenzialità espressiva del Teatro.
Uscendo, restano in testa le parole del video che continua ad essere proiettato, in un loop che potrebbe continuare eterno, indipendente come le frasi che lo compongono, i brani visivi sfrangiati che lo accompagnano, le impressioni coerenti che lasciano sui sensi: «colui che è intrepido sa di non essere perfetto, ma ha la certezza di essere libero». Echeggia, nell’intervento di Andreco e degli artisti con cui ha lavorato (Barbara Baroncini, Silvia Biavati, Elisa De Nigris, Andrea Dolcetti, Alice Gaddi, Sabrina Gennari, Nicolò Maltoni, Matteo Messori, Amy Su, Francesca Susca), il monito di chi scrisse con la luce, quando al Verdi si poteva ancora assistere al riprodursi del mondo in scena, che se la forma scompare la sua radice è eterna. A Ferrara è primavera, germoglierà.
Il Mestiere delle Arti è un percorso di formazione per giovani creativi, finanziato dal Dipartimento alla Gioventù della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Regione Emilia-Romagna. Il progetto è realizzato dal GA/ER (Associazione Giovani Artisti dell’Emilia-Romagna) – un’associazione composta da tutti i Comuni ex capoluogo di Provincia dell’Emilia-Romagna e che ha come finalità la realizzazione di attività e iniziative per supportare, incentivare e promuovere il lavoro dei giovani creativi dell’Emilia- Romagna, attraverso progetti specifici nelle diverse discipline o trasversali ad esse – in collaborazione con il Comune di Ferrara e la Fondazione Teatro Comunale di Ferrara. Intrepida vede anche la collaborazione delle imprese GEO Costruzioni SRL, RescazzImpresa e Edil Ar.Va.Srl.
INTREPIDA
Ex Teatro Verdi
Via Camaleonte, 8, 44121 Ferrara FE
Vista il 13 aprile 2018