Il fenomeno del collezionismo ha un sapore che sa di antico, toccando sfere esistenziali non totalmente spiegabili riconducendolo alle sole, chiare, e opposte componenti Commerciali e Culturali. L’uomo colleziona perché fondamentalmente il suo essere ruota intorno all’istinto di vita e la coscienza della sua mortalità, dominato dalla dualità tra Thanatos ed Eros. C’è un’idea romantica di fondo, ma significativa anche per descrivere il collezionismo contemporaneo, segnando un elemento di continuità con il passato (si pensi alle teorie di Rosenblum).
Lo stesso spirito appassionato e dovizioso che ha spinto Roberto Casamonti, nome simbolo del collezionismo e divulgazione dell’arte contemporanea, all’ultima ambiziosa e mirifica operazione nella città capitale dell’Arte honoris causa; Firenze può dunque vantare i natali di un nuovo spazio per l’arte moderna e contemporanea. Rievocando i grandi filantropi del recente passato (Peggy Guggenheim, Peter Ludwig, …), è comunque molto raro, se non addirittura la prima volta, che si riqualifichi una location così antica e così suggestiva: Palazzo Bartolini Salimbeni, edificato da Baccio d’Agnolo nei primi anni Venti del XVI secolo, gioiello architettonico nel cuore di Firenze proprio in quella via Tornabuoni dove Casamonti, nel 1981, fondò la sua galleria. Un ritorno a casa.
A distanza di quasi 40 anni, Casamonti ripropone, più maturo e affinato, il suo soggettivo, personale punto di vista, la sua opinione sull’arte, la sua esperienza: così è nato il Rinascimento, e pure la storiografia artistica (Vasari), basata anche sull’aneddotica. Piccole grandi storie dell’arte, fatte di Boldini, Fattori, Viani, De Chirico, Klee, Ernst, Hartung, Kandinsky, … dall’incontro infantile con Ottone Rosai, alle notti insonni per comprare un Picasso, fino, ovviamente, all’infatuazione per Lucio Fontana finalmente offerto lontano dagli stereotipi e in tutto il suo genio.
«Non voglio definire museo» sottolinea il fondatore della storica galleria Tornabuoni Arte nella conversazione con Bruno Corà, curatore dell’evento «ma “Collezione Roberto Casamonti”, dove posso mostrare il lavoro e le scelte di tutta la mia vita sperando che la città di Firenze e tutti coloro che verranno a visitare questo spazio l’apprezzeranno». È interessante notare come questo distinguo riveli l’intelligenza del collezionista, conscio che l’apparato non ha mirati scopi didattici, oltre a ribadire che il nucleo di opere non è stato scelto con metodo scientifico o museografico, ma seguendo un gusto e una passione. Non dissimile dall’operazione promossa da Cristiana Collu alla G.N.A.M. di Roma, solo che nel caso fiorentino non è l’apparato cronologico ad essere stravolto, ma il concetto stesso di museo e di galleria, cavalcando quella tendenza trasformatrice, propria del Novecento, nella fruizione culturale: l’edificio, il contenuto, tutta l’iniziativa diventa Opera d’arte, totalmente contemporanea. L’evoluzione di un contesto ormai “virtuale” nella sua funzione, in quanto i pezzi esposti non saranno mai più venduti, ma consacrabile nel suo ruolo, dedito alla pura contemplazione. Era dai tempi di Stefano Bardini che Firenze non assisteva a un tale elogio alla Bellezza.
La Collezione Casamonti
Palazzo Bartolini Salimbeni
Firenze