Sta per concludersi la personale di Marco Di Giovanni A.A.A. Angelica a cura di Maria Livia Brunelli alla MLB home gallery che, ispirata alla mostra Orlando furioso 500 anni di Palazzo Dei Diamanti chiusasi lo scorso fine gennaio – secondo il format decennale della galleria che vede ogni intervento legarsi ai temi delle grandi mostre dell’istituzione ferrarese, s’interroga sul senso dello “sguardo” messo in scena da Ludovico Ariosto nel suo celebre poema cavalleresco e che, l’artista abruzzese dilata fino alla contemporaneità. Sono diversi, infatti, i punti di contatto che Di Giovanni, rintraccia nell’entrelacement ariostesco e l’attualità, a cominciare dai temi legati alla figura della donna, incipitaria, fra l’altro,al primo canto del poema. Chi non ricorda, infatti, il celebre verso d’attacco? Le donne i cauallier’: l’arme gli amori, dietro il quale si cela, a rigor di critica, l’idea che, il mondo femminile rappresenti una minaccia alla virtù e virilità del cavaliere (forse anche all’intelletto del poeta stesso) che, non a caso, conosce il mondo della follia quando Orlando perde il senno nel crucialissimo 23°canto.
Come Ariosto cammina sui confini fra ragione e pazzia, amore e odio, virtù e immoralità, giocando su continui ossimori e antitesi, così Marco Di Giovanni per la sua mostra A.A.A. Angelica, percorre quel limen fragile e sottile che ci porta a riflettere, nel caso del tema della “donna”, sul ruolo che essa gioca nella percezione e consumo della sessualità. Partendo dalla figura di Angelica, desiderata e contesa dai più importanti paladini di Francia, “nel suo essere oggetto del desiderio”, nel suo essere “premio”, l’artista legge un parallelismo con la moderna condizione che vede molte donne – bellissime – protagoniste delle pagine di annunci sessuali, da cui il titolo della mostra che in quel A.A.A richiama il tipico anagramma d’adescamento. Ebbene, Di Giovanni, quelle “donne di vita” le ha contattate davvero e proprio attraverso quegli annunci. Le ha fatte posare, le ha studiate, le ha ritratte, le ha rese modelle (intravedendo in ciò un’ulteriore forma antica di sfruttamento), trasformandole, infine, in figure angeliche ma sfuggenti, “liquide” e inafferrabili, come Angelica quando, per sottrarsi ai suoi inseguitori diventa invisibile. Per questo l’artista ne traccia i tenui profili dei corpi trattenendoli in teche illuminate che ne accentuano la trasparenza, ricreando, in sostanza, quell’idea dell’invisibilità che diventa per Angelica escamotage di salvezza.
Ma in questa storia c’è anche Bradamante, la paladina francese da cui ha origine la casa d’Este che, l’artista ha scelto di omaggiare attraverso una performance. Per tutti e 46 i canti Bradamante si difende dai continui attacchi di uomini meschini e violenti per amore del suo Ruggero, così una giovane performer per ricordare tale forza d’animo, durante l’inaugurazione ha calcato lo spazio di un tavolo di ferro, indossando delle catene e dimenandosi su di esso senza preoccuparsi dei presenti.
Nella seconda sala troviamo ad accoglierci la “magica luna”. È una luna da “spiare” attraverso i fori di strutture metalliche, è una luna che vorremmo raggiungere ma che resta sempre inarrivabile, nonostante la sensazione che essa stia giocando a nascondino con noi sia convincente e ammaliante. È una luna d’ammirare che contraccambia sognante i nostri sguardi. È una luna, quella di Di Giovanni che ci permette di vivere le sensazioni legate ai “luoghi” del poema arrostisco, mai mutati nei secoli. Ancora oggi, infatti, la luna riesce a simboleggiare quella continua ricerca di ciò che non si può ottenere e che, nella visione dell’artista è posta poeticamente all’interno di un tubolare in ferro aggettante la parete da cui è possibile guardare in lontananza il corpo celeste. Contrapposto c’è una pedana in metallo in posizione obliqua, sulla quale è possibile salire e guardare una sfera di cristallo che rappresenta la terra, in modo tale da vivere, percepire e comprendere le considerazioni di Astolfo, il cui viaggio prodigioso sulla luna diventa l’occasione per biasimare la follia dell’uomo che getta via il tempo inseguendo vane illusioni.
Infine, chiude la mostra un’installazione straordinaria. Si tratta della messa a parete di 46 taccuini Moleskine, quanti sono i canti del poema, tutti aperti sulla pagina del planisfero suddiviso in fusi orari. Marco Di Giovanni, con acume, un po’ di astuzia degna del Ludovico Ariosto, doti nel disegno e nella composizione eccelse e capacità di illudere lo spettatore con intelligenza, gioca sul tema centrale dell’Orlando Furioso, ossia sulla follia, ma anche sui concetti di caos e disorientamento e sulla possibilità che tutto ciò ci attraversi nella perdita del senso dello spazio. L’artista su ciascun planisfero interviene con segni a matita minimali ma sufficienti a ricreare modificazioni nelle mappe, tali da significare proprio quello stato di caos che attraversa il poema. Infine, quando osservati da lontano e nel loro insieme, quegli stessi tratti a matita originano il volto del poeta ferrarese. Se il senso sotteso a questa mostra, era per Di Giovanni interrogarsi su un possibile “sguardo” di Ariosto ancora vivo e presente nell’oggi, con A.A.A. Angelica la risposta sembra darsi da sola.
Fino al 26 marzo 2017
MLB – Maria Livia Brunelli home gallery Corso Ercole I d’Este 3 Ferrara
Sabato e domenica dalle 15 alle 19 gli altri giorni su appuntamento – 346/7953757 –