La decima Biennale di Berlino, ha incentrato la sua riflessione sulla questione sociale e l’emergenza del presente. Annunciando fin dal titolo, ripreso dalla canzone di Tina Turner del 1985, che non serve un nuovo eroe per modificare le problematiche mondiali, quanto piuttosto la capacità di dialogo e di accettazione. Nata nel 1998, la Biennale conferma la sensibilità di Berlino, e della Germania più in generale, alle tematiche del pluralismo e dell’immigrazione, in un periodo storico invece caratterizzato dalla recrudescenza di xenofobia e nazionalismo.
La curatrice sudafricana Gabi Ngcobo e il suo team, composto da Nomaduma Rosa Masilela, Serubiri Moses, Thiago de Paula Souza e Yvette Mutumba, hanno concepito una edizione densa di momenti di approfondimento, interviste e talk, una “grammatica aggiornata per affrontare il presente”, attraverso un percorso che si estendeva tra quattro sedi (Akademie der Künste, KW Institute for Contemporary Art, ZK/U Zentrum für Kunst und Urbanistik e Volksbühne Pavillon) e cinquantadue artisti, prevalentemente di origini africane.
Razzismo, migrazione ed instabilità geopolitica sono le parole chiave, come nella decadente installazione di Dineo Seshee Bopape Untitled (Of Occult instability) [Feelings](2016-18), un ambiente in rovina, con il pavimento ricoperto di detriti e l’acqua che gocciola dal soffitto, mentre risuona Feelingsdi Nina Simone, al Montreaux Jazz Festival del 1976. Il riferimento va al processo del 2005 dell’ex presidente del Sudafrica Jacob Zuma per lo stupro di Fezekile Ntsukela Kuzwayo. Grada Kilomba nella serie Illusions(2016-2018) utilizza il video e la narrazione per analizzare i sistemi di oppressione sociale che vengono perpetrati a scapito delle minoranze etniche. Mario Pfeifer in Again/ Noc Heinmal(2018) riflette sul dilagante razzismo quale conseguenza del fenomeno della migrazione, riportando alla memoria un episodio di violenza eseguita da quattro persone su di un richiedente asilo iracheno con problemi di salute mentale ed epilessia. Non poteva mancare un artista come Ana Mendieta, che ha dedicato la sua ricerca alle questioni sociopolitiche del corpo femminile. SeFirelei Báez coniuga pittura, scultura e architettura per ricordare la rivoluzione haitiana, Liz Johnson Artur ci riconduce al clima di incertezza dovuto alla Brexit in Inghilterra. Sondra Perry conduce una ricerca tra fotografia e realtà digitale per indagare le questioni di razza e identità. Okwui Okpokwasili si ispira alle proteste impiegate dalle donne nella Nigeria orientale, riempiendo lo spazio di sedie. Infine non poteva mancare Donald Trump, visibile nei grandi schermi di Tony Cokes, che disorienta lo spettatore accostando scene di disordini sociali a discorsi politici e brani musicali dei Depeche Mode, Gang of Four, Morrissey, Skinny Puppy e Nirvana.
La decima Biennale di Berlino si è svolta dal 9 giugno al 9 settembre 2018