Mostre, eventi d’arte, festival delle performance, workshop, simposi, visite guidate e programmi educazionali, questo il programma della quinta biennale di arte contemporanea di Salonicco che si terrà dal 23 giugno al 30 settembre 2015.
È questo l’ultimo segmento di un programma in tre parti cominciato nel 2011 incentrato sul tema del Mar Mediterraneo, con il titolo generale Old Intersection – make It new.
La direzione generale è affidata a Katerina Koskina, mentre Katerina Gregos, storica d’arte, è la curatrice della mostra principale “Between the pessimism of the intellect and the optimism of the will”. Ispirata all’aforisma di Antonio Gramsci sarà ospitata al Perptero 6, quarantatré artisti provenienti da venticinque nazioni mostreranno i loro lavori, nuove e vecchie produzioni, rendendo più contemporaneo il titolo della mostra.
Gli artisti invitati sono: Carlos Aires (ES), Can Altay & Jeremiah Day(TR/US), Ivan Argote (CO), Marwa Arsanios (US), Bertille Bak (FR), Taysir Batniji (PS), James Beckett (ZA/NL), Adelita Husni Bey (IT), David Brognon & Stéphanie Rollin (BE/LU), Depression Era (GR), Ninar Esber (LB), Mounir Fatmi (MA), Peter Friedl (AT), Mekhitar Garabedian (SY/BE), Ganzeer (EG), Marina Gioti (GR), Piero Gilardi (IT), Hamza Halloubi (MA), Nick Hannes (BE), Sven Johne (DE), Annika Kahrs (DE), Eleni Kamma (GR), Hayv Kahraman (IQ), Mikhail Karikis (GR), Chrysanthi Koumianaki (GR), Erik Van Lieshout (NL), Thomas Locher (DE), Angela Melitopoulos & Angela Anderson (DE/US), Tom Molloy (IE), Nikos Navridis (GR), Qiu Zhijie (CN), Pavel Pepperstein (RU), Antonis Pittas (GR), Theo Prodromidis (GR), Meriç Algün Ringborg (TR), Anila Rubiku (AL), Marinella Senatore (IT), Nedko Solakov (BG), Nikos Tranos (GR), Thomas Weinberger (DE), Olav Westphalen (DE).
Il titolo della quinta Biennale di Salonicco è ispirato da un aforisma di Antonio Gramsci nei Quaderni del carcere, scritto tra il 1929 e il 1935 mentre era imprigionato dal regime Fascista. In questi scritto voluminoso, composto durante i suoi undici anni carcere, Gramsci cita ripetutamente questa frase; in una delle lettere scrive: “La sfida della modernità è vivere senza illusioni e senza diventare disilluso … Io sono un pessimista, perché intelligente, ma ottimista per volontà.” Questa dualità costituisce un punto di partenza per parlare dell’attuale situazione di crisi – e come superarla – che governa gran parte del Mediterraneo, che sarà ancora una volta il punto focale della prossima biennale.
Come un mix eterogeneo e composito di culture, religioni, etnie, lingue, tradizioni e norme, diventa molto difficile definire l’area del Mediterraneo, se non in termini geografici. In effetti c’è molto dibattito se possiamo anche parlare di una identità mediterranea, cultura o addirittura regione; e allo stesso modo, è impossibile trattare i paesi della zona come un gruppo indifferenziato, o definire ciò che costituisce ‘Mediterraneo’. È tanto reale come spazio immaginato, la cui percezione è stata determinata e colorata da visioni idilliache così come dagli stereotipi negativi e percezioni errate. Ma ciò che molti dei 26 paesi sembrano affrontare oggi sono una serie di gravi crisi in corso (sia esse sociali, economiche, o politiche), nonché diverse zone di conflitto armato. In realtà, non sarebbe esagerato chiamare il Mediterraneo una zona di crisi tout-court. Grecia, Spagna e Italia sono tutte in preda a crisi economiche, la Turchia è nel bel mezzo di una crisi politica, mentre gran parte della sponda sud del Mediterraneo, con sobbollire politico e disordini sociali come la democrazia è messa in discussione, e restano le coste orientali impantanate o in conflitti armati o situazioni politiche, religiose e dispute territoriali irrisolte da decenni.
Così, mentre il Mediterraneo non può essere definito in termini di un’identità comune, costituisce un focolaio di alcune delle questioni più scottanti del momento, tra cui l’uguaglianza sociale ed economica, la democrazia, i diritti civili, la migrazione e la mobilità, e l’autonomia personale, l’area complessiva calpesta la linea sottile tra ordine e disordine. (…) Gramsci stesso definiva crisi come appunto quella situazione in cui “il vecchio sta morendo e il nuovo non può nascere”, e ha aggiunto che, “in questo interregno, una grande varietà di sintomi morbosi appaiono.” (…)
Alla luce del fatalismo generale che governa molti aspetti della politica, dell’economia e della vita pubblica di oggi, così come la visione dominante che il capitalismo è ‘inevitabile’, la frase di Gramsci sembra rilevante come quando è stata scritta per la prima volta. E l’ottimismo della volontà, che una volta attuato fa scattare la scintilla del cambiamento e può seminare i semi per un futuro migliore. (…)
La mostra principale della quinta biennale di arte contemporanea di Salonicco esplorerà i molteplici significati di questo duplice frase così come quella zona grigia in mezzo.
L’aforisma di Gramsci potrebbe anche fornire un punto di ispirazione di partenza per guardare al di là della crisi, in un momento sempre più caratterizzato da apatia e un atteggiamento generale disfattista in relazione all’intensificazione del capitalismo, crescenti disuguaglianze sociali ed economiche, e la minaccia di programmi e protezioni sociali orientati, non solo nel Mediterraneo, ma in tutta l’Europa in generale. La Biennale farà luce su alcune delle criticità che interessano la regione del Mediterraneo finora, ma darà anche spazio a quello che Ernst Bloch ha chiamato “forward dreaming”, così essenziale per andare oltre l’impasse che l’umanità si trova di fronte in questo momento. In questo caso, l’arte ha un ruolo seminale per giocare come una forma di prassi di emancipazione.
Gli artisti della quinta biennale saranno quindi impegnati in critica, di opposizione culturali pratiche, ed esercitare la libertà della fantasia così simbolicamente coinvolgente con l’aforisma di Gramsci. (…).