“Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro” è il suggestivo titolo, tratto dal celebre dipinto di Mimmo Paladino, della collettiva curata da Lorenzo Madaro presso Renata Fabbri arte contemporanea a Milano e che resterà aperta fino a sabato 23 marzo. Gli artisti in mostra sono: Thomas Berra, Alessio de Girolamo, Francesco Fossati, Luigi Massari, Alessandro Piangiamore, Alessandro Roma, Alessandro Scarabello, e sono tutti accumunati da personali ed eterogenee ricerche nel campo della pittura. Come scrive Madaro, infatti, “Il progetto intende puntare l’attenzione sulle individualità, chiamando a raccolta alcune presenze che lavorano su specifiche questioni, tra loro non apparentate da espliciti richiami formali o di pensiero, precisando alcune tra le possibili vie tra esperienze legate all’ecologia, all’identità, all’immagine digitale, all’archetipo e al simulacro, alla riflessione politica, ma anche alla forma e alla materia”. Affascinante, in un clima di sempre più profonda riscoperta della pratica pittorica e di ritorno alla figurazione, con conseguente crisi del concettuale, il tema sviscerato nella rassegna.
Da ciò alcuni spunti critici offerti dal curatore ci permettono di affrontare un discorso di carattere più generale sull’attuale stato delle arti e della pittura. Ci riferisce Lorenzo: “In questa mostra la pittura è intesa come punto di partenza per esperienze altre, legate alla dimensione intima del fare e alle sue connotazioni, anche pittoriche, che partono dalla tela per estrudersi nella scultura e nello spazio. “Quadro”, oggi più che mai, è un termine ovviamente obsoleto, completamente fuori tempo, infatti ho preso in prestito questo riferimento ironicamente, ma anche per sottolineare una serie di pratiche artistiche che riguardano la pittura nel suo stesso farsi e disfarsi e che dalla pittura partono per approdare ad altro, senza però mai perdere specifici connotati. Per me è un’avventura nuova, essendomi occupato molto di scultura nel passato più o meno recente. E d’altronde i confini del quadro, a cui ti riferisci nella domanda, sono stati espugnati da oltre un secolo, e oggi in un momento in cui tutto sembra un revival di tutto – perché d’altronde viviamo un’epoca di esasperata produzione – ritirarsi a dipingere un quadro mi pare un titolo adeguato per sollecitare un raccoglimento, un momento di intima relazione con la dimensione del fare. Anche per questo ho preso in prestito da Mimmo Paladino questo titolo, a cui tengo molto, proprio per esprimere questa intima relazione tra l’artista e l’opera”. Interessante anche individuare il ruolo della pittura nell’attuale panorama artistico, se sia ancora una guida oppure un’appendice fastidiosa in fase di declino: “A mio parere – ci spiega il curatore – la pittura non è mai andata via, sia dalle pareti dei collezionisti che da determinati contesti. Tutto nell’arte e nel sistema culturale vive fasi alterne, più o meno fortunate, ma comunque persistenti. Ma per certi versi oggi, come quando Paladino ha dipinto quell’opera, ritirarsi a dipingere un quadro può essere una possibile via per ammettere un punto di non ritorno, un momento in cui fermarsi e capire dove stiamo andando e quindi dove sta andando l’arte. L’epoca del postproduction persiste, ma forse siamo a un punto di non ritorno e bisognerebbe che tutti ci fermassimo per riflettere sulle attuali tangenze dell’arte nell’arte e nella vita stessa”. Ci sovviene allora Clement Greenberg il quale, nel suo celebre testo La crisi della pittura da cavalletto,intuisce delle categorie che potevano contraddistinguere la pittura della sua epoca la quale appariva “all over”, “decentrata”, “polifonica”, basata su elementi identici che si ripetono formando una superficie piatta. La possibilità di individuare delle caratteristiche unitarie o discordanti nella selezione di questa collettiva ci permette di riflettere sulla pluralità degli sguardi, sulla “convivenza della discordia”. Ciò che unisce i diversi artisti, infatti, “è la dimensione del fare, dello sporcarsi le mani, del chiudersi in studio per costruire, elaborare, strutturare visioni”.
Negli artisti selezionati, pertanto, si percepisce una ricerca, eterogenea, su forti elementi simbolici che determinano la direzione del segno e, anche se il venir meno del disegno può apparire una soluzione dovuta, il curatore tiene a sottolineare che: “Il disegno, come tutti gli ambiti della ricerca visuale, vive costanti sbalzi e momenti di inevitabili trasformazioni. In mostra persiste anche questo aspetto, così come altri peculiari caratteri della pittura in senso stretto, pure quando si estrude in scultura e in altre declinazioni”. Un pensiero, infine, sull’immagine digitale –e alcune opere in mostra stimolano questo tipo di associazioni- ovvero sulla rappresentazione attraverso un processo matematico, ripetitivo e con una forte impronta numerica e seriale. La collettiva di Madaro, riflettendo in maniera complessa sulla pittura, è in fondo anche una sorta di reazione all’attuale sistema visivo: “Il digitale –infine ci dice- è in tutto ciò che viviamo e osserviamo ogni giorno. Anzi, è anche in tutto ciò che siamo. E oggi mi sembra quanto mai necessario che l’arte si distacchi da questa influenza visiva del digitale per cercare vie che si possano distanziare dalla realtà che è, appunto digitale”.
Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro
a cura di Lorenzo Madaro
Artisti: Thomas Berra, Alessio de Girolamo, Francesco Fossati, Luigi Massari, Alessandro Piangiamore, Alessandro Roma, Alessandro Scarabello.
Opening 11 febbraio 2019, ore 18.30
La mostra rimarrà aperta fino a Sabato 23 Marzo
Renata Fabbri arte contemporanea
via A. Stoppani 15/c – 20129 Milano
Telefono +39 02 91477 463
Email info@renatafabbri.it
PI 06632360969